Monday, August 26, 2024

Un ultimo viaggio ancora - Recensione di Maria Teresa De Donato

 Un ultimo viaggio ancora

di Flavio Uccello

 

Recensione di Maria Teresa De Donato

 

 


Dopo aver letto e recensito il suo primo romanzo Il Rombo della Fenice (Uccello, 2022 – Amazon), essendomi resa conto delle conoscenze tecniche nonché dell’entusiasmo e della passione di Flavio Uccello per il mondo delle moto e delle corse, mi ero preparata, psicologicamente e mentalmente in ‘pole position’, a godermi con la lettura di Un ultimo viaggio ancora un’altra grande avventura e, più precisamente questa volta, un evento sportivo passato alla storia: la Parigi-Dakar del 1985.

Protagonista del romanzo, o meglio, della sua prima parte, è Antonio Servillo, detto Tony, un giovane nominato ben presto Capitano di Corvetta della Marina Militare Italiana. Sposato con la sua bellissima Giovanna, dagli occhi azzurri e dai capelli biondi, con cui avrà in seguito la piccola Stefania, e pur avendo già la strada spianata per una brillante carriera, sin da ragazzo Tony ha un sogno nel cassetto: partecipare alla Parigi-Dakar.

Grazie all’aiuto di un suo superiore che lo stima e gli è sinceramente affezionato come fosse un padre, l’Ammiraglio Cornelli, Tony ottiene non solo l’approvazione della stessa Marina a partecipare all’evento sportivo della sua vita, ma anche a trovare gli sponsor. Con la sua Yamaha XT600Z, nota come Tènèrè, nuova di zecca, questo giovane Capitano di Corvetta si prepara a partire “per la settima edizione della gara più dura della storia” (p. 8) con lo spirito e l’entusiasmo di chi pensa che quella sarà la più grande avventura della sua vita.

Dopo le missioni in Libano, Tony si era preso un periodo di congedo subito dopo essersi sposato con la sua amata Giovanna e passando “notti in bianco a fantasticare sui deserti dell’Africa, sulla moto che [avrebbe] guidato, sui mari di folla festante intorno a [lui] al traguardo...” (p. 9)

Ultimate la prova generale e le numerose modifiche apportate alla Yamaha dai meccanici per adattarla alle varie tipologie di terreno che avrebbe dovuto affrontare, “dal fango francese alla sabbia africana” (p. 12), e con il logo sulla moto “formato da una nave che solca il mare in tempesta, ... simbolo riportato in più parti sulla tuta... e sul serbatoio della moto” (p. 11) Tony, del team della Cornelli Racing, parte finalmente per questa sua avventura. Per l’occasione è circondato da “auto da corsa, camion, fuoristrada, moto, sidecar e tanto altro... divisi tra team privati, come il suo, e i team ufficiali, dotati di mezzi all’avanguardia e piloti di esperienza incredibile.” (p. 13)

Pur avendo partecipato a operazioni militari che lo avevano portato “sulle coste e nell’entroterra del Libano... atte a difendere profughi palestinesi e popolazione libanese dagli scontri armati della guerra civile” e aver testimoniato con i propri occhi il significato delle parole ‘fame’ e ‘disperazione’ (p. 15) Tony desidera ora conoscere l’Africa “e viverla lontano dai conflitti e dalle ingiustizie della guerra. Mettere in gioco se stesso contro gli elementi e trovare il senso ultimo dell’esistenza...” (p. 15)

Questa esperienza lo trasforma profondamente cambiandogli anche la veduta che ha avuto fino a quel momento dei bambini – che tra l’altro vuole avere con la sua Giovanna – i quali da  “fastidiosi e rumorosi” diventano, grazie all’incontro con quelli africani, “dai sorrisi dolci e voci allegre”. (p. 16)

Il viaggio presenta innumerevoli sfide, ma una delle lezioni fondamentali che apprenderà è che nel momento del bisogno devi essere pronto ad aiutare l’altro senza riserve – proprio come lui farà con John – e che lo stesso aiuto che darai tu, quando ne avrai bisogno, ti verrà offerto da qualcuno, il buon samaritano o angelo di turno, che apparirà sul tuo cammino, come nel suo caso saranno gli incontri con i fratelli Francesco e Lara e, successivamente, con il cowboy spagnolo Miguelito che lo ospiterà nel suo ranch.

Lungo il tragitto Tony s’imbatte in ogni sorta di bellezza paesaggistica e artistica, tra cui il giardino botanico di El Hamma, in Algeria, oltre a “un tripudio di fiori, palme e terrazzamenti... colline verdeggianti, piene di coltivazioni” (p. 16) ma anche alle “pietre nere arse dal sole” e alle “infinite e immateriali dune del deserto sahariano”. (p. 17)

Se Tony pensava che gli incidenti di percorso e le sfide affrontate nel deserto tra illusioni ottiche causate dai giochi di luce e di ombra creati dalle dune, le impennate e i salti nel vuoto con la moto, quando si scambiano le depressioni per pendenze, e gli incontri non sempre sereni con i Tuareg del deserto fossero tra le peggiori cose che potessero capitargli nella vita, quest’ultima, dal canto suo, gli dimostrerà il contrario.   

Così mentre sarà completamente catapultato con grande abilità da parte dell’Autore nelle sfide legate a questo storico evento sportivo, ossia la Parigi-Dakar del 1985, alle difficoltà tecniche e non solo che il giovane uomo incontrerà in questa sua straordinaria avventura, uscendo da questa sorta di stato ipnotico, il lettore si renderà improvvisamente conto che il protagonista è cambiato e non è più necessariamente Tony, che pur continua a rivestire un ruolo primario nella narrazione, ma la Vita stessa. Tutte le avventure, le disavventure, le ‘curve’, ‘i tracciati insidiosi’, le sterzate a destra, a sinistra, le impennate e le ricadute non sono altro che simboli, ossia le metafore stesse della Vita, quella reale, con tutti i successi, gli insuccessi, le prove e le ‘sorprese’ non sempre piacevoli che ti presenta sul tuo cammino, con la sua totale e indiscussa imprevedibilità.

Il romanzo diventa il romanzo delle scelte, quelle che facciamo con gioia e in armonia con i nostri desideri, le nostre passioni e la nostra ‘chiamata’ e quelle che ci sentiamo costretti a fare perché certe situazioni – magari proprio quelle familiari – ce lo impongono. Quella che faremo sarà la scelta giusta o si rivelerà sbagliata? Il nostro Destino è già segnato in un senso o nell’altro? Non lo sapremo mai o forse lo scopriremo solo alla fine della nostra esistenza.

Il libro, scritto in un linguaggio tanto semplice quanto accattivante, appassionerà il lettore tenendolo inchiodato e con il fiato sospeso dalla prima all’ultima pagina. In questa seconda pubblicazione si nota anche una crescita ed una più elevata maturità raggiunta da Flavio come Scrittore. Malgrado, come nel caso della sua precedente pubblicazione, l’interesse e la passione per lo sport, e in modo particolare per quello delle moto e delle corse, rimangano comuni denominatori, Un ultimo viaggio ancora diventa anche e soprattutto il romanzo dell’Etica e della Morale, umana prima ancora che professionale; della Coscienza che si guarda allo specchio, si ravvede e sente il bisogno di riscattarsi, di fare giustizia malgrado il male che si è fatto e le pene che sono state inflitte ingiustamente a causa nostra. È il romanzo del Bene che è insito nell’Uomo e che, pur venendo a volte soffocato per le ragioni più diverse, in molti comunque riaffiora proprio nel momento più inaspettato, quando tutto sembra perso e la possibilità del pentimento remota.

È proprio in quel momento, quando ci si rende conto del tiro mancino che la Vita ci ha giocato e dell’illusione ottica che abbiamo vissuto, che il senso di sconforto, di abbattimento che la presa di coscienza ci impone diventa un macigno insopportabile da portare. È un macigno di cui abbiamo assolutamente bisogno di liberarci e che rimuoviamo condividendolo – nei limiti e nei modi a noi possibili – con un improvviso ed altrettanto inaspettato interlocutore, che può essere, perché no, addirittura un bambino innocente.

C’è sempre, quindi, tempo per ravvedersi, per invertire la rotta ed operare il Bene, per aiutare qualcuno, per contribuire a migliorare la loro vita, per chiedere perdono, in un certo senso, per riscattarci dal male che abbiamo inflitto.

Un ultimo viaggio ancora è, dunque, un romanzo scritto con il cuore da un giovane Autore che, oltre alle indiscusse capacità narrative, mostra di avere una grande Etica Morale ed uno spiccato interesse non solo per lo sport, ma anche e soprattutto per aspetti psicologici e sociali. Questi ultimi Flavio li evidenzia nei suoi racconti attraverso la creazione di personaggi particolari la cui condotta mette in luce l’importanza della correttezza nei rapporti, della solidarietà umana, le circostanze imprevedibili in cui ci si può ritrovare quando ci si imbatte in situazioni più grandi di noi, che non ci siamo andati a cercare, ma che ci si sono manifestate travolgendoci malgrado fino a quel momento le avessimo non solo evitate ma persino combattute.   

Un ultimo viaggio ancora è una bellissima pubblicazione che appassionerà il lettore inducendolo all’analisi interiore e ad una profonda riflessione su tematiche importanti e persino scottanti.