Thursday, October 30, 2025

Caro libro ti scrivo - Lettera a Edmond Dantès - di Elisa Rubini

 

Caro libro ti scrivo

 Lettera a Edmond Dantès

 

di Elisa Rubini

 

 


 

Ti scrivo come se potessi davvero raggiungerti, oltre i secoli e le pagine, in quel mare che ti ha visto giovane marinaio e poi uomo distrutto. La tua storia mi accompagna da tempo, e ogni volta che la rileggo non è solo avventura, ma una lezione che brucia e consola insieme.

 

Ti vedo ragazzo, con il cuore gonfio di speranza e di amore. Avevi il vento dalla tua parte, una promessa di matrimonio, un futuro chiaro davanti. Eppure, la malizia degli uomini ha spezzato tutto in un attimo: la gelosia, l’invidia, la paura ti hanno tradito. Ti hanno strappato alla tua Mercedes, ai tuoi sogni, alla tua giovinezza. In pochi giorni sei passato dall’essere un marinaio libero all’essere un prigioniero senza nome.

 

Il Castello d’If è stato la tua tomba prima della morte. Eppure, dentro quelle mura, in quell’umidità che divorava le ossa, sei rinato. Lì hai incontrato l’abate Faria, che non ti ha solo regalato la mappa di un tesoro, ma ti ha consegnato l’arma più potente: la conoscenza. Ti ha insegnato a guardare il mondo con occhi nuovi, a trasformare la disperazione in lucidità, la rabbia in metodo. Quando sei evaso, non sei tornato Edmond: sei diventato Montecristo, figura enigmatica, maschera di potere, fantasma della giustizia.

 

Ti confesso, Edmond, che la tua vendetta mi affascina e mi inquieta allo stesso tempo. Ti sei fatto giudice dei tuoi nemici, li hai colpiti con precisione implacabile, senza sbagliare mai il bersaglio. Leggendoti, a volte ho esultato insieme a te, vedendo i tuoi carnefici piegarsi sotto il peso delle loro colpe. Ma altre volte ho tremato, perché mi domandavo se la vendetta non ti stesse divorando dall’interno. È possibile liberarsi davvero quando si vive per colpire chi ti ha ferito? O si rimane prigionieri, anche fuori dal Castello?

 

Eppure non ti giudico. La tua forza è stata quella di non arrenderti, di non lasciarti consumare dall’ingiustizia. Hai trasformato il dolore in energia, la solitudine in potere, la ferita in arma. In questo, sei diventato simbolo di resistenza. Ci hai mostrato che anche quando tutto sembra perduto, c’è un modo per riscrivere il proprio destino.

 

Penso spesso a come saresti oggi, in un mondo che cambia in fretta ma che continua a conoscere tradimenti, inganni e ingiustizie. Ti immagino in silenzio, seduto in un angolo, a osservare uomini e donne con quello sguardo lucido che non perdona menzogne. Forse useresti altre armi, non più pugnali o travestimenti, ma la stessa intelligenza, la stessa freddezza, la stessa capacità di leggere l’animo umano. E credo che, ancora una volta, nessuno potrebbe sfuggire al tuo giudizio.

 

C’è qualcosa però che vorrei chiederti, Edmond. Dopo aver compiuto la tua vendetta, hai trovato davvero la pace? O la rabbia ha lasciato cicatrici che non si chiudono? Io non lo so, e forse nemmeno tu potresti dirlo con certezza. Ma so che la tua storia ci mette davanti a una domanda che non smette di bruciare: quanto vale la giustizia, se ci costa la serenità?

 

Leggerti oggi significa imparare che non basta subire. Che la dignità non si chiede in dono, si conquista. Che le catene, anche quando sono invisibili, si possono spezzare. E soprattutto, che nessun torto, per quanto feroce, può definire per sempre chi siamo. Tu sei stato tradito, incatenato, annientato. Ma sei rinato, più forte, più consapevole, più libero.

 

Grazie, Edmond, perché mi ricordi che anche nei giorni più bui può nascere la forza di ricominciare. Che ogni prigione, prima o poi, può avere una via d’uscita. E che la libertà, una volta conquistata, non è solo vendetta: è la possibilità di riscrivere la propria vita.

 

Con affetto

 

 

Elisa