GET REAL!
(CONFRONTATI
CON LA REALTÀ!)
“Papà mi connetti?”
Ovvero
La Dipendenza da Internet delle nuove generazioni (Seconda Parte)
Brainstorming tra Maria Teresa De Donato e Giovanni Tommasini
Nella Prima Parte della nostra trattazione sulla dipendenza da
internet e simili, Giovanni e io ci eravamo riproposti di fare degli
approfondimenti sulla Triplice A (AAA), ossia i tre fattori – Accoglienza,
Attenzione e Ascolto – che, permettendo di entrare in contatto con sé
stessi e con l’altro, potrebbero costituire un valido strumento per liberare le
nuove generazioni dalla schiavitù e dall’isolamento causato dal mondo virtuale
e ripristinare un contatto tra loro e un mondo emozionale in modo da restituire
valore alla vita e ai rapporti interpersonali.
Giovanni, vogliamo riprendere, quindi, proprio dagli esempi che stavi
facendo e approfondire questi tre fattori?
Certamente. Il primo fattore consiste nell’Ascoltare senza pregiudizi o distrazioni.
L’Accoglienza è una predisposizione esistenziale
verso una coraggiosa e fiduciosa disponibilità a essere invasi dall’altro. Il
verbo invadere rende appieno il sentimento della paura, che,
più di ogni altra emozione, mette in una posizione di sospetto e rifiuto nei
confronti del prossimo.
Accogliere, però, implica il concetto
di ricevere e far entrare nel nostro mondo qualcuno. La stessa matrice
linguistica della parola ne esalta il concetto. Accolligere deriva
da colligere, cioè da cogliere. La radice legere può
essere tradotta anche come radunare, mettere insieme, ridurre gli spazi e le
distanze o capire e afferrare il senso.
Non è un caso che il verbo leggere abbia la stessa
etimologia.
Chiaramente la prospettiva diventa mettersi in
gioco. Ci si spalanca verso l’altro per formare un tutt’uno con lui e poi
tornare a essere, dopo l’esperienza condivisa, due persone diverse e più ricche
di prima.
Se immaginiamo gli esseri umani come isole, possiamo
intendere l’Accoglienza come la costruzione di ponti eretti sulla reciprocità
di sentimenti, atteggiamenti e opinioni: ponti sostenuti e consolidati solo se
accettiamo di liberarci da giudizi e valutazioni.
È solo dalla fatica e dal dolore dell’esperienza,
infatti, che si può generare l’energia necessaria per attivare un processo di
trasformazione.
Questo implica naturalmente un impegno da entrambe le parti...
Assolutamente sì. Ognuno deve compiere uno sforzo, come quello
di aprire la porta di casa a uno sconosciuto. Per
farlo bisogna superare le proprie paure. Per conoscere, scoprire e, quindi,
fare progressi è necessario predisporsi all’altro con la più preziosa delle
qualità umane: la curiosità. Non bisogna fermarsi alla prima impressione o a
sensazioni che ci invadono durante la conoscenza.
L’Accoglienza si valorizza quando l’incontro con l’altro
è connotato dal desiderio di ricevere, dall’atteggiamento empatico.
La ricchezza del confronto, così, mette in luce anche aspetti finora
inesplorati della nostra anima.
Si tratta di un processo inverso a quello che stiamo
vivendo oggi. Come un artigiano che, lavorando il legno, toglie le parti in
eccesso per valorizzare la sua scultura, noi stessi dobbiamo tornare alla
purezza, sottraendo il superfluo.
È necessario, insomma, dedicarsi alle relazioni reali.
Vissute occhi negli occhi.
Il
coraggio è quello che ci vuole per alzarsi e parlare;
ed
ascoltare.
Non basta accogliere l’altro. Per creare un rapporto
autentico, bisogna anche sintonizzarsi sulle sue parole, dimenticando, almeno
per un po’, noi stessi.
Proprio come quando cerchiamo una stazione radio, ci
vuole impegno per trovare, salvare e far risuonare le onde di chi ci parla. Le
sfumature da cogliere sono molte: emozionali, verbali, espressive.
L’Attenzione, però, è anche qualcosa di più. Il
vocabolo proviene dal latino attentio che, a sua volta, deriva
dal verbo attendere, nel senso di applicarsi a fare qualcosa,
svolgere un compito.
Il concetto di Attenzione, tuttavia, racchiude quello di
sorpresa. Si attiva quando qualcosa stravolge l’ordinario, costringendoci a
mettere in atto lo sforzo di capire.
Quotidianamente, infatti, riceviamo un numero elevato di
impulsi e stimoli. Ancor di più ne percepiamo quando navighiamo sul web. Il
cervello applica una sorta di filtro che seleziona, in base all’importanza, le
informazioni sulle quali concentrarsi. Il bombardamento di stimoli ricevuti sui
social, tra notifiche, messaggi e conversazioni, annulla questa scala di
precedenza. Tutto va fruito subito e richiede la nostra Attenzione.
L’effetto sorpresa, però, funziona anche in questo flusso
continuo di informazioni. Qualcosa di nuovo e inaspettato catalizza
l’Attenzione. Sempre.
Nonostante, quindi, anche online esistano l’Accoglienza e
l’Attenzione, manca l’ultima A: quella che determina la vera essenza della
qualità di ogni relazione umana.
Amo ascoltare. Ho imparato un gran
numero di cose ascoltando attentamente.
Questo comporta
anche rispetto per l’altro..., per il suo pensiero, ma anche per la sua
diversità – di opinione, di credenze, di cultura e quant’altro.
Certamente. Anche l’Ascolto è attivato
dalla curiosità. Una vera e propria ricerca del senso del linguaggio altrui.
Come se ogni nostra conversazione iniziasse con «fammi capire meglio, per
favore». In questo modo, accettiamo un tacito accordo con l’interlocutore
finalizzato al chiarimento reciproco.
La conversazione con l’altro diventa, così, la
dimostrazione dell’interesse verso il significato della comunicazione. A
rafforzare questo processo c’è la certezza che più comprendiamo, più ci
arricchiamo.
La tensione a capire l’altro, infatti, è un processo a
catena di risposte in grado di svelarci parti inespresse di noi.
Emblemi nella cultura popolare sono lo Specchio
delle Brame, come e soprattutto il racconto de Le mille e una notte: Aladino
e la lampada meravigliosa. L’oggetto e il protagonista sembrano dire che,
nella profonda comprensione di ciò che sognano le persone, c’è già la
realizzazione del desiderio. Con il rispettivo riflesso e sortilegio, si mette
esclusivamente in atto l’Ascolto di queste richieste.
Queste tematiche dovrebbero essere discusse nelle classi di ogni ordine e
grado, non credi?
Sì, decisamente. Io mi sono attivato in tal senso e ho avuto alcuni
riscontri positivi.
Ad esempio una insegnante mi ha scritto:
stamattina in classe alcune mie alunne hanno
presentato il libro "Papà mi connetti?" ai compagni, attraverso un
lavoro multimediale ben costruito.
Eh, sì, non ci siamo più sentiti, ma ne approfitto
per comunicarle che ho apprezzato la pubblicazione e consigliato la lettura ai
ragazzi i quali, durante la pausa natalizia, hanno acquistato una quindicina di
copie su Amazon. Perché fossero spronati a leggerlo, ho detto loro che
avrebbero potuto sostenere una verifica orale sulle tematiche trattate che ben
si inseriscono nel programma di educazione civica (Area Cittadinanza
Digitale).
Stamattina dunque abbiamo parlato di lei, dedicando
due ore di lezione ai contenuti del libro, in particolare, alle patologie da
connessione.
Convinta di farle cosa gradita, ho ritenuto doveroso
comunicarglielo.
Un saluto, Pia
Perfetto! Nel prossimo articolo,
Giovanni, potremmo ragionare su quale potrebbe essere il motivo per cui i
ragazzi, o almeno molti di loro, hanno bisogno di connettersi per sentirsi vivi
e parte di una comunità... anche se, come abbiamo visto, in molti casi è prevalentemente, quando non esclusivamente,
virtuale.
Sì, credo che anche i nostri lettori troveranno
l’argomento interessante e altrettanto utile.