Sunday, February 18, 2024

Glenn Branca

 

(Harrisburg, 6 ottobre 1948 – New York, 13 maggio 2018)



È sempre stato un musicista posizionato a metà strada tra il ruolo di compositore d’avanguardia e quello del musicista rock. Allievo e discepolo dei maestri del minimalismo americano quali La Monte Young, Terry Riley, Philip Glass e Steve Reich ha sempre dovuto lottare contro pregiudizi e feroci critiche. La sua posizione era certamente scomoda, troppo accademico per gli appassionati del rock e troppo “politicamente scorretto” per gli accademici. 

Reduce da un'esperienza teatrale a Boston, dove aveva studiato recitazione, Glenn Branca si muove dal 1976 negli ambienti dell'avanguardia newyorkese, in particolare il Kitchen di Rhys Chatham. In quell'ambito Branca fa parte del trio di chitarre di Chatham, fonda il gruppo punk dei Theoretical Girls con Jeff Lohn, il cui materiale verrà raccolto su 1978-1981 (Acute, 2002), suona con i Daily Life di Barbara Ess, e nel 1980 forma gli Static, complesso a sezione ritmica femminile (Barbara Ess alla batteria), con i quali incide il 45 giri My Relationship. Il loro materiale verra` raccolto sull'EP Static (Theoretical, 1984).
Lo stesso anno pubblica sull'EP Lesson N.1 (99Records, 1980 - Acute, 2004) la composizione Dissonance, dodici minuti di paranoia martellante, di chitarre e tastiere scordate, di suspence allucinata, di ritmi incandescenti, e Lesson N.1, trascinante crescendo minimalista in cui gli strumenti (due chitarre, basso, organo e batteria) entrano a intervalli regolari ripetendo all'infinito la stessa frase. Sono due brani stordenti, che contengono in embrione gli sviluppi successivi dell'opera di Branca. Il chitarrista ha inventato una musica da camera per soli strumenti rock in cui tutto cio' che produce suono viene ricondotto alla passività più primitiva.
Il nuovo sestetto di Branca, che ripresenta soltanto il batterista Wischert, incide Ascension (99records, 1981 - Acute, 2003). 
Il laboratorio di Branca, combinando e ricombinando il suono delle chitarre, è riuscito a sintetizzare una forma inquietante di minimalismo monolitico, immane e immanente, capace di lambire vertici mistici.

Branca è il compositore che ha introdotto dosi massicce di rumore e ritmo nel formato della sinfonia classica. Anche se la dinamica ha sempre avuto un certo ruolo nei suoi risultati, fu la roboante, angosciata, tormentata esplosività delle chitarre e delle percussioni a rendere appieno il contenuto emotivo delle sue opere.
Branca ha anche realizzato alcune colonne sonore, come quella per il film The Belly Of An Architect (1986).

La prima sinfonia di Branca è orchestrata per chitarre, tastiere, ottoni e percussioni (suonati da personaggi come Barbara Ess, Lee Renaldo, Ned Sublette e Stephen Wischert). Dopo il ronzio quasi-mantra dell'inizio, il primo movimento assume sovratoni piu' fanfareschi ed etnici per via della moltitudine di strumenti e per il piglio da grancassa della batteria, ma si qualifica ancora come musica di progressioni trascendenti; semmai i contrappunti e le interferenze (sempre in consonanza) conferiscono ai suoi orgasmi un carattere piu' tribale e meno cerebrale.
Al solito non esiste un tema conduttore, ma soltanto un crescendo tragico di risonanze, sovratoni, echi, tonfi, clangori. La sinfonia si apre con un ossessivo ronzio mantrico in "mi" maggiore, seguito da un fanfaresco conciliabolo di fiati e da un catastrofico, devastante e assordante crescendo corale. 
Definiti così i toni mistico, comico e tragico dell'opera, il secondo movimento esplicita l'influenza della musica minimalista archetipica di Java, il gamelan, dei cui strumenti tradizionali imita il suono con appropriati timbri d'"acciaio" delle chitarre (oltre a campane e piatti): tutti gli strumenti battono ossessivamente come in un grottesco rituale tribale e l'enfasi cresce in maniera sempre piu' bambinesca. 
Il terzo movimento ritorna all'epica minacciosa dei maelstrom sulla corda di "mi" in cui Branca ama tuffarsi in trance con tutto l'arsenale di dissonanze: il tremolio suspense delle chitarre cresce in uno strepito intermittente di fiati (una specie di ingorgo di ambulanze dentro una tromba d'aria), il tornado mugola e prende forza sotto i rovesci della batteria. Questo movimento è quanto di più violento e apocalittico Branca abbia concepito. 
Il finale ricorda l'avviamento di un'auto con la batteria semi-scarica: sobbalzi ripetuti, sincopi, pause; finalmente il meccanismo si mette in modo, soffiando e sferragliando; il sound metallico delle chitarre è qui totalmente degenerato, e il ritmo va e viene senza logica, dalle frequenze altissime dell'ipnosi al relax agghiacciante dell'angoscia, e il paesaggio si popola di presse, ingranaggi, nastri scorrevoli ...