“Papà mi connetti?”
Ovvero
La Dipendenza da Internet delle nuove generazioni (Prima Parte)
Brainstorming tra Maria Teresa De Donato e Giovanni Tommasini
Cortili che ospitano solo macchine e
gatti. Una volta erano pieni di bambine
e bambini che, a seconda dei casi, giocavano spensieratamente a nascondino, a
pallone, con le pentoline o le bambole, andavano in bicicletta e si arrampicavano
sui muretti e sugli alberi.
Che fine hanno fatto?
Certo quelli tra loro che, come molti di noi, appartengono alla generazione Baby Boomer sono da tempo impegnati in tutt’altro, quando non sull’orlo della pensione. Ma i bambini di oggi? Dove sono? Come trascorrono il loro tempo libero quando non sono a scuola né sono impegnati a fare i compiti?
Come vedremo, la risposta a queste domande è tutt’altro che rassicurante.
Ciao Giovanni, oggi per inaugurare questa nostra nuova Rubrica
affronteremo un tema di grande interesse pubblico, ossia quello delle dipendenze
dalla moderna tecnologia delle nuove generazioni.
Nel 2002, tornando in Italia a trovare la mia famiglia dopo tanti anni che mancavo, fui invitata da alcune persone che mi conoscono più o meno dalla nascita a prendermi un caffé, cosa che accettai volentieri perché molte di loro per me sono sempre state un’estensione della mia famiglia.
Alcune tra loro mi dissero: “Maria Teresa, questo giardino è un pianto. I tempi sono cambiati molto da quando eravate piccoli voi e ora in cortile ci sono solo macchine e gatti.”
“Dove sono i bambini?” – chiesi io alquanto stupita.
“Non scendono più in giardino. Sono tutti rintanati in casa a passare il loro tempo con i videogiochi!” – fu la risposta.
Pensare che milioni di bambini in tutto il mondo vengano privati della possibilità di giocare regolarmente ogni giorno all’aperto, al sole, al vento, a contatto con la natura e di anni di spensieratezza è non solo deprimente ma altrettanto allarmante, non trovi Giovanni?
Sì, infatti, Maria Teresa. Concordo perfettamente con te. Una situazione simile l’ho vissuta anche io qualche anno fa.
Una domanda di mio figlio, in un giorno qualunque, ha
squarciato quel velo di inconsapevolezza che aleggiava dentro di me e ho
improvvisamente sentito crescere, nel tempo, una nuova paura: che i nostri
ragazzi rimanessero intrappolati nelle maglie del web.
Vorresti raccontarci come sono andate esattamente le cose nel vostro caso?
Eravamo a pranzo sulla bellissima terrazza di una trattoria in campagna, fra le alture di Genova. La natura attorno a noi e il mare di fronte. Tutto sembrava solo da godere e ammirare. Mio figlio, cinque anni appena compiuti, rivolgendosi a me, con aria supplicante, disse:
«Papà, mi connetti?».
Ci
vollero diverse domande prima di capire cosa intendesse. In attesa di iniziare
la prima elementare, era con i suoi genitori, in mezzo alla natura e con il
mare negli occhi.
Cosa
poteva desiderare di più?
Mentre
mi sentivo in pieno contatto con tutte le espressioni del mondo, qualcosa,
evidentemente, mancava a mio figlio per percepirsi completamente immerso nella
realtà.
Aveva
bisogno della connessione.
Ho
intuito, allora, quello che ho compreso appieno poi. Stava nascendo una nuova visione
della vita, basata sul sentire degli adolescenti ai tempi del post
superfluo: niente è più necessario. Tutto è raggiungibile. A qualsiasi età.
Le domande piene di curiosità che i bambini facevano, sino a pochi anni fa, ora
sono a portata di click. Il papà eroe, con le sue risposte formative, non serve
più.
Basta chiedere a Google.
Colto da ridde di interrogativi, sono giunto a chiedermi se, ogni volta che si connettono in rete, rischiano di scollegarsi dalla realtà...
A cosa sono approdati i tuoi interrogativi?
Alla stesura di un libro. Pensieri e interrogativi sui Millennials: lo scritto di un padre preoccupato. Un confronto fra gli adolescenti degli anni Ottanta, la prima generazione senza guerra, e i figli di oggi, cresciuti davanti a uno schermo: PAPA' MI CONNETTI?: La perenne connessione e il futuro delle nuove generazioni, che stanno nascendo, crescendo, vivendo, senza l’Altro.
Quali sono le finalità di questa pubblicazione e in che modo può aiutare in maniera pratica famiglie e ragazzi, fermo restando che nel caso dei bambini, almeno fino ai 10-12 anni di età, forse i genitori dovrebbero esercitare un maggior controllo rispetto all’uso e al consumo delle moderne tecnologie, non trovi?
Sì, Maria Teresa, sono d’accordo. In molti casi ci vorrebbe sicuramente un maggior controllo da parte dei genitori.
In questo mio libro traccio un
percorso che riporti lo sguardo dei ragazzi sulla magia del mondo interiore. Che cosa sarà di
loro se, come appare ormai evidente, crescono dimenticando la fecondante
funzione dell’altro, così fondamentale per la costruzione del sé e della
realtà circostante?
Il mio invito
alla riflessione vuole essere un punto di partenza. Ognuno sceglierà su quale
aspetto porre l’accento. Come sul web, infatti, anche nella realtà è possibile
fare un doppio click sulle parole e intraprendere un percorso per dischiudere
nuovi orizzonti. In una ricerca ostinata della relazione autentica, ancorata a
ricordi spazio-temporali, si muove il mio invito a realizzare una visione
progettuale della vita. Fuori dal labirinto del web ci sono sguardi e
parole che ci aspettano. Dobbiamo solo alzare gli occhi e ascoltare.
Infatti. Molte delle tematiche che abbiamo
menzionato, ad iniziare proprio dall’importanza di connettersi con il
proprio mondo interiore e di acquisire maggiore consapevolezza su chi siamo e
su come realizzare il nostro potenziale umano sono anche aspetti che ho
analizzato nel capitolo The Hypnotic State of Mankind (= Lo stato ipnotico dell’Umanità) del mio libro DARE To RISE – Reshaping Humanity by Reshaping
Yourself (= OSA ELEVARTI –
Rimodella l’Umanità Rimodellando Te Stesso), per chi volesse approfondire
l’argomento, scritto a quattro mani con l’amico e collega Autore Denis
Gorce-Bourge.
Quali sono,
secondo te, i danni principali che la dipendenza dal web, dai videogame, dai
social e da Internet in generale arreca ai ragazzi?
I nostri figli, cresciuti con un video di fronte e noi dall’altra parte, non riescono a fare a meno del web. Siamo spettatori passivi di una nuova realtà, per noi difficile da comprendere e accettare in quanto genitori nati nel secolo scorso. Se non ci sforziamo, però, di trovare un punto d’incontro, rischiamo di perdere la connessione con una generazione che sceglie modelli e miti dai nuovi media.
Quella terrazza, così incantevole, sospesa tra mare e monti, per i ragazzi di oggi non è altro che un posto come un altro dal quale connettersi, incollarsi a un video e perdersi in un virtuale privo di riferimenti spazio-temporali. La realtà nella quale noi genitori, immigrati digitali e figli degli anni precedenti siamo cresciuti, è stata soppiantata da un mondo che isola e annulla i contatti.
Come molti genitori, anche tu ti sei posto domande quali: Che cosa fare? Quale futuro ci attende? Quale risposta dare al figlio che chiede di essere connesso?
C’è una soluzione pratica che possa modificare questa realtà o quantomeno aiutare i nostri ragazzi e bambini a non crescere isolati, sostituendo il mondo reale con quello virtuale con tutte le conseguenze del caso?
Appare necessaria una riflessione profonda sulla deriva online che ci ha travolti.
E quel giorno, una risposta l’ho trovata. Ho guardato l’orizzonte, alle spalle
del mio bambino, con un solo pensiero: riprendiamoci la vita dei nostri
ragazzi.
Questa breve trattazione nasce come lettera di un padre molto preoccupato proprio per
le relazioni, per lo più digitali, del figlio. Cercherò di sostenere e
argomentare la necessità delle relazioni da tripla AAA anche per i rapporti
umani. Non parlo di parametri astratti, ma di peculiarità da corrispondere
reciprocamente:
ACCOGLIENZA, ATTENZIONE, ASCOLTO.
ACCOGLIENZA.
LA CURIOSITÀ DI CONOSCERE
è il più grande dono che puoi fare a un’altra
persona.
Denis Waitley
ATTENZIONE.
LA SORPRESA DELLA SCOPERTA
il coraggio è anche quello che ci vuole
per sedersi
Sir Winston Churchill
ASCOLTO.
IL GENIO DELLA LAMPADA.
Molte persone non ascoltano mai.
Ernest Hemingway
Per coloro che non avessero familiarità con la tua attività e le tue
pubblicazioni, potresti elaborare questi concetti?
Volentieri. Tre sono
le gambe di un tavolo relazionale fondamentali, in
egual misura, affinché la struttura si sostenga. Basta che manchi una delle
caratteristiche, per compromettere la relazione e far decadere la possibilità
di entrare in contatto con sé stessi e con l’altro.
Oggi più che mai, infatti, c’è l’esigenza di riprendere a
valutare, proporre ed esigere una reciprocità dei legami. Ogni settore della
vita quotidiana si basa sulla richiesta e sulla verifica di questo schema.
Prima di entrare in relazione con un altro soggetto,
infatti, l’unico modo di conoscerne l’affidabilità è chiedere una valutazione.
I partecipanti alle contrattazioni economiche vagliano sempre il rating del
contraente, la sua stabilità e il suo valore. Non sono solo le società e le
banche ad adottare questo sistema di verifica. Ognuno di noi, prima di
impegnarsi in un rapporto, analizza alcuni dati. Sono fasi necessarie, per
stabilire una relazione da tripla AAA.
Possiamo fare degli esempi?
Certamente. Prendiamo
in considerazione il mondo della finanza. Prima di impegnarsi in un’avventura
con un altro soggetto, qualunque ente compie un’analisi approfondita basata su:
la relazione (Accoglienza), la raccolta di informazioni e lo studio del
materiale collezionato (Attenzione).
I manager, poi, si incontrano e indicono riunioni
(Ascolto). Al termine esprimono un giudizio sull’affidabilità del soggetto
(l’altro). Il livello di rischio previsto per la relazione appena instaurata è
definito con un voto espresso in lettere. Procedendo così, per gradi, chi
richiede la valutazione arriva alla decisione finale e stabilisce se entrare in
gioco e investire risorse.
Le relazioni sociali possono essere considerate con gli
stessi parametri. Le tre AAA rappresentano una serie di atteggiamenti che, se
assicurati in maniera costante, accrescono la qualità di ogni rapporto umano.
L’Accoglienza, l’Attenzione e l’Ascolto sono fondamentali
per riportare le nuove generazioni offline e convincerle a togliere lo sguardo
dallo schermo.
La rivelazione di un mondo emozionale, in cui il contatto
con l’altro rappresenta un regalo, è l’unica speranza per restituire valore
alla vita e ai rapporti interpersonali.
Scrivo questi pensieri, quindi, alla pari di un appello a
mio figlio affinché inverta la rotta e riemerga da una caverna che non è più
quella del mito di Platone, ma il buio e solitario antro del mondo virtuale. Mi
auguro che ricominci a immergersi, attraverso tutti e cinque i sensi, nella
realtà che noi figli degli anni pre-connessione abbiamo vissuto, per fortuna,
appieno.
I concetti citati
legati ad Accoglienza, Attenzione e Ascolto meritano un approfondimento.
Rimandiamo, quindi, il tutto ad una Seconda Parte della nostra intervista.
Sì, tanti sono
gli aspetti da chiarire. Speriamo che i lettori trovino interessanti e utili
queste informazioni e che ci seguano anche nella lettura dei nostri prossimi
articoli.