Il
collegio dei segreti – Romanzo di Paolo
Arigotti
Recensione
di Maria Teresa De Donato
Ancora una volta è
la Germania nazista la vera protagonista di questo nuovo romanzo di Paolo
Arigotti intitolato Il collegio dei segreti.
In Sorelle
molto speciali l’Autore aveva trattato il tema delle leggi razziali e della
disabilità, fisica e mentale, che portarono al massacro di milioni di persone
le cui vite furono considerate ‘inutili’ e ‘non degne di essere vissute’, tra
cui omosessuali, Testimoni di Geova, Rom ed altre etnie e che culminò nella ‘soluzione
finale’ nei campi di sterminio in cui persero la vita sei milioni di ebrei ed
altri. Ne Il collegio dei segreti Paolo Arigotti affronta e si focalizza
su un altrettanto importante ed interessante aspetto: quello della Coscienza che
porta alla conseguente disobbedienza civile e/o militare e alla resistenza.
Nel Processo di
Norimberga, termine con cui vengono indicate due diverse tipologie di processi
condotti contro i nazisti alla fine della Seconda Guerra Mondiale e che si
tennero anche a Berlino e a Monaco dal 20 novembre 1945 al 1̊ ottobre 1946,
Hermann Göring, politico e militare tedesco, tra i massimi esponenti del
Partito Nazionalsocialista, accusato di crimini di guerra e condannato a morte
per impiccagione (condanna che non fu eseguita perche Göring si suicidò il
giorno prima della sua esecuzione) affermò:
“Io
non ho nessuna coscienza! La mia coscienza è Adolf Hitler.”
Questo stesso
atteggiamento e tentativo di esonero da ogni responsabilità personale, civile e
penale, emerge in questo romanzo durante lo scontro verbale finale tra due
personaggi, Volker, ex ispettore della Gestapo, e Mark, fratello di Greta e
figlio di un vecchio aristocratico, quando Volker, nel tentativo di difendersi
dalle accuse di aver commesso dei crimini risponde “…mi sono limitato ad
eseguire gli ordini.”
La domanda, quindi,
implicita in quest’opera letteraria e legata ad una questione morale, è:
“Gli
ordini vanno sempre eseguiti oppure no?”
La risposta la lasciamo
al libero arbitrio e soprattutto allo spessore umano di ciascuno di noi. La
domanda, tuttavia, costringe all’autoesame, alla ricerca interiore, all’analisi
di chi siamo realmente, di quali sono – o potrebbero essere in simili
circostanze – i motivi a spingerci a comportarci in una determinata maniera. Le strade, in ogni caso, sono solo due: percorrere
la via più comoda, quella generalmente scelta dalla maggioranza degli esseri
umani e che consiste nell’abbassare il capo, metaforicamente parlando, e nel sottostare
a dei comandi solo perché provenienti ‘dall’alto’ oppure la strada ‘angusta’,
quella che pochi, solo i più coraggiosi ed intrepidi, degni di essere chiamati
veri Uomini e vere Donne prendono.
Questi ultimi sono coloro che, costi quel che costi e mettendo a
repentaglio la loro stessa sopravvivenza, agiscono ‘secondo coscienza’,
rifiutandosi di fare ciò che sanno essere sbagliato, quando non addirittura un
crimine.
Età, etnia, ceto
sociale, livello di istruzione e nazionalità sono tutti fattori che svaniscono di
fronte a questioni di coscienza, di fronte alla possibilita di scegliere tra salvare
la vita di un altro individuo o voltarsi dall’altra parte continuando come se niente
fosse e lasciando che l’altro venga condotto al macello solo perché la cosa non
ci riguarda personalmente, solo perché non si tratta di noi né di un membro
della nostra famiglia.
Questi sono molto
probabilmente i pensieri che hanno attraversato le menti dei protagonisti reali
degli eventi storici accaduti prima e durante la Seconda Guerra Mondiale nella
Germania di Hitler e nell’Europa occupata dai nazisti e che Paolo Arigotti fa
rivivere attraverso i personaggi del suo romanzo, rimettendo in scena, per così
dire, mediante la loro partecipazione e con tutti i mezzi a loro disposizione,
quella resistenza tedesca e non solo, paradossalmente presente anche nelle file
delle SS e della Gestapo, e che consentì di salvare numerose vite umane.
In un’Europa
devastata sia dall’occupazione tedesca sia dai successivi bombardamenti aerei
delle potenze alleate anglo-americane intervenute per liberarla e che
lasciarono anche città come Berlino e Monaco di Baviera semidistrutte, non solo
milioni di persone valorose contribuirono alla disfatta della Germania hitleriana,
ma anche interi Paesi che accolsero migliaia di fuggitivi e/o si rifiutarono di
‘etichettare’ e, di conseguenza, di consegnare ai nazisti, e quindi ad una
morte certa nei campi di sterminio, cittadini come ebrei, Rom, disabili e tutte
le altre categorie ed etnie condannate dalle leggi razziali. Tra tali nazioni Svezia
e Danimarca si distinsero e sono sicuramente da annoverare tra i maggiori esempi
di civiltà e solidarietà umana di quel particolare periodo, come quest’opera
letteraria mette bene in evidenza.
Il collegio dei
segreti
è, dunque, un romanzo fiction ma con una notevole componente storica scritto in
un linguaggio semplice ed altrettanto invitante che cattura l’attenzione del
lettore dall’inizio alla fine. È un inno alla Vita; un urlo della Coscienza
addestrata a fare il Bene e che si oppone con tutte le sue forze al Male,
mettendo in pericolo la stessa esistenza dell’individuo. Si tratta di un esame
sul ruolo che la disobbedienza civile e militare e la resistenza rivestono
quando sono generate da una Coscienza che sa che sottostare a certi ordini e
chiudere gli occhi agli orrori, che né la mente né tantomeno il cuore riescono
a definire, non è possibile e capisce ed accetta il fatto che sfidare la morte è
preferibile al chinare il capo e al morire lentamente sapendo di aver avuto
l’opportunità di fare il bene e di non essere stati all’altezza della
situazione.
Un libro che consiglio
ai lettori di ogni età e che dovrebbe/potrebbe essere usato come testo di
narrativa nelle scuole di ogni ordine e grado nella convizione, per usare le
parole di Ariel, personaggio del romanzo, che “…formare
i giovani sia il modo migliore per impedire che si ripetano simili orrori.”
(Arigotti, 2020, p. 198)