Caro libro ti scrivo
di Elisa Rubini
non so se queste parole possano arrivare fin lassù, tra i rami che hai
scelto come tua casa per sempre. Forse resteranno sospese come foglie
nell’aria, forse cadranno a terra prima ancora di sfiorarti. Ti scrivo lo
stesso, perché scrivere a volte è l’unico modo che ho per mettere in ordine i
pensieri, e i tuoi alberi continuano a parlarmi anche da lontano.
Avevi solo dodici anni quando, stanco di regole e imposizioni, hai fatto
quel gesto che a molti sarà sembrato una semplice ribellione infantile: salire
su un albero e giurare di non scendere mai più. Non sapevano, allora, che da
quella scelta estrema sarebbe nata una vita intera. Una vita vissuta tra le
fronde, sospesa ma mai isolata, ribelle eppure piena di partecipazione. Calvino
ti ha regalato al mondo, ma è come se avessi deciso tu, con il tuo coraggio, di
regalarti a noi lettori.
Ti immagino mentre ti muovi con sicurezza tra i rami, agile come se la
natura avesse costruito quel regno apposta per te. Dall’alto osservi il mondo,
ma non lo rifiuti: lo guardi da una prospettiva diversa. Non ti sei ritirato
come un eremita, non ti sei chiuso in una solitudine sterile. Anzi, hai letto,
hai studiato, hai dialogato con filosofi e avventurieri, hai perfino amato. Hai
vissuto la tua epoca da una distanza che era, paradossalmente, un modo per
essere più vicino alla verità delle cose.
Penso spesso al tuo sguardo, Cosimo. A come il mondo ti appariva diverso
dall’alto, meno intrappolato nelle meschinità quotidiane, più limpido nella sua
complessità. Qui, a terra, ci lasciamo trascinare dalla fretta, dalle
convenzioni, dalle voci degli altri. Tu, tra le foglie, hai trovato la forza di
restare fedele a te stesso. Non hai ceduto, non sei sceso, non ti sei lasciato
convincere che fosse impossibile vivere così. La tua coerenza è diventata la
tua libertà.
Cosimo, se ti avessi accanto, ti chiederei di insegnarmi a trovare anch’io
il mio albero. Non necessariamente un ramo vero, ma un luogo, un punto da cui
guardare meglio. Vorrei imparare a dire “no” senza paura, a restare fedele a
una scelta anche quando sembra assurda. Nel mondo in cui vivo oggi, tutti
corrono, si affannano, parlano forte. Ma pochi guardano davvero. Forse
basterebbe alzarsi un po’ più in alto per vedere le cose con più chiarezza.
Il tuo esempio mi mette in crisi e mi consola allo stesso tempo. Mi mette
in crisi perché mostra quanto siamo pronti a scendere a compromessi. Ci
pieghiamo per paura di restare soli, per timore di sembrare ridicoli. Tu invece
hai trasformato la tua solitudine in forza, il tuo gesto in filosofia. E mi
consola perché dimostri che la fedeltà a se stessi è possibile. Che non è un
sogno da ingenui, ma un modo vero di vivere.
A volte ti immagino qui, oggi, in mezzo a noi. Forse ti vedrei arrampicato
su un lampione, o seduto sui rami di un parco cittadino. La gente ti
guarderebbe con stupore, qualcuno riderebbe, altri scuoterebbero la testa. Ma
tu, ne sono certa, non ti lasceresti smuovere. Sorrideresti appena e
continueresti a osservare dall’alto, con la tua calma ostinata, con la tua
distanza che non è disprezzo ma lucidità.
Scriverti è come guardare in alto e ricordarmi che c’è sempre un altro
punto di vista possibile. Non so se avrò mai il tuo coraggio, ma so che posso
provare a imparare qualcosa di te. A rallentare, a cercare la coerenza, a
difendere la libertà di essere.
Grazie, Cosimo, perché tu non sei solo un personaggio nato dalla fantasia
di Italo Calvino. Sei diventato un invito, un simbolo, una voce che dice: “Puoi
scegliere di non scendere”. E io, ogni tanto, proverò a ricordarmelo.
Con affetto,
Elisa