TU E IL TUO ALUNNO
TUTTA
LA VERITÀ SULLA SCUOLA
di Horst Költze e Maria
Teresa De Donato
Recensione
della Dott.ssa Luisa Damato, Dirigente scolastico
L’analisi del
sistema educativo internazionale dei nostri giorni è al centro degli studi
intrapresi già da anni dal polacco Horst Költze, teologo, filosofo,
pedagogista, psicologo ed insegnante sin dalla metà del secolo scorso, il quale
pubblica nel 2023 con Maria Teresa De Donato, insegnante, giornalista, autrice
di romanzi, italiana ma trapiantata negli USA, il libro dal titolo “Tu e il tuo alunno – Tutta la verità sulla
scuola”.
La 1^ parte
“Rimettere in piedi la scuola” trova conferma nella 2^ intitolata “Istruzione e
libertà”, dove restiamo affascinati dalle risposte date da Költze in un’intervista
condotta dalla stessa De Donato.
Daniel
Pennac, in sua citazione, recitava: “Direi che la chiave di lettura è la parola
AMARE”.
E non a caso mi
sono presa la licenza di scrivere il termine “amare” in maiuscolo, perché tutto
il libro è permeato dall’alone di un profondo amore verso la scuola, intesa non
come apparato, ma come comunità educante in cui tutti i protagonisti sono
chiamati ad interagire tra di loro.
Già la dedica ci
offre spunti di riflessione sull’intento preminente degli autori: “Dedicato a
tutti gli studenti e studentesse su questa bellissima Terra e ai loro genitori”.
L’aggettivo superlativo ci suggerisce una visione di positività che non
dobbiamo mai perdere di vista durante la lettura, la quale ci restituisce,
invece, sin dal saluto iniziale, l’immagine di un “sistema educativo disumano e
causa di malattie”. Gli autori sono animati da uno spirito di protesta, dalla
speranza di uno stravolgimento della scuola, proponendo, però, una rivoluzione
educativa pacifica che si attuerà solo quando si ribalterà lo spirito
economicista che oggi governa il sistema educativo.
Gli autori
denunciano l’OCSE e i ministri dell’Istruzione dei Paesi che ne fanno parte,
definiti suoi vicari, perché lavorano considerando l’istruzione come una
macchina, il capitale intellettuale rappresentato dagli studenti come un
capitale reale, una materia prima da forgiare alla luce di due principi
educativi, la concorrenza e l’efficienza. Gli studenti danno risultati la cui
qualità è misurata attraverso parametri di riferimento stabiliti
arbitrariamente dall’OCSE. Non più “rifugio sicuro”, come la storia ci insegna,
ma la scuola è il luogo dove si svolge una perenne gara di competizione in cui,
non solo gli studenti, ma anche gli insegnanti, devono fornire prodotti di
apprendimento standardizzati. Sono schiavi, sono robot.
Ma che ne è della
formazione umana, e della libertà umana? L’OCSE intende annientarle. Intende
ignorare volutamente l’immagine dell’uomo come essere libero. Il concetto di
libertà, invece, deve essere il punto di partenza per la rivoluzione educativa
pacifica. La libertà permette all’uomo di scegliere come agire, di rispondere
delle sue azioni, perché si attua, in quel momento, un’autoregolamentazione,
ovvero quella capacità che bisognerebbe sostenere nelle giovani generazioni.
Gli studenti, in libertà e autoregolamentandosi, sfrutterebbero al massimo il
loro potenziale, spinti dall’innato interesse per l’apprendimento, e da un
sistema educativo volto alla promozione di quello stesso potenziale. Questo
processo garantirebbe un perenne sviluppo dell’umanità, anzi, di più, la
sopravvivenza dell’umanità.
Le giovani
generazioni imparerebbero ad ESSERE. Il tanto declamato concetto di
“competenza”, sul quale si dibatte ormai da anni negli ambienti deputati a
decidere della scuola, dovrebbe essere il punto di partenza, ma anche di arrivo,
dell’istruzione/educazione dell’umanità. La competenza è il saper essere, al
quale si arriva attraverso l’acquisizione di conoscenze (sapere) e abilità
(saper fare); ma questo processo deve svolgersi sempre in piena libertà.
L’apprendimento forzato, le conoscenze imposte impediscono la coscienza del
proprio “sé”. La scuola diventa un carcere dove anche gli insegnanti sono
tenuti a proporre determinati contenuti in tempi prestabiliti, per poi
procedere ad una valutazione dei prodotti di apprendimento degli studenti.
Ed è qui che gli
autori insistono su un orientamento antropologico nella formazione degli
insegnanti. Riprendendo il filosofo Kierkegaard, elogiano la figura dell’insegnante
che deve avere piena consapevolezza del proprio sé, delle proprie emozioni,
degli effetti del proprio insegnamento sugli studenti, di che cosa ha senso,
della propria libertà. Solo una tale professionalità può garantire una vera
trasformazione della scuola, il cui motto potrebbe essere, secondo gli autori,
“per studenti liberi in una società
libera”.
Si rivaluta il
metodo socratico di insegnamento, che vede la figura dello studente come colui
che sfrutta tutte le sue più alte potenzialità, che non è condizionato da
ricompense o punizioni, che non è solo un lavoratore scolastico che deve
produrre prodotti da usare nel mondo del lavoro e nel processo economico.
Il sistema
educativo economicista di oggi, secondo Költze, provoca il burn-out negli
insegnanti, un senso di disperazione nei genitori, conseguenze patologiche
negli studenti come stress e abbandoni scolastici.
La soluzione a
tali incertezze sta nella creazione di un impianto educativo che superi la
totale standardizzazione e rivaluti i principi femminili della cooperazione,
dell’empatia, dell’immaginazione, della creatività, che andrebbero ad
integrarsi al potenziale maschile. Una comunità educante nella quale i
“rivoluzionari educativi” sono chiamati a rispondere ad uno spirito di squadra;
il fine ultimo è la promozione di una istruzione umana, inclusiva e rispettosa
della libertà di esprimere il proprio sé: una scuola che non istruisca, ma
educhi a 360 gradi.
Gli autori
suggeriscono di non perdere la fiducia e che la scuola si rimetterà in piedi. Anche
se non di frequente, già si registrano i primi movimenti di una ripresa: ad
insegnanti che si dimettono per protesta perché non vogliono sentirsi
responsabili del fallimento del sistema educativo, fanno da contraltare insegnanti
che hanno intrapreso una didattica motivazionale, basata sull’educazione alle
emozioni. Non più la valutazione di nozioni, ma un approccio attento e
costruttivo che generi negli studenti fiducia nelle loro capacità.
Ringrazio gli
autori per avermi offerto la possibilità di soffermarmi a riflettere su quali
siano le basi fondanti del mondo della scuola al quale ho dedicato tutta la mia
vita lavorativa.
Il metodo di
lettura che ho trovato più consono alla comprensione del testo e che ho
adottato del tutto inconsapevolmente è stato quello di rileggere alcuni
passaggi più e più volte, seppure scritti in un linguaggio sintatticamente
comprensibile, perché li trovavo densi di molteplici significati, pur sempre
comunicanti.
È una pubblicazione che apre mille scenari e
si presta a mille interpretazioni: lascia forti impressioni se la si legge da
insegnante; trasmette fondate inquietudini se la si legge da genitore; diffonde
consapevolezze se la si legge da studente; invita all’azione se la si legge da
dirigente. Gli autori scrivono nel saluto: “Una volta che inizierete a leggere,
non vi fermerete”.