Il tempo del riso glutinoso
di Fiori Picco
Recensione di Maria Teresa De Donato
Con questo suo nuovo romanzo intitolato Il tempo del riso glutinoso (Picco, 2024, Fiori D’Asia Editrice) Fiori Picco,
Autrice, Traduttrice letteraria, Editrice e Sinologa, conquista il cuore di noi
tutti trasportandoci ancora una volta nel suo amato Yunnan e, più precisamente,
nel villaggio di Shanjiao, tra la comunità Kam che da millenni abita in questa
zona remota ai confini tra le province dello Hunan e del Guizhou.
Come nei suoi romanzi – Giada Rossa – Una vita per la libertà, Yao, e Il Circolo delle Donne Farfalla – Mugao e Bhaktu due aspetti caratterizzano anche questa pubblicazione:
·
La
figura della donna e della propria sofferenza e
·
Il
discorso legato alle etnie.
Tuttavia, se i precedenti romanzi costituiscono dei veri e propri
reportage, Il tempo del riso glutinoso assume più i toni del viaggio
introspettivo. L’Io e il Sé si scrutano
a vicenda e si confrontano. La Mente, attraverso
la Ragione, cerca di dare un senso a ciò che il Cuore inizialmente non accetta.
Il Cuore, a sua volta, è diviso sul da farsi e, se da un lato si ribella a ciò
che sente come un’imposizione, dall’altro desidera far contenti i propri cari,
non deluderli e, soprattutto, non minare la serenità e l’equilibrio della
famiglia.
Il risultato è una rivolta interna caratterizzata da un turbinio di
pensieri, emozioni e sensazioni contrastanti e in perenne lotta tra loro.
Chi siamo? Dove stiamo andando e dove vogliamo andare? Siamo noi gli artefici del nostro destino o
dovrebbero essere gli altri a decidere del nostro futuro e, forse, anche della
nostra felicità?
Rinunciare alle proprie ambizioni, alla realizzazione dei propri sogni e
assecondare il volere della propria famiglia per non deluderla perché “nella
società Kam le responsabilità vengono al primo posto” (Picco, 2024, p. 11)
sembra essere una spada di Damocle che pende sulla propria testa e da cui sarà
molto difficile se non addirittura impossibile liberarsi.
La posta in gioco è altissima. Cosa fare dunque? Ribellarsi continuando a coltivare i propri
talenti e a perseguire i propri sogni, quale ad esempio quello di diventare
“architetta progettista trilingue e un giorno approdare all’estero,
preferibilmente in Italia” (p. 15) dopo aver conseguito una laurea a pieni voti
presso la Facoltà di Progettazione di Giardini e di Paesaggi dell’Università
Normale dello Yunnan, a Kunming, scelta ispirata anche dalla docente italiana
di cultura europea e Design di giardini, oppure accettare e far proprio l’insegnamento
di mamma Beili secondo cui “Non è detto che la vita vada sempre come vogliamo.
Certe cose possiamo farcele piacere con il tempo.”? (p. 15)
E così, mentre il nostro Cuore è affranto e, combattuto, si domanda sul da
farsi, la Vita stessa, a nostra insaputa, spiana la strada, prepara il sentiero
che ci porterà alla Comprensione, alla piena Consapevolezza della nostra
identità etnica, all’accettazione e, infine, a ricoprire quella che dimostrerà di
essere la nostra vera “chiamata”.
Diventare la sindaca di Shanjiao dovrebbe inorgoglire. Essere “la donna più autorevole e rispettata
del luogo” in “una società matriarcale chiamata ‘il Regno delle figlie’” in cui
le donne detengono il potere è il sogno di tutte le ragazze di etnia Kam (p.11),
anche se tale privilegio è riservato solo a donne laureate.
La Vita, tuttavia, vedrà proprio in Niangmei, soprannominata dalla docente
italiana “Myrtle” (= Mirto), una ragazza di Kunming, colta e intelligente, la
persona più idonea per guidare il villaggio di Shanjiao, per diventare una
delle “messaggere dei grandi antenati” (p. 269) e delle “nuove eredi del
patrimonio culturale immateriale dell’etnia Kam” (pp. 254, 255) nominate tali
dallo stesso Governo distrettuale.
Malgrado la sua giovane età e inesperienza, Myrtle dimostrerà di avere la
capacità, anche grazie ai consigli dei suoi genitori, della zia Wu ex sindaca
di Shanjiao, di quella che diventerà la sua amica Yilan, e di altri personaggi
tanto affascinanti quanto misteriosi, tra cui la Nonna Pan e Rong Rong, di
essere all’altezza della situazione. Ricoprendo in maniera eccellente il suo
ruolo di sindaca, riuscirà, non senza difficoltà, a far sviluppare il proprio
villaggio tramite una serie di iniziative atte a bonificare l’ambiente e a incrementare
artigianato, commercio e turismo grazie anche all’uso mirato di internet. Così facendo proverà, senza alcuna ombra di
dubbio, di essere la degna rappresentante terrena ed erede della Grande Nonna
Sama, Dea del luogo.
Il riso glutinoso, citato varie volte nel testo e utilizzato in varie
ricette tradizionalmente preparate e consumate dalla comunità Kam, sembra
essere la metafora di una invisibile clessidra che, a intervalli regolari,
scadenza lo scorrere lento e incessante del tempo scandendone il ritmo.
Tradizioni culturali, culinarie, e religiose, credenze millenarie
fortemente radicate, descrizioni
dettagliate di usi e costumi, pietanze, abbigliamento, rituali cerimoniali,
segreti di famiglia e non solo, vecchi dissapori esistenti tra membri della
comunità per le ragioni più svariate vengono magistralmente descritti
dall’abile penna di Fiori Picco.
Ne esce un quadro fortemente suggestivo che trascina il lettore in
un’atmosfera e in un tempo che, a noi occidentali, sembrano lontani anni-luce e
che proprio per questo intrigano e affascinano facendoci vibrare in una dimensione
reale e al tempo stesso mistica. Colori,
sapori, suoni, voci, canti, oltre a palazzi e statue che sembrano osservare
passanti e lettori si confondono in un Tutto tanto variegato quanto armonico
che ci trasporta in un Mondo ‘altro’ in cui miti e leggende, così come fantasia
e realtà, continuano a danzare incessantemente.
Il tempo del riso glutinoso è un libro ricco di particolari che affascinerà il
lettore consentendogli di continuare il suo viaggio spirituale nello Yunnan e
di familiarizzare questa volta con l’etnia Kam e la sua società matriarcale.
Ne consiglio la lettura a tutti, soprattutto agli amanti delle culture
straniere.