Saturday, July 1, 2023

Il Circolo delle Donne Farfalla – Mugao e Bhaktu – Romanzo di Fiori Picco - Recensione di Maria Teresa De Donato

 Il Circolo delle Donne Farfalla – Mugao e Bhaktu 

Romanzo di Fiori Picco

 

Recensione e Critica Letteraria di Maria Teresa De Donato

 



Ancora una volta Fiori Picco ci catapulta nello Yunnan, Provincia cinese in cui è vissuta otto anni, facendoci familiarizzare con la vita della comunità Dulong.  Benchè lei sia l’Autrice del romanzo, la voce narrante è quella di Mila, una ragazza nata e cresciuta a Kunming, capoluogo dello Yunnan, che giovanissima decide, su incarico governativo, di andare a lavorare come Assistente Sociale nella gorgia del Nujiang, il maggiore fiume del Sud-est asiatico sprovvisto di diga che, con i suoi 3289 chilometri, scorre dal Plateau tibetano fino al Mar Andaman.

Sostenere, tuttavia, che questo libro sia la semplice storia del Circolo delle Donne Farfalla è, a mio modesto avviso, altamente riduttivo.  Duna, Puma, Cina e Grisa non sono solo quattro donne, ma piuttosto l’emblema stesso della loro cultura ed etnia Dulong. Di quest’ultima ne rappresentano, ciascuna a suo modo, la consapevolezza, l’accettazione e persino la messa in discussione dei pilastri su cui tale cultura si poggia, il che include i rituali e sacrifici che la caratterizzano e la rendono unica.

Queste quattro donne anziane che Mila assisterà diventeranno a tutti gli effetti le sue Vazì, ossia ‘nonne’, che l’accettaranno ed accoglieranno affettuosamente, malgrado le differenze caratteriali e comportamentali, come la loro Puli, cioè ‘nipote’.  Sarà, quindi, proprio Mila a descrivere a Fiori Picco la sua esperienza con loro e la vita tra i Dulong e Fiori Picco a trasformarla in un avvincente romanzo.

Il racconto di Mila è, parafrasando in parte le sue parole, un viaggio anche introspettivo che, attraverso la convivenza con queste quattro donne “anziane, isolate e chiuse in un mondo distante dalla civiltà, caratterizzato da credenze mistiche e popolato da spiriti e da creature soprannaturali legate all’animismo, [le] ha permesso di analizzare le [sue] emozioni e di valutare ciò che è veramente importante.” (F. Picco, 2022, Prologo, p. 7)

A detta di Mila, queste quattro donne “erano diventate una cosa sola con l’habitat, quasi come se fossero ormai parte della ricca mitologia del luogo.” (p. 13)

Puma, Duna, Grisa e Cina, pur nella loro diversità, hanno avuto un destino comune: quello di essere state tatuate in modo permanente con Mugao, il tatuaggio che rappresenta una farfalla e che, attraverso il rituale Bhaktu, è stato immortalato sui loro volti in giovanissima età attraverso un procedimento straziante che le ha segnate in maniera permanente ed indelebile non solo a livello fisico, ma anche e soprattutto a livello psicologico.

A questo trattamento sono state sottoposte tutte le donne del villaggio. Non tutte sono riuscite a superare il trauma non solo dell’atroce sofferenza subita, ma anche dell’essere state deturpate in maniera irreversibile al viso.  Alcune hanno preferito, benchè ancora giovanissime, porre fine alla loro vita.

Sarà solo alla fine del romanzo, tuttavia, che la triste realtà del tatuaggio Mugao e del motivo per cui era stato inflitto a tutte le donne del villaggio verrà rivelata.  L’amore ed il desiderio di proteggere le persone care, induce, a volte, a scelte drastiche ed alquanto discutibili, scelte che si possono comprendere, non comprendere, accettare o rigettare e che, in alcuni casi, possono avere conseguenze drammatiche e reclamare la vita proprio di chi si cercava di tutelare.

Puma Namusa, la vecchia sciamana e medium, la strega guaritrice del villaggio; Cina, la tatuatrice, la più anziana tra le quattro, ma anche la più energica; Grisa, soprannominata ‘la Cornacchia’, appellativo “dato alle esperte di erbe, di infusi e di decotti”, dalla “personalità selvatica, introversa, taciturna"; e Duna, “la tessitrice di arcobaleni ... [che] per tutta la vita aveva filato coperte variopinte per la sua tribù”, ossia “i famosi plaid dell’etnia Dulong, chiamati yodo...” (p. 17) sono, dunque, insieme alla stessa Mila, le protagoniste di questo romanzo.

Il Dr. Luo, Capodistretto, un alto funzionario dotato non solo di grande carisma ma di altrettanta empatia, cercherà in ogni modo di aiutare Mila nell’assistere e sostenere queste donne, raccontandole eventi storici locali e spiegandole consuetudini e credenze.  Così facendo spianerà anche lui la strada affinchè Duna, Puma, Grisa e Cina abbandonino le loro umili capanne, le loro “tane sicure in cui rifugiarsi dalla cattiveria del mondo” (p. 20) e vengano in qualche modo integrate in un contesto più stabile e sicuro: case in legno fatte costruire dal Governo cinese per sollevare questa minoranza etnica, ormai in via d’estinzione, dalla povertà e da condizioni anche igieniche estremamente precarie.  In queste nuove abitazioni queste ultraottantenni e novantenni trascorreranno, in maniera decorosa, gli ultimi anni della loro travagliata esistenza.

Nonostante le difficoltà che entrambi incontreranno, la pazienza, l’empatia ed anche il genuino affetto che sia Mila sia il Dr. Luo mostreranno loro, queste donne riusciranno ad accettare il trasferimento e ad abituarsi, ciascuna a proprio modo e nei propri tempi,  ad un’abitazione e ad uno stile di vita diametralmente opposti a quelli cui erano abituate.

Oltre ai vari personaggi-chiave, Natura e Animismo svolgono un ruolo fondamentale divenendo anch’essi, di fatto, protagonisti di quest’opera letteraria.

La valle del Nujiang, con il suo impetuoso ed altrettanto minaccioso fiume, la sua rigogliosa vegetazione che isola dal mondo ovattando i suoni provenienti dall’esterno ed amplificando quelli emessi al suo interno, i suoi numerosi animali, il suo clima umido caratterizzato da piogge torrenziali e con i suoi pendii ripidi e franabili, determina la vita o la morte dei suoi abitanti.

La Natura in questo posto è unica: il suo richiamo ipnotizza, penetra nei labirinti dell’anima e della mente e non molla più.  Natura ed Animismo vanno a braccetto complementandosi a vicenda e, attraverso miti, leggende, ma anche indiscusse presenze soprannaturali di spiriti, demoni, anime di defunti e segni da interpretare catturano la mente e la psiche dei Dulong che con essi imparano a convivere, accettando e rispettando la volontà del dio Ghemon e degli altri spiriti della foresta.  Medium e Stregoni svolgono, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze, il ruolo di Mediatori tra Esseri Umani e Divinità.  Ordine ed armonia vengono così assicurati: questa almeno è la ferma convinzione dei Dulong.

Tra i vari aspetti particolarmente interessanti di questo romanzo emerge l’impegno delle Istituzioni cinesi nel proteggere e salvaguardare le minoranze etniche, tra cui quella Dulong, favorendo il turismo e le attività artigianali locali e rimuovendo dalla povertà intere comunità che per secoli sono vissute in uno stato di totale isolamento e condizioni di vita estremamente precarie.

Il fare coming out, abbracciando il proprio orientamento sessuale piuttosto che rassegnarsi a recitare una parte dettata dalle regole della società, è un altro aspetto menzionato in questa pubblicazione e sulle cui dinamiche ed implicazioni il lettore viene implicitamente incoraggiato a riflettere.

Questo libro rende, dunque, onore ai Dulong “un’etnia in via d’estinzione” e all’“intera zona del Nujiang che è sotto l’egida dell’Unesco come Patrimonio Mondiale dell’Umanità”. (F. Picco, Nota dell’Autrice, p. 264)   All’Autrice va sicuramente riconosciuto il merito di aver evidenziato con questa sua opera “l’importanza della memoria che deve essere inculcata nei giovani affinché non siano dimenticate le proprie origini.” (p. 265)

Nella stesura di questo suo romanzo, Il Circolo delle Donne Farfalla, così come in quella di Giada Rossa e Yao, Fiori Picco manifesta la sua vera vocazione: quella di fungere, quale Sinologa, Autrice, Traduttrice ed Editrice, da portavoce non solo della cultura cinese in generale, ma soprattutto di quella delle etnie dello Yunnan.  Nel farlo, attraverso il suo stile armonioso, fluido ed altrettanto accattivante, fa emergere la sua grande onestà intellettuale, la sua grazia e profonda empatia che non solo attraggono il lettore, ma spianano anche la strada per una maggiore comprensione di culture, tradizioni e stili di vita millenari che per certi aspetti sembrano vicini ed altri distanti anni-luce da noi e che, tuttavia, appartengono alla nostra esperienza umana.

Il Circolo delle Donne Farfalla è un libro ricco tanto di affascinanti descrizioni paesaggistiche quanto di accurate analisi psicologiche scritto con il cuore e caratterizzato da una profonda umanità la cui lettura consiglio a tutti.