Il Circolo delle Donne Farfalla – Mugao e Bhaktu
Romanzo di Fiori Picco
Recensione e Critica Letteraria di Maria Teresa De Donato
Ancora una volta Fiori Picco ci catapulta nello Yunnan, Provincia cinese in
cui è vissuta otto anni, facendoci familiarizzare con la vita della comunità
Dulong. Benchè lei sia l’Autrice del
romanzo, la voce narrante è quella di Mila, una ragazza nata e cresciuta a
Kunming, capoluogo dello Yunnan, che giovanissima decide, su incarico
governativo, di andare a lavorare come Assistente Sociale nella gorgia del
Nujiang, il maggiore fiume del Sud-est asiatico sprovvisto di diga che, con i
suoi 3289 chilometri, scorre dal Plateau tibetano fino al Mar Andaman.
Sostenere, tuttavia, che questo libro sia la semplice storia del Circolo
delle Donne Farfalla è, a mio modesto avviso, altamente riduttivo. Duna, Puma, Cina e Grisa non sono solo
quattro donne, ma piuttosto l’emblema stesso della loro cultura ed etnia
Dulong. Di quest’ultima ne rappresentano, ciascuna a suo modo, la
consapevolezza, l’accettazione e persino la messa in discussione dei pilastri
su cui tale cultura si poggia, il che include i rituali e sacrifici che la
caratterizzano e la rendono unica.
Queste quattro donne anziane che Mila assisterà diventeranno a tutti gli
effetti le sue Vazì, ossia ‘nonne’, che l’accettaranno ed accoglieranno
affettuosamente, malgrado le differenze caratteriali e comportamentali, come la
loro Puli, cioè ‘nipote’. Sarà,
quindi, proprio Mila a descrivere a Fiori Picco la sua esperienza con loro e la
vita tra i Dulong e Fiori Picco a trasformarla in un avvincente romanzo.
Il racconto di Mila è, parafrasando in parte le sue parole, un viaggio
anche introspettivo che, attraverso la convivenza con queste quattro donne
“anziane, isolate e chiuse in un mondo distante dalla civiltà, caratterizzato
da credenze mistiche e popolato da spiriti e da creature soprannaturali legate
all’animismo, [le] ha permesso di analizzare le [sue] emozioni e di valutare
ciò che è veramente importante.” (F. Picco, 2022, Prologo, p. 7)
A detta di Mila, queste quattro donne “erano diventate una cosa sola con l’habitat,
quasi come se fossero ormai parte della ricca mitologia del luogo.” (p. 13)
Puma, Duna, Grisa e Cina, pur nella loro diversità, hanno avuto un destino
comune: quello di essere state tatuate in modo permanente con Mugao, il
tatuaggio che rappresenta una farfalla e che, attraverso il rituale Bhaktu,
è stato immortalato sui loro volti in giovanissima età attraverso un
procedimento straziante che le ha segnate in maniera permanente ed indelebile
non solo a livello fisico, ma anche e soprattutto a livello psicologico.
A questo trattamento sono state sottoposte tutte le donne del villaggio.
Non tutte sono riuscite a superare il trauma non solo dell’atroce sofferenza
subita, ma anche dell’essere state deturpate in maniera irreversibile al
viso. Alcune hanno preferito, benchè
ancora giovanissime, porre fine alla loro vita.
Sarà solo alla fine del romanzo, tuttavia, che la triste realtà del
tatuaggio Mugao e del motivo per cui era stato inflitto a tutte le donne del
villaggio verrà rivelata. L’amore ed il
desiderio di proteggere le persone care, induce, a volte, a scelte drastiche ed
alquanto discutibili, scelte che si possono comprendere, non comprendere,
accettare o rigettare e che, in alcuni casi, possono avere conseguenze
drammatiche e reclamare la vita proprio di chi si cercava di tutelare.
Puma Namusa, la vecchia sciamana e medium, la strega guaritrice del
villaggio; Cina, la tatuatrice, la più anziana tra le quattro, ma anche la più
energica; Grisa, soprannominata ‘la Cornacchia’, appellativo “dato alle esperte
di erbe, di infusi e di decotti”, dalla “personalità selvatica, introversa,
taciturna"; e Duna, “la tessitrice di arcobaleni ... [che] per tutta la vita
aveva filato coperte variopinte per la sua tribù”, ossia “i famosi plaid
dell’etnia Dulong, chiamati yodo...” (p. 17) sono, dunque, insieme alla
stessa Mila, le protagoniste di questo romanzo.
Il Dr. Luo, Capodistretto, un alto funzionario dotato non solo di grande
carisma ma di altrettanta empatia, cercherà in ogni modo di aiutare Mila nell’assistere
e sostenere queste donne, raccontandole eventi storici locali e spiegandole consuetudini
e credenze. Così facendo spianerà anche
lui la strada affinchè Duna, Puma, Grisa e Cina abbandonino le loro umili
capanne, le loro “tane sicure in cui rifugiarsi dalla cattiveria del mondo” (p.
20) e vengano in qualche modo integrate in un contesto più stabile e sicuro:
case in legno fatte costruire dal Governo cinese per sollevare questa minoranza
etnica, ormai in via d’estinzione, dalla povertà e da condizioni anche igieniche
estremamente precarie. In queste nuove
abitazioni queste ultraottantenni e novantenni trascorreranno, in maniera
decorosa, gli ultimi anni della loro travagliata esistenza.
Nonostante le difficoltà che entrambi incontreranno, la pazienza, l’empatia
ed anche il genuino affetto che sia Mila sia il Dr. Luo mostreranno loro,
queste donne riusciranno ad accettare il trasferimento e ad abituarsi, ciascuna
a proprio modo e nei propri tempi, ad
un’abitazione e ad uno stile di vita diametralmente opposti a quelli cui erano
abituate.
Oltre ai vari personaggi-chiave, Natura e Animismo svolgono un ruolo
fondamentale divenendo anch’essi, di fatto, protagonisti di quest’opera
letteraria.
La valle del Nujiang, con il suo impetuoso ed altrettanto minaccioso fiume,
la sua rigogliosa vegetazione che isola dal mondo ovattando i suoni provenienti
dall’esterno ed amplificando quelli emessi al suo interno, i suoi numerosi
animali, il suo clima umido caratterizzato da piogge torrenziali e con i suoi
pendii ripidi e franabili, determina la vita o la morte dei suoi abitanti.
La Natura in questo posto è unica: il suo richiamo ipnotizza, penetra nei
labirinti dell’anima e della mente e non molla più. Natura ed Animismo vanno a braccetto
complementandosi a vicenda e, attraverso miti, leggende, ma anche indiscusse
presenze soprannaturali di spiriti, demoni, anime di defunti e segni da
interpretare catturano la mente e la psiche dei Dulong che con essi imparano a
convivere, accettando e rispettando la volontà del dio Ghemon e degli altri
spiriti della foresta. Medium e Stregoni
svolgono, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze, il ruolo di Mediatori
tra Esseri Umani e Divinità. Ordine ed
armonia vengono così assicurati: questa almeno è la ferma convinzione dei
Dulong.
Tra i vari aspetti particolarmente interessanti di questo romanzo emerge
l’impegno delle Istituzioni cinesi nel proteggere e salvaguardare le minoranze
etniche, tra cui quella Dulong, favorendo il turismo e le attività artigianali
locali e rimuovendo dalla povertà intere comunità che per secoli sono vissute
in uno stato di totale isolamento e condizioni di vita estremamente precarie.
Il fare coming out, abbracciando il proprio orientamento sessuale
piuttosto che rassegnarsi a recitare una parte dettata dalle regole della
società, è un altro aspetto menzionato in questa pubblicazione e sulle cui
dinamiche ed implicazioni il lettore viene implicitamente incoraggiato a
riflettere.
Questo libro rende, dunque, onore ai Dulong “un’etnia in via d’estinzione”
e all’“intera zona del Nujiang che è sotto l’egida dell’Unesco come Patrimonio
Mondiale dell’Umanità”. (F. Picco, Nota dell’Autrice, p. 264) All’Autrice va sicuramente riconosciuto il
merito di aver evidenziato con questa sua opera “l’importanza della memoria che
deve essere inculcata nei giovani affinché non siano dimenticate le proprie
origini.” (p. 265)
Nella stesura di questo suo romanzo, Il Circolo delle Donne Farfalla, così
come in quella di Giada Rossa e Yao, Fiori
Picco manifesta la sua vera vocazione: quella di fungere, quale Sinologa,
Autrice, Traduttrice ed Editrice, da portavoce non solo della cultura cinese in
generale, ma soprattutto di quella delle etnie dello Yunnan. Nel farlo, attraverso il suo stile armonioso,
fluido ed altrettanto accattivante, fa emergere la sua grande onestà
intellettuale, la sua grazia e profonda empatia che non solo attraggono il
lettore, ma spianano anche la strada per una maggiore comprensione di culture,
tradizioni e stili di vita millenari che per certi aspetti sembrano vicini ed
altri distanti anni-luce da noi e che, tuttavia, appartengono alla nostra esperienza
umana.
Il Circolo delle Donne Farfalla è un libro ricco tanto di affascinanti descrizioni
paesaggistiche quanto di accurate analisi psicologiche scritto con il cuore e
caratterizzato da una profonda umanità la cui lettura consiglio a tutti.