Di origine fiamminga (il nonno si era stabilito a Bonn nel 1732 proveniente da Malines), suo padre Johann era cantore alla corte dell'arcivescovo di Colonia. Ludwig studiò dapprima col padre e si esibì in pubblico come pianista già nel 1778, approfondendo poi le conoscenze musicali con C. G. Neefe. Ben presto attivo nel Teatro di Corte, nel 1789 si iscrisse in filosofia all'Università di Bonn. Nel 1787, un viaggio a Vienna e un decisivo incontro con Mozart ebbero un'influenza radicale sulla sua formazione di musicista; ma incomincia intanto per lui un periodo di tristi condizioni familiari. Nel 1787 muore la madre ed egli deve provvedere al mantenimento del padre alcolizzato, impiegandosi come violista nell'orchestra di corte. Peraltro nell'ambiente di Bonn intreccia proficui contatti con mecenati ed artisti che mantengono viva in lui la passione per la sua arte; e per intervento di Haydn, che conosce durante una breve sosta a Bonn, gli è concesso nel 1792 di recarsi nuovamente a Vienna. Da Vienna non ritornerà piu nella città natale (il padre gli muore nello stesso anno del suo trapianto in Austria), e nella capitale austriaca studia con Haydn, con Schenk e infine con Albrechtsberger, ma anche con Salieri per quanto riguarda l'approfondimento della vocalità italiana.
Intanto, grazie alla protezione del conte di Waldstein che lo aveva conosciuto a Bonn, entra in contatto con i piu noti nomi dell'aristocrazia viennese, tra cui i Lichnowski e i Lobkowitz. Nel 1795 tiene il primo concerto pubblico, imponendosi immediatamente per le qualità delle sue interpretazioni, e nel 1796 fa un giro di concerti in Germania e Boemia.
Ma con l'inizio dei disturbi dell'udito, che nel 1802 arriveranno a gettarlo sull'orlo del suicidio (ricordiamo il famoso testamento di Heiligenstadt), tende a isolarsi sempre piu, mentre si afferma anche oltre i confini la sua fama di compositore. Dopo il 1800 la sua produzione acquista un ritmo rapidissimo, e nel 1808 gli viene assicurata, grazie all'interessamento di alcuni nobili mecenati, una pensione annua. Ma la cospicua pensione si vede ben presto ridotta a una misera cifra in seguito all'inflazione, mentre con la morte del fratello Kaspar gli viene affidata la tutela del nipote Karl, un giovane scapestrato che sarà fonte di continue gravissime preoccupazioni per lui. La sua fama si allarga sempre piu in tutt'Europa, gli editori si contendono i suoi lavori, ed egli è considerato press'a poco una gloria nazionale. Ma la sordità peggiora (negli ultimi anni di vita era ormai possibile comunicare con lui solo per iscritto), Karl gli procura una serie di noie e nel 1816-17 una grave bronchite mina la sua pur solida fibra. Nel 1815 era comparso per l'ultima volta in pubblico come pianista; da allora si chiuse sempre piu in se stesso, mentre negli ultimi anni fu oppresso da qualche preoccupazione finanziaria, anche se le sue opere continuavano a essere ricercate dagli editori e se i concerti di musiche sue incontravano un favore che nessun altro compositore aveva mai raggiunto prima d'allora. Nel 1826 Karl tenta il suicidio; nello stesso anno, dopo un soggiorno in campagna presso il fratello Johann, Beethoven torna a Vienna sotto l'infuriare di una tempesta di neve e cade ammalato di polmonite. Trascurato, il male si aggrava, e nell'inverno il musicista deve sottoporsi a una serie di operazioni: ma l'idropisia congiunta con una grave infiammazione polmonare lo stronca dopo tre giorni trascorsi in un'incoscienza pressoché totale. Pochi giorni prima di morire aveva ricevuto una visita di Schubert, che lo adorava e lo avrebbe seguito un anno dopo nella tomba.
Nella storia della musica Beethoven è una figura d'uomo e d'artista assolutamente nuova. Nella vita cercò sempre, e disperatamente, la libertà e l'indipendenza. Formatosi proprio negli anni in cui la rivoluzione francese dettava all'umanità leggi
nuove di fratellanza e di uguaglianza, egli senti che anche l'artista ha il dovere di lavorare per tutti i suoi simili. Cosi fu il primo a spezzare ogni rapporto di subordinazione con l'aristocrazia, e per primo visse del proprio lavoro, che offriva ai suoi editori pretendendo che gli fosse compensato per quello che valeva. Mentre tutti i suoi predecessori, fino a Mozart e Haydn, avevano vissuto e lavorato nell'ambito di una cerchia ristretta, sovvenzionati dai loro padroni e dai teatri reali, Beethoven cerca impetuosamente il contatto con un pubblico sempre piu vasto.
Questo atteggiamento di assoluto svincolamento da un mondo che già all'inizio dell'800 incominciava a decadere, si riflette nella sua vita e nei suoi rapporti con gli uomini. Fu persona dal carattere difficile, e solo pochissimi poterono entrare con lui in rapporti di amicizia anche se mai di vera intimità. Bisognoso d'amore come pochi altri, paradossalmente non riuscì a trovarlo nemmeno con le donne: nella sua vita ne passarono a decine (ricorderemo solo Giulietta Guicciardi, Therese von Brunswik, la contessa Erdody, Bettina Brentano e la cantante Amalie von Sebald), ma in nessuna poté trovare la compagna della vita.
E fu certo uno sconfinato bisogno di libertà che lo spinse a isolarsi sempre piu dal mondo, per affidare alla propria opera il suo messaggio all'umanità, che lo indusse a muoversi in una dimensione irreale che fa della sua vita un'avventura delle più
insolite e per certi versi incredibile che la storia ci abbia tramandato. Nella musica però, il disordine della vita e la scontrosità del carattere si risolvono in una comunicazione semplice e diretta, dettata da un'altissima forza geniale. Nelle prime opere egli assorbe e dibatte la problematica stilistica posta dai suoi grandi predecessori, Haydn e Mozart. Quando ha ventidue anni, Mozart è già morto e Haydn è giunto al periodo piu fastoso della sua maturità: il giovane Beethoven vede ormai il mondo con occhio nuovo, vivificato e stimolato dai grandi avvenimenti storici che ne accompagnano la formazione (la rivoluzione francese innanzi tutto), e nello stesso tempo si immerge nelle conquiste che Mozart e Haydn avevano fatto per poterle poi personalmente vivificare con una diversa carica espressiva. Le prime sonate per pianoforte, i primi quartetti, le due prime sinfonie (ma balenanti eccezioni si presentano fin d'ora, ad esempio nella Sonata in do minore Patetica per pianoforte op. 13, che è del 1798) riflettono così una sensibilità ancora legata alla musica del '700, anche se questi lavori non si potrà mai assegnarli a una precisa categoria stilistica come il rococò. Ma in queste opere si avverte una ricerca instancabile, la messa a punto di uno stile personalissimo che a poco a poco si enuncerà luminosamente nelle piu grandi creazioni della virilità.
Il nome di Beethoven è legato indissolubilmente a quello della forma-sonata. È in questa forma, a lui tramandata dalla scuola di Mannheim, da C. Ph. E. Bach e da altri musicisti del '700, che trova lo stimolo espressivo e costruttivo a lui piu congeniale.
Egli conia con grandiosa capacità plastica i due temi principali della sonata, e nell'arte dello svilupporaggiunge vette prima di lui inaccessibili. Nei suoi sviluppi si scatenano conflitti dominati da un equilibrio superiore, nei suoi temi si distende un lirismo che precorre quello del romanticismo successivo. È soprattutto questo elemento formale che predomina nelle opere del periodo di mezzo, nella maggior parte delle sinfonie e delle sonate pianistiche, nei quartetti che precedono gli ultimi, dove si inaugura un mondo nuovo di vertiginosa ricerca formale ed espressiva.
In Beethoven parla finalmente tutta l'umanità: l'elementare concisione dei suoi temi e dei suoi sviluppi lo porta vicino all'uomo della strada, alla massa che fin'allora era stata praticamente esclusa - se se ne eccettua il fenomeno dell'opera teatrale - dalla musica. E nelle opere di mezzo viene appunto alla superficie questo impeto di fratellanza, di comunicazione con tutti i propri simili, per elevarli e dar loro una precisa coscienza di uomini. Infine, anche la forma si infrange, lascia la via libera, sul filo di una tecnica ormai trascendentale, alla fantasia nel suo autonomo plasmarsi, all'invenzione pura che va oltre ogni vincolo ed ogni schema formale. È il caso degli ultimi quartetti, della Nona Sinfonia, delle ultime sonate per pianoforte, opere sconvolgenti nella loro radicalità espressiva, sconcertanti per l'altezza a cui in esse giunge l'espressione artistica. Qui Beethoven si libra in sfere inesplorate, schiude alla musica possibilità che solo dopo molti decenni i posteri comprenderanno a pieno nella loro genialità. L'opera di Beethoven è un cosmo in cui l'uomo si trova immediatamente riflesso, nelle sue passioni piu irruenti come nei suoi sentimenti piu nobili.
Tra le composizioni orchestrali hanno ancora un'importanza non trascurabile le 11 ouvertures che Beethoven scrisse per commedie e balletti e per la sua unica opera teatrale, il Fidelio. Si tenga presente che anche nell'ouverture Beethoven adottò la forma-sonata, convalidando con l'autorità del suo genio una struttura che si andava affermando a fine '800 e che si scostava sostanzialmente dall'ouverture di tipo italiano (A. Scarlatti) o francese (Lulli).
Le Creature di Prometeo op. 43 (Die Geschopfe des Prometheus):
L"'Ouverture" al balletto denota le caratteristiche dello stile giovanile di Beethoven. È un pezzo molto brillante, ammirevole per l'incessante vita ritmica, quasi un giuoco elegante e scorrevole di idee musicali fresche e giovanili.
Re Stefano op. 117 (1811):
L'ouverture, che è la pagina più energica, è introdotta da quattro squilli asciutti, solenni, arcaizzanti ed è poi concepita su due idee musicali che si alternano l'una all'altra e si ripetono con mutamenti di strumentale e quindi di colorito, la prima prevalentemente lirica ed esotica ("all'Ongarese" scrive Beethoven quando riprende questo tema nel brano n. 4, l'elegante Coro delle donne che accompagnano la sposa) e la seconda impetuosa e bellica. Lo stile e il carattere degli altri brani sono adeguati con maestria, ma anche in forma per lo più impersonalmente solenne, alle esigenze sceniche.
Le Rovine d'Atene op. 113 (1811): - Il dramma allegorico Le rovine di Atene, presenta una scrittura di carattere sinfonico. Oggi nelle sale da concerto è spesso eseguita l’ouverture in cui tutti i temi principali dell’opera sono organizzati nella forma-sonata. La decadenza della Grecia, che langue sotto la dominazione turca, e di Atene, nella quale torna dopo un’assenza di duemila anni Minerva che ha ricevuto il perdono da Giove, è rappresentata, nell’introduzione, Andante con moto, da un tema ascendente staccato che giunge ai violini e dal successivo motivo affidato agli archi, che anticipano il secondo brano Il duetto tra il Greco e la Greca, mentre i due seguenti temi marziali, esposti nella solare tonalità di sol maggiore alludono all’accordo tra il popolo ungherese e i suoi governanti. Il successivo, Allegro ma non troppo, in forma-sonata, non presenta alcun riferimento tematico con le altre musiche di scena.
Egmont Ouverture op. 84 (1809):
L"'Ouverture" all'Egmont di Goethe ha il carattere di una semplice introduzione al dramma, di cui sembra riflettere gli appassionati aneliti di libertà, risolvendosi in un canto di giubilo.
Coriolano "Ouverture" op. 62 (1807):
Composta, parallelamente alla Quinta Sinfonia, nel 1807, l'Ouverture al Coriolano (una tragedia di Heinrich Collin oggi dimenticata) è una delle composizioni più fosche e tragiche che il musicista abbia concepito. Essa si iscrive indelebilmente nella memoria dell'ascoltatore per la drammaticità dell'inciso iniziale, per l'irrequietudine del primo tema anelante, per il nobile lirismo del secondo tema in mi bemolle (l'ouverture è in do minore, la stessa tonalità della Quinta). Dopo una serie di contrasti e di conflitti che si incalzano senza requie per tutto il pezzo, esso si conclude sull'inciso tragico dell'inizio, che si estingue con un effetto sinistro nel registro grave degli archi.
La Festa onomastica op. 115 (1815):
La Zur Namensfeier Ouverture (così chiamata dalla nota preposta da Beethoven alla partitura autografa, da cui risulta che la composizione fu ultimata «nel mese di vendemmia del 1814, la sera dell'onomastico del nostro Imperatore», ossia il 4 ottobre, festa di San Francesco) è uno dei primi esempi di Ouverture da concerto, un «genere» fiorito agli inizi del secolo XIX, come conseguenza dell'evoluzione dell'«accademia», da aristocratico trattamento musicale dell'ancìen regime a carattere eminentemente cameristico (anche se in esso venivano eseguiti i Concerti per pianoforte di Mozart e le Sinfonie di Haydn) a manifestazione pubblica di natura spettacolare e di massiccia e composita costituzione.
La serata, della durata di varie ore, poteva comprendere un paio di Sinfonie, un concerto per strumento solista e orchestra, un oratorio o una cantata, il tutto preceduto da un'introduzione sinfonica composta ad hoc e concluso da un'improvvisazione dell'autore al pianoforte: pantagruelica imbandigione musicale, oggi difficile da smaltire.
La Consacrazione della casa op. 124 (Die Weihe des Hauses), "Ouverture" (1822):
Composta per l'inaugurazione del nuovo Josephstadter Theater. È un pezzo ideato in uno spirito quasi handeliano, una vera composizione "d'occasione" nel senso più nobile e maestoso del termine. Inutile cercare conflitti drammatici: questa musica si svolge come un arazzo sonoro, passando da un "Maestoso e sostenuto" di impronta solenne, a una fanfara piu vivace che sfocia in una fuga luminosa e ridente. La mano del musicista vi è felice anche e soprattutto nelle parti contrappuntistiche, e ad esse si aggiunge un fastoso trattamento dell'orchestra che conclude il pezzo in modo veramente monumentale, in uno sfolgorante do maggiore.
Leonora n. 1, n. 2 e n. 3:
Le tre "Ouvertures" Leonora furono composte per la prima e la seconda versione
di Fidelio. La prima non soddisfece l'autore, che nello stesso anno della rappresentazione di Fidelio (1805) ne approntò una seconda; mentre la versione oggi piu nota è la terza, composta per la ripresa dell'opera nel 1806. È uno dei lavori piu vari e avvincenti creati da Beethoven nel campo sinfonico. La complessità formale, che sfugge a ogni tentativo di classificazione, è pari solo alla ricchezza di idee che anticipano e simboleggiano con grandiosa pregnanza d'espressione gli elementi fondamentali del dramma. Cosi troviamo condensati nel giro di pochi minuti, i temi caratteristici di alcuni importanti personaggi di Fidelio: nel passaggio dai tempi lenti a quelli allegri o rapidi, nelle misteriose fanfare che interrompono d'improvviso il fluire della musica, nell'esultanza del tema principale dell'Allegro (che si inizia dopo un Adagio di vaste proporzioni), la Leonora n. 3 è una pagina di ampio respiro, vivida, penetrante, spontanea come poche altre di questo genere.
Fidelio op. 72c:
Nel 1814, ripresentando al pubblico viennese una nuova versione del Fidelio, Beethoven scriveva una quarta ouverture, che viene anche oggi normalmente eseguita a introduzione dell'opera. Con le tre Leonore questa ouverture non ha nulla a che fare: qui il compositore non impiega temi tratti dall'opera, e i suoi incisivi tratti di drammaticità si risolvono in una pagina di concezione sostanzialmente rapida e brillante.