YAO – Romanzo di Fiori Picco
Recensione di Maria Teresa De Donato
Yunnan, Cina: una giovane ragazza appena laureatasi nel suo Paese in Lingua
e Letteratura Cinese arriva nella città di Kunming dove resterà per otto anni
ed insegnerà Cultura Europea presso il Dipartimento del Turismo della Yunnan
Normal University, oltre a lavorare come Ricercatrice Antropologica e Storica,
affiancando la sua collega, Prof.ssa Shen Lianzong.
Il nome di questa ragazza è Fiori Picco, Autrice di questo romanzo. In
Cina, tuttavia, verrà affettuosamente ribattezzata “Xuelian”, ovvero “il loto
delle nevi”, un fiore che, come lei stessa mi spiegherà, “cresce sulle vette
dell’Himalaya, è sacro ai monaci buddisti, ed è simile alla nostra Edelweiss o
stella alpina. Il suo significato, tra i
molteplici che ha, indica purezza, resilienza e tenacia.”
Xuelian rivestirà un ruolo primario nella storia riportata in questo suo
romanzo così come nella partecipazione al progetto che le affiderà la Prof.ssa Lianzong,
Docente di Antropologia all’Istituto di Minoranze Etniche di Kunming, e che
consentirà una svolta definitiva nel documentare la reale esistenza di Li
Tangmei considerata una “figura emblematica, un’eroina che segnò la sua
generazione in un’epoca di fasto, ricchezza e splendore”. (p. 8)
Malgrado Fiori Picco ne sia l’Autrice, non sarà, tuttavia, la protagonista
di questa sua opera letteraria.
Andando a pranzare più o meno regolarmente con la sua collega al ristorante
Il Vecchio Pesce Felice, Xuelian incontrerà Yang Sen, un ragazzo di etnia Yao
con cui non solo stringerà amicizia, ma intraprenderà un viaggio nella sua
terra nativa partecipando ad un progetto di ricerca storica che verrà affidato
ad entrambi dalla stessa Prof.ssa Lianzong.
Questa esperienza si rivelerà un importantissimo traguardo per Xuelian
nelle sue vesti di Antropologa e costituirà un’occasione unica nella vita dello
stesso Yang Sen che si ritroverà, in maniera del tutto inaspettata, a ricoprire
anche lui il ruolo, per tutta la durata del progetto, di Ricercatore Storico.
Lo Yunnan, provincia situata a Sud-ovest della Cina, vanta una forte
presenza di minoranze etniche, tra cui quella Yao. Xuelian e la Prof.ssa Shen
“stavano collaborando a un progetto di ricerca sulla cultura e la storia degli
Yao.” (pp. 11, 12)
Yang Sen era nato e cresciuto in un villaggio chiamato Coda di Drago ed era
uno Yao della tribù di Landian (p. 13).
Come spiegherà alle due donne, era fuggito durante una notte dal suo
villaggio alla ricerca di una vita migliore, che potesse farlo crescere,
migliorare ed offrirgli opportunità, personali e professionali, che mai avrebbe
potuto avere se fosse rimasto a Coda di Drago.
La spinta definitiva a lasciare quei luoghi gliel’aveva offerta il timore,
o forse persino la consapevolezza, che probabilmente non sarebbe riuscito a
superare le cerimonie di iniziazione, che includevano quattro durissime prove,
a cui tutti i maschi del villaggio dovevano sottoporsi entro il compimento del
diciottesimo anno di età. Fallire anche
una sola di quelle prove avrebbe significato l’essere eternamente ridicolizzato
dai suoi compaesani, ma anche, e soprattutto, venire isolato e deprivato della
possibilità di sposare una ragazza del villaggio.
La scelta, quindi, era stata tra affrontare il rito di iniziazione con le
quattro prove nella speranza che tutte andassero bene e venir, quindi,
accettato dalla comunità come un uomo maturo e valoroso, oppure abbandonare per
sempre il villaggio, inclusa la sua famiglia.
Quando Yang Sen aveva lasciato Coda di Drago, per sua stessa ammissione,
era “un giovane uomo, per nulla attraente, gracile, timido e con una bocca da
vecchio.” (p. 15) Sin da bambino, tuttavia, aveva dimostrato di essere
responsabile, affidabile ed un grande lavoratore, affiancando, una volta
ammalatosi suo padre, sua madre nella sua attività di sartoria, dimostrando di
avere non solo una grande fantasia, ma un innato talento che più tardi gli
avrebbe aperto la strada per il successo. Yang Sen osservava anche
scrupolosamente “i tre principi fondamentali che gli erano stati inculcati sin
dalla nascita quale uomo della tribù di Landien” (p. 16), ossia sacrificio,
rinuncia e risparmio.
Malgrado i molti limiti che Yang Sen sente di avere, questo ragazzo mostra
anche una grande maturità e spiccate doti di etica morale. La sua umiltà e semplicità affiancano una
profonda consapevolezza della propria dignità quale essere umano e dell’
appartenenza all’etnia Yao, per lui motivo di orgoglio ma anche di riflessione.
“Realizzai che le origini sono proprio come le radici del grande albero
sacro della foresta: profonde e radicate al suolo...” ... “Il mio più grande
timore era il giudizio della gente, unito alla paura dell’ignoto e del non
riuscire a sopravvivere.” (p. 9)
Tuttavia, malgrado le sue perplessità ed i suoi timori, Yang Sen sente che
la vita nel villaggio Coda di Drago, i rituali di iniziazione per dimostrare la
propria virilità ed essere considerato ‘un vero uomo’ ed una mentalità ed uno
stile di vita che lui percepisce come restrittivi non fanno per lui. C’è tutto un mondo da scoprire oltre quelle
vallate, quelle montagne, quelle foreste, quei panorami, quelle albe e quei
tramonti mozzafiato da cui è stato circondato sin dalla nascita. Pur riconoscendone il fascino ed il valore,
soprattutto affettivo, è pienamente cosciente che non gli bastano più.
Lo stringere amicizia con Chuga, Xuelian e con la Prof.ssa Shen, che
diventeranno modelli comportamentali e gli infonderanno maggiore confidenza nel
suo potenziale facendo aumentare la sua autostima ed aiutandolo a superare i
suoi timori iniziali di non essere all’altezza di..., consentiranno a Yang Sen
di spiccare il volo: “Il ritrovamento del prezioso manoscritto mi cambiò per sempre
la vita. Da quel momento in poi non ebbi
più alcun timore di procedere con consapevolezza per la mia strada... anch’io,
con un po’ di costanza e carattere, avrei potuto raggiungere gli obiettivi che
mi ero prefissato.” (p. 267)
Yang Sen e la sua cultura sono, di fatto, entrambi protagonisti di quest’opera
letteraria in quanto l’uno è proiezione dell’altra e viceversa. I due si fondono in un insieme ricco di
aspetti che spesso affascinano, altre fanno riflettere, ed altre ancora
stupiscono.
La lezione principale che se ne ricava è sintetizzata dal commento di Yang
Sen: “In realtà gli esseri umani non sono altro che fiori sfumati all’interno
di un enorme caleidoscopio cosmico. Il
mondo, l’universo, lo spazio e il karma stesso sono in continuo, perenne
mutamento.” (p. 271)
Yao è un romanzo scritto in uno stile semplice e fluido in cui l’Autrice,
Fiori Picco, ha trascritto non solo la sua personale esperienza, ma anche
quella di Yang Sen, attraverso cui il lettore ha la possibilità di conoscere
l’etnia Yao.
È un libro ricco tanto di cultura quanto di ‘poesia’: è un inno ad una
civiltà remota ed altrettanto antica che, a prescindere da quanto soprattutto
noi occidentali possiamo capire, va salvaguardata e tesoreggiata quale
Patrimonio dell’Umanità.
A Fiori Picco va il grande merito non solo di avercela fatta conoscere, ma
di averne percepito l’essenza più profonda ed essere riuscita a trasmettercela
nella forma più autentica.
Un libro che rispecchia una grande umanità, empatia e profondità di
pensiero e la cui lettura consiglio a tutti.