Tuesday, November 3, 2020

Il collegio dei segreti – Romanzo di Paolo Arigotti - Recensione di Maria Teresa De Donato

 

Il collegio dei segreti – Romanzo di Paolo Arigotti 

Recensione di Maria Teresa De Donato



 

Ancora una volta è la Germania nazista la vera protagonista di questo nuovo romanzo di Paolo Arigotti intitolato Il collegio dei segreti.

In Sorelle molto speciali l’Autore aveva trattato il tema delle leggi razziali e della disabilità, fisica e mentale, che portarono al massacro di milioni di persone le cui vite furono considerate ‘inutili’ e ‘non degne di essere vissute’, tra cui omosessuali, Testimoni di Geova, Rom ed altre etnie e che culminò nella ‘soluzione finale’ nei campi di sterminio in cui persero la vita sei milioni di ebrei ed altri. Ne Il collegio dei segreti Paolo Arigotti affronta e si focalizza su un altrettanto importante ed interessante aspetto: quello della Coscienza che porta alla conseguente disobbedienza civile e/o militare e alla resistenza.

Nel Processo di Norimberga, termine con cui vengono indicate due diverse tipologie di processi condotti contro i nazisti alla fine della Seconda Guerra Mondiale e che si tennero anche a Berlino e a Monaco dal 20 novembre 1945 al 1̊ ottobre 1946, Hermann Göring, politico e militare tedesco, tra i massimi esponenti del Partito Nazionalsocialista, accusato di crimini di guerra e condannato a morte per impiccagione (condanna che non fu eseguita perche Göring si suicidò il giorno prima della sua esecuzione) affermò:

“Io non ho nessuna coscienza! La mia coscienza è Adolf Hitler.”

 

Questo stesso atteggiamento e tentativo di esonero da ogni responsabilità personale, civile e penale, emerge in questo romanzo durante lo scontro verbale finale tra due personaggi, Volker, ex ispettore della Gestapo, e Mark, fratello di Greta e figlio di un vecchio aristocratico, quando Volker, nel tentativo di difendersi dalle accuse di aver commesso dei crimini risponde “…mi sono limitato ad eseguire gli ordini.”

La domanda, quindi, implicita in quest’opera letteraria e legata ad una questione morale, è:

“Gli ordini vanno sempre eseguiti oppure no?”

 

La risposta la lasciamo al libero arbitrio e soprattutto allo spessore umano di ciascuno di noi. La domanda, tuttavia, costringe all’autoesame, alla ricerca interiore, all’analisi di chi siamo realmente, di quali sono – o potrebbero essere in simili circostanze – i motivi a spingerci a comportarci in una determinata maniera.  Le strade, in ogni caso, sono solo due: percorrere la via più comoda, quella generalmente scelta dalla maggioranza degli esseri umani e che consiste nell’abbassare il capo, metaforicamente parlando, e nel sottostare a dei comandi solo perché provenienti ‘dall’alto’ oppure la strada ‘angusta’, quella che pochi, solo i più coraggiosi ed intrepidi, degni di essere chiamati veri Uomini e vere Donne prendono.  Questi ultimi sono coloro che, costi quel che costi e mettendo a repentaglio la loro stessa sopravvivenza, agiscono ‘secondo coscienza’, rifiutandosi di fare ciò che sanno essere sbagliato, quando non addirittura un crimine.

Età, etnia, ceto sociale, livello di istruzione e nazionalità sono tutti fattori che svaniscono di fronte a questioni di coscienza, di fronte alla possibilita di scegliere tra salvare la vita di un altro individuo o voltarsi dall’altra parte continuando come se niente fosse e lasciando che l’altro venga condotto al macello solo perché la cosa non ci riguarda personalmente, solo perché non si tratta di noi né di un membro della nostra famiglia.

Questi sono molto probabilmente i pensieri che hanno attraversato le menti dei protagonisti reali degli eventi storici accaduti prima e durante la Seconda Guerra Mondiale nella Germania di Hitler e nell’Europa occupata dai nazisti e che Paolo Arigotti fa rivivere attraverso i personaggi del suo romanzo, rimettendo in scena, per così dire, mediante la loro partecipazione e con tutti i mezzi a loro disposizione, quella resistenza tedesca e non solo, paradossalmente presente anche nelle file delle SS e della Gestapo, e che consentì di salvare numerose vite umane.

In un’Europa devastata sia dall’occupazione tedesca sia dai successivi bombardamenti aerei delle potenze alleate anglo-americane intervenute per liberarla e che lasciarono anche città come Berlino e Monaco di Baviera semidistrutte, non solo milioni di persone valorose contribuirono alla disfatta della Germania hitleriana, ma anche interi Paesi che accolsero migliaia di fuggitivi e/o si rifiutarono di ‘etichettare’ e, di conseguenza, di consegnare ai nazisti, e quindi ad una morte certa nei campi di sterminio, cittadini come ebrei, Rom, disabili e tutte le altre categorie ed etnie condannate dalle leggi razziali. Tra tali nazioni Svezia e Danimarca si distinsero e sono sicuramente da annoverare tra i maggiori esempi di civiltà e solidarietà umana di quel particolare periodo, come quest’opera letteraria mette bene in evidenza.

Il collegio dei segreti è, dunque, un romanzo fiction ma con una notevole componente storica scritto in un linguaggio semplice ed altrettanto invitante che cattura l’attenzione del lettore dall’inizio alla fine. È un inno alla Vita; un urlo della Coscienza addestrata a fare il Bene e che si oppone con tutte le sue forze al Male, mettendo in pericolo la stessa esistenza dell’individuo. Si tratta di un esame sul ruolo che la disobbedienza civile e militare e la resistenza rivestono quando sono generate da una Coscienza che sa che sottostare a certi ordini e chiudere gli occhi agli orrori, che né la mente né tantomeno il cuore riescono a definire, non è possibile e capisce ed accetta il fatto che sfidare la morte è preferibile al chinare il capo e al morire lentamente sapendo di aver avuto l’opportunità di fare il bene e di non essere stati all’altezza della situazione.

Un libro che consiglio ai lettori di ogni età e che dovrebbe/potrebbe essere usato come testo di narrativa nelle scuole di ogni ordine e grado nella convizione, per usare le parole di Ariel, personaggio del romanzo, che “…formare i giovani sia il modo migliore per impedire che si ripetano simili orrori.” (Arigotti, 2020, p. 198)