Monday, November 10, 2025

Linda Maria Messina: Mio caro...





Mio caro, 
sono molto felice di ricevere questa lettera, ma anche piuttosto stupita perché mi sembra di leggere tra le righe un certo scontento. Credevo che tu fossi assolutamente felice. Hai ottenuto tutto quello che volevi: una separazione pacifica (sei stato anche molto generoso, grazie); una nuova, giovane compagna e un rapporto d’amicizia con me, che per tanti anni sono stata tua moglie, amica e confidente. Dunque, perché non sei felice, amico mio? Spero di sbagliarmi, spero che sia solo un momento di malumore, ma sappi che io sono qui, pronta ad ascoltare le tue confidenze. 
A presto, Emma.

Mio caro, 
credo proprio che tu dia corpo alle ombre. È ovvio che la tua nuova donna gradisca la compagnia dei suoi coetanei; è giusto che non rompa i rapporti con i vecchi amici (anche tu hai mantenuto i contatti con me); è assurdo che tu ti risenta per questo. Sono anche sicura che alla tua non più verde età tu non muoia dalla voglia di andare a ballare fino alle ore piccole e rammento come amavi stare con me, in penombra ad ascoltare musica classica, ma i tempi cambiano, le persone anche e, quindi, ti consiglio di adeguarti ai desideri della “ragazza” (non rammento mai il suo nome, scusami) e non vedere tradimenti dove, quasi certamente, non ci sono. 
A presto, Emma.

Mio caro,
è veramente irragionevole da parte tua fare tante storie per qualche piccola bugia. Io credo che la ragazza sia stata costretta a dirla dalla tua continua gelosia; in fondo non è poi così grave che sia andata a passare il fine settimana con i suoi amici dicendoti che andava dalla sua mamma. Tu sei stato viziato dalla mia assoluta sincerità e non sai difenderti da comportamenti diversi. È vero che tra amanti (scusa se non mi viene altro termine, ma è quello giusto, no?) bisognerebbe evitare le menzogne, ma tu sei sicuro di essere completamente sincero con lei? Forse sì. È vero che noi non desideravamo altro che stare sempre insieme, ma non tutti sentono nello stesso modo. È vero che tra quegli amici c’era anche il suo vecchio fidanzato, ma… non mi viene niente. 
A presto, Emma.

Mio caro, 
sono veramente stupita dal tono della tua ultima lettera. Non credo proprio che le tue recriminazioni siano giustificate. Questa bambina (in confronto a te e me è soltanto una bambina) vuole divertirsi, tu glielo impedisci e lei cerca di sfuggire ai tuoi controlli: tutto qui. Sono certa che non c’è niente di più, anche se… Io sono lontana, se dovessi giudicare da quello che mi dici, penserei che effettivamente… ma credo e spero che tu ti sbagli e dia corpo alle ombre, anche se ombre sostanziose ed inquietanti. 
A presto, Emma.

Mio caro, 
adesso basta. Sono veramente stanca di questo tuo atteggiamento piagnucoloso e non vorrei doverti ricordare che tutti, e sottolineo tutti, ti avevamo avvertito che non sarebbe stato facile vivere con una creatura così giovane che avrebbe potuto essere tua figlia (e anche tua nipote, io credo). Inoltre la ragazza viene da uno stato di indigenza, ha trovato un uomo affascinante, colto e ricco, capisco perfettamente come abbia deciso di venire a vivere con te; non è, quindi, lei da criticare, non credi? Spero che la tua prossima lettera, se ce ne sarà una, sia più distesa e serena. 
A presto, Emma.

Mio caro, 
sono veramente stupita e amareggiata dal tuo atteggiamento. Morire? Non ti capisco, avrei capito meglio “uccidere”, anche se eccessivo. Io rammento, e sono sicura che è così anche per te, quando mi dicevi che se ti avessi tradito mi avresti ucciso e, se protestavo, aggiungevi che dalle parti tue un “uomo d’onore” si comporta così. Sei veramente cambiato, e non in meglio. Voglio sperare che ti torni la grinta per cui eri famoso e che abbandoni questo modo di fare così perdente e lacrimoso. 
A presto, Emma.

Mio caro, 
non vorrei proprio averti dato un’impressione sbagliata. È vero che io non sono obiettiva perché ti ho molto amato ed ho molto sofferto nel vederti preferire una sciocchina, fatua, presuntuosa e, io credo, più innamorata dei tuoi soldi che di te, ma non vorrei mai spingerti a fare qualcosa di assurdo come “vendicare il tuo onore”. L’onore è il bene più prezioso, dicevi tu, ma anche saper accettare di pagare i propri errori (e tu hai certamente sbagliato) è segno di grande maturità. 
A presto, Emma.

Mio caro, 
non sto affatto cercando di dirti che devi fare il “cornuto compiacente” (sono parole tue), anzi, ma credo proprio che tu non abbia alternative. Sei troppo vecchio per riuscire a rimontare la corrente; è ovvio che quella piccola… sciagurata preferisce la compagnia e, come dire, l’attività sessuale dei suoi coetanei. La cosa più grave, quella per cui io soffro veramente è pensare che sicuramente mentre sta con gli altri riderà di te, delle tue “defaillances” (non eri uno stallone neanche da giovane), del tuo corpo appesantito e imbolsito, magari paragonandolo a quello dei suoi giovani compagni. Già, perché mi hai detto che è più di uno, vero? Soffro per te, ma non vedo via d’uscita, o almeno l’unica possibile è così… orrenda che non voglio neanche pensarci, e tu? 
A presto, Emma.

Mio caro, 
questa tua ultima lettera mi stringe il cuore. Come sei diventato pavido e vile!
L’uomo che ho conosciuto (e amato) non avrebbe mai permesso a NESSUNO di trattarlo come questa delinquente tratta te! Mi scrivi che ti tradisce e deride e tu cosa fai per vendicarti? Mi scrivi che ti manco e vorresti tornare con me, ma per farlo dovrei essere sicura che sei tornato l’uomo di una volta, quello che cavalcava il mondo e non aveva paura di nessuno. Ci sono tanti modi per uscire da questa situazione, non sarò io a suggerirteli, ma, rammenta, se sarai capace di liberarti di lei forse, ripeto forse, la nostra vita potrà tornare ad essere serena e, oso dire, felice come tu vorresti ed io rimpiango. 
A presto, Emma.

Mio caro,
ho visto le immagini ed ho letto gli articoli che riguardano il tuo colpo di testa. Devo dire che non ne sono stupita, i tempi erano maturi e di provocazioni ne hai avute tante, ma personalmente io credo che tu abbia curato una pazzia iniziale con una pazzia estrema. Quanto a venirti a trovare in prigione, credo che non sia possibile perché sto partendo per le Maldive con il mio nuovo giocattolo. Bello, giovane, forte e instancabile. Non mi illudo che mi ami, l’ho praticamente comprato (ti ho detto, mi sembra, che nel divorzio sei stato molto generoso) e, se uno dei due si stancherà, ce ne saranno altri.
A mai più, Emma.
 

Tuesday, November 4, 2025

Ildebrando Pizzetti

 


(Parma 20-IX-1880 - Rome 13-II-1968)


The son of a musician, he was very precocious as a composer, completing his studies at the Conservatory of his hometown under the guidance of G. Tebaldini. After 1901, he worked as a substitute teacher at the Regio in Parma, quickly gaining recognition with some of his compositions. From 1908, he taught at the Conservatory of Florence, which he directed from 1917 to '23, coming into contact with the Florentine circle of the "Voce." In 1924, he succeeded Gallignani as director of the Conservatory of Milan, and in 1936, he moved to S. Cecilia in Rome to teach composition in the advanced class. From 1948 to '51, he was president of the Accademia di S. Cecilia. He also worked as a music critic and as a conductor of his works.


At the beginning of the century, Pizzetti turned his attention to the problem of musical theatre, opposing melodrama and giving life to a form of "opera" based on a dynamic dramatic recitative that valorizes the data of the word by making use of forms and modules often taken from Gregorian chant and the ancient Italian polyphonic tradition. At the same time, he opposed the use of elements of language derived from recent European experiences, soon adopting conservative positions and continuing to produce on a personal path, isolated from the most vibrant part of modern Italian music. His work is marked by a profound severity of movement and a thoughtful, collected lyricism, which does not disdain elements taken from certain Italian popular music, as seen in some instrumental pieces. Pizzetti's production remains interesting above all in the theatrical field, for the novelty of the criteria that informed it (among his numerous works, we recall Fedra from 1915, Dèbora e Jaéle from 1922, and Assassinio nella Cattedrale from 1958) and in the vocal and choral field. However, he is also the author of several pieces of symphonic and concert music, including a valuable quartet and other chamber music. He has published books on the music of the Greeks, on Paganini, and various collections of essays and critical studies.



Concerto dell'estate, for orchestra (1928)


The name "concerto" is perhaps more valid for the structure of the second and third movements than for that of the first, which seems more like a formally free symphonic fresco. Here, Pizzetti even makes some concessions to orchestral colorism. Still, the material he uses remains the one for which he is known: vaguely modal lines and severe harmonies without a hint of chromatism.


The first movement, "Mattutino ('Vivace e arioso'), is the most dazzling and effective page of the Concerto; it is followed by a "Notturno" ('Largo'), where the concertante element becomes more evident in the relationship between the individual instruments and instrumental groups of the orchestra; the third movement is "Gagliarda e Finale" ('Allegro vigoroso-Largamente'), with an evident connection to the ancient Italian folk dance, which Pizzetti resolves in fidelity to the harmonic and melodic spirit of the time.

Ildebrando Pizzetti

 

 (Parma 20-IX-1880 - Roma 13-II-1968)


Figlio di un musicista, fu precocissimo come compositore, compiendo gli studi al Conservatorio della città natale con G. Tebaldini. Dopo il 1901 svolse attività di maestro sostituto al Regio di Parma, facendosi ben presto conoscere con alcune composizioni. Dal 1908 insegnò al Conservatorio di Firenze, che diresse dal 1917 al '23 entrando in contatto con il circolo fiorentino della "Voce." Nel 1924 succede a Gallignani nella direzione del Conservatorio di Milano, passando nel 1936 a S. Cecilia in Roma come insegnante di composizione alla classe di perfezionamento. Dal 1948 al '51 è stato presidente dell'Accademia di S. Cecilia. Ha svolto anche attività di critico musicale, oltre che di direttore d'orchestra di opere proprie.

Agli inizi del secolo Pizzetti rivolse la sua attenzione al problema del teatro musicale, avversando il melodramma e dando vita a una forma di " opera " basata su un recitativo drammatico dinamico che valorizza i dati della parola valendosi di forme e di moduli sovente tratti dal gregoriano e dall'antica tradizione polifonica italiana. 

Nello stesso tempo si oppose all'uso di elementi di linguaggio provenienti dalle recenti esperienze europee, portandosi ben presto su posizioni conservatrici e continuando a produrre su una via personale, isolata dalla parte più viva della moderna musica italiana. La sua opera è improntata a una profonda severità di movenze e a un pensoso e raccolto lirismo, che non sdegna elementi tratti da certa musica popolare italiana, come avviene in qualche brano strumentale.

La produzione di Pizzetti rimane interessante soprattutto in campo teatrale, per la novità di criteri che la informò (ricordiamo tra le sue numerose opere Fedra del 1915, Dèbora e Jaéle del 1922 e Assassinio nella Cattedrale del 1958) e nel campo vocale e corale. Egli è però anche autore di alcuni brani di musica sinfonica e concertistica, di un pregevole quartetto e di altra musica da camera. Ha pubblicato libri sulla musica dei greci, su Paganini, e varie raccolte di saggi e studi critici.


Concerto dell'estate, per orchestra (1928)

Il nome di "concerto" vale forse più per la struttura del secondo e del terzo tempo che non che per quella del primo, che sembra piuttosto un affresco sinfonico formalmente libero. Qui Pizzetti fa addirittura qualche concessione al colorismo orchestrale, ma il materiale di cui si serve rimane quello che gli conosciamo: linee vagamente modali, armonie severe, senz'ombra di cromatismi.

Il primo tempo, "Mattutino  ('Vivace e arioso'), è la pagina più rutilante ed efficace del Concerto; segue un "Notturno" ('Largo') dove l'elemento concertante si fa più evidente nel rapporto tra i singoli strumenti e gruppi strumentali dell'orchestra; il terzo tempo è " Gagliarda e Finale " ('Allegro vigoroso-Largamente'), con evidente allacciamento all'antica danza popolare italiana, che Pizzetti risolve in fedeltà allo spirito armonico e melodico dell'epoca.

Ildebrando Pizzetti

  


(Parma 20.9.1880 - Rom 13.11.1968)


Als Sohn eines Musikers war er ein sehr frühreifer Komponist und schloss sein Studium am Konservatorium seiner Heimatstadt bei G. Tebaldini ab. Nach 1901 arbeitete er als Substitut-Maestro am Regio in Parma und machte sich schnell mit einigen Kompositionen einen Namen. Ab 1908 unterrichtete er am Konservatorium von Florenz, das er von 1917 bis 1923 leitete und dabei mit dem Florentiner Kreis der „Voce“ in Kontakt kam. 1924 wurde er Gallignanis Nachfolger als Direktor des Mailänder Konservatoriums und wechselte 1936 als Kompositionslehrer in die Fortgeschrittenenklasse nach S. Cecilia in Rom. Von 1948 bis 1951 war er Präsident der Akademie S. Cecilia. Darüber hinaus war er als Musikkritiker und Dirigent seiner eigenen Werke tätig.

Zu Beginn des Jahrhunderts wandte sich Pizzetti dem Problem des Musiktheaters zu, indem er sich dem Melodram entgegenstellte und eine Form der "Oper" ins Leben rief, die auf einem dynamischen dramatischen Rezitativ basierte, das die Daten des Wortes aufwertet, indem es Formen und Module verwendet, die oft aus dem gregorianischen Gesang und der Antike Italienische polyphone Tradition stammen.

Gleichzeitig widersetzte er sich der Verwendung von Sprachelementen, die aus den jüngsten europäischen Erfahrungen stammten, nahm bald konservative Positionen ein und produzierte weiterhin auf einem persönlichen Weg, isoliert vom lebendigsten Teil der modernen italienischen Musik. Sein Werk zeichnet sich durch eine tiefe Strenge der Bewegung und eine nachdenkliche und gesammelte Lyrik aus, die auch Elemente aus bestimmter italienischer Popmusik nicht verschmäht, wie dies in einigen Instrumentalstücken vorkommt.

Pizzettis Produktion bleibt vor allem im Theaterbereich aufgrund der Neuartigkeit der Kriterien, die ihr zugrunde liegen (unter seinen zahlreichen Werken erinnern wir uns an Fedra aus dem Jahr 1915, Dèbora e Jaéle aus dem Jahr 1922 und Assassinio nella Cattedrale aus dem Jahr 1958) und im Gesangs- und Chorbereich interessant. Er ist jedoch auch Autor einiger symphonischer und konzertanter Stücke, eines wertvollen Quartetts und anderer Kammermusik. Er hat Bücher über griechische Musik, über Paganini sowie verschiedene Sammlungen von Essays und kritischen Studien veröffentlicht.


Sommerkonzert für Orchester (1928)

Die Bezeichnung „Konzert“ trifft für die Struktur des zweiten und dritten Satzes vielleicht eher zu als für die des ersten, der eher wie ein formal freies symphonisches Fresko wirkt. Hier macht Pizzetti sogar einige Zugeständnisse an die orchestrale Koloristik, aber das Material, das er verwendet, bleibt das, was wir von ihm kennen: vage modale Linien, strenge Harmonien, ohne einen Schatten von Chromatiken.

Der erste Satz, „Mattutino“ (‚Vivace e arioso‘), ist die schillerndste und wirkungsvollste Seite des Konzerts; ihm folgt ein „Notturno“ (‚Largo‘), in dem das konzertante Element in der Beziehung zwischen den einzelnen Instrumenten und den Instrumentalgruppen des Orchesters deutlicher wird; der dritte Satz ist „Gagliarda e Finale“ (‚Allegro vigoroso-Largamente‘), mit einer offensichtlichen Verbindung zum alten Volkstanz.
Italienisch, das Pizzetti getreu dem harmonischen und melodischen Zeitgeist auflöst.

Thursday, October 30, 2025

Caro libro ti scrivo - Lettera a Edmond Dantès - di Elisa Rubini

 

Caro libro ti scrivo

 Lettera a Edmond Dantès

 

di Elisa Rubini

 

 


 

Ti scrivo come se potessi davvero raggiungerti, oltre i secoli e le pagine, in quel mare che ti ha visto giovane marinaio e poi uomo distrutto. La tua storia mi accompagna da tempo, e ogni volta che la rileggo non è solo avventura, ma una lezione che brucia e consola insieme.

 

Ti vedo ragazzo, con il cuore gonfio di speranza e di amore. Avevi il vento dalla tua parte, una promessa di matrimonio, un futuro chiaro davanti. Eppure, la malizia degli uomini ha spezzato tutto in un attimo: la gelosia, l’invidia, la paura ti hanno tradito. Ti hanno strappato alla tua Mercedes, ai tuoi sogni, alla tua giovinezza. In pochi giorni sei passato dall’essere un marinaio libero all’essere un prigioniero senza nome.

 

Il Castello d’If è stato la tua tomba prima della morte. Eppure, dentro quelle mura, in quell’umidità che divorava le ossa, sei rinato. Lì hai incontrato l’abate Faria, che non ti ha solo regalato la mappa di un tesoro, ma ti ha consegnato l’arma più potente: la conoscenza. Ti ha insegnato a guardare il mondo con occhi nuovi, a trasformare la disperazione in lucidità, la rabbia in metodo. Quando sei evaso, non sei tornato Edmond: sei diventato Montecristo, figura enigmatica, maschera di potere, fantasma della giustizia.

 

Ti confesso, Edmond, che la tua vendetta mi affascina e mi inquieta allo stesso tempo. Ti sei fatto giudice dei tuoi nemici, li hai colpiti con precisione implacabile, senza sbagliare mai il bersaglio. Leggendoti, a volte ho esultato insieme a te, vedendo i tuoi carnefici piegarsi sotto il peso delle loro colpe. Ma altre volte ho tremato, perché mi domandavo se la vendetta non ti stesse divorando dall’interno. È possibile liberarsi davvero quando si vive per colpire chi ti ha ferito? O si rimane prigionieri, anche fuori dal Castello?

 

Eppure non ti giudico. La tua forza è stata quella di non arrenderti, di non lasciarti consumare dall’ingiustizia. Hai trasformato il dolore in energia, la solitudine in potere, la ferita in arma. In questo, sei diventato simbolo di resistenza. Ci hai mostrato che anche quando tutto sembra perduto, c’è un modo per riscrivere il proprio destino.

 

Penso spesso a come saresti oggi, in un mondo che cambia in fretta ma che continua a conoscere tradimenti, inganni e ingiustizie. Ti immagino in silenzio, seduto in un angolo, a osservare uomini e donne con quello sguardo lucido che non perdona menzogne. Forse useresti altre armi, non più pugnali o travestimenti, ma la stessa intelligenza, la stessa freddezza, la stessa capacità di leggere l’animo umano. E credo che, ancora una volta, nessuno potrebbe sfuggire al tuo giudizio.

 

C’è qualcosa però che vorrei chiederti, Edmond. Dopo aver compiuto la tua vendetta, hai trovato davvero la pace? O la rabbia ha lasciato cicatrici che non si chiudono? Io non lo so, e forse nemmeno tu potresti dirlo con certezza. Ma so che la tua storia ci mette davanti a una domanda che non smette di bruciare: quanto vale la giustizia, se ci costa la serenità?

 

Leggerti oggi significa imparare che non basta subire. Che la dignità non si chiede in dono, si conquista. Che le catene, anche quando sono invisibili, si possono spezzare. E soprattutto, che nessun torto, per quanto feroce, può definire per sempre chi siamo. Tu sei stato tradito, incatenato, annientato. Ma sei rinato, più forte, più consapevole, più libero.

 

Grazie, Edmond, perché mi ricordi che anche nei giorni più bui può nascere la forza di ricominciare. Che ogni prigione, prima o poi, può avere una via d’uscita. E che la libertà, una volta conquistata, non è solo vendetta: è la possibilità di riscrivere la propria vita.

 

Con affetto

 

 

Elisa

 

 

Friday, October 24, 2025

Tales of Life and Surroundings - by Maria Teresa De Donato - Review by Elisa Rubini

 

Tales of Life and Surroundings

A collection of short stories by Maria Teresa De Donato

 

Review by Elisa Rubini

 



Some books arrive silently and then stay with you, like a voice you can't stop hearing. Tales of Life and Surroundings is like that. A collection of twenty short stories that don't claim to change the world, but that touch you inside, leaving you with something specific: the feeling of having shared a piece of real life.

 

The first impression, reading, is one of warmth. You find no rigid constructions, no detachment. You see empathy, you find the desire to communicate. Maria Teresa De Donato writes with a close, almost familiar tone and seems to speak directly to you. Each story transports you to a different atmosphere, but the voice remains constant: sincere, affectionate, never cold.

 

The twenty stories have it all: the humor that emerges from minor, everyday incidents, the nostalgia that doesn't hurt but consoles, the irony that lightens, and then the tenderness that arrives suddenly. Read and you feel like you're reliving your own moments. Sometimes you laugh, sometimes you find yourself thinking about something you'd forgotten, sometimes you're moved. This is a sign that writing works, because it triggers memories and thoughts.

 

The central theme, the one that always returns, is encounters with others. Not exceptional encounters, but everyday ones: a conversation, a journey, an unexpected gesture. Every person who enters your life leaves a mark, and the stories demonstrate it. There's a constant exchange, both cultural and human, that turns into richness. It's a simple and powerful message: alone we survive, but together we truly live.

 

Nostalgia pervades many pages, but it's not regret. It's a grateful memory. Memories that, from a distance, take on a new meaning, scenes that seemed small now appear as lessons. This nostalgia doesn't crush you; it warms you. It's proof that even seemingly insignificant moments, viewed in hindsight, are precious gems.

 

And then there's lightness. Not the banal kind, but the kind that allows you to face serious things without heaviness. The author knows how to balance her tone: she makes you smile where it matters, she makes you reflect without weighing you down, and she reminds you that laughing and crying are often two sides of the same experience. Some stories seem like little comic sketches, but behind them, they always hide a lesson, a nuance that endures.

 

The style is simple, direct, and straightforward. There are no unnecessary artifices, no attempt to impress with complicated words. It's a language that brings people together, making stories accessible to everyone. This clarity is a rare quality: the writing never shows off, but rather leaves room for stories and emotions.

 

A subtle thread runs through the entire collection: the invitation to live consciously. "Carpe diem" here isn't an overused slogan, but a proper approach to life. See the world with new eyes, like a child in wonder, never stop learning. This message returns, in different forms, to multiple stories. And it's what stays with you once you close the book.

 

Variety is another strong point. Some stories are quick, intense, like flashes of lightning. Others are longer, giving you time to delve into the details. This alternating pace keeps your attention and allows you to modulate your reading: you can enjoy one story at a time, or let yourself be drawn into a sequence. Either way, there's no monotony.

 

Another merit of the collection is the balance between lightness and depth. It never slips into rhetoric, but it never remains superficial either. Every story, even the shortest, leaves something behind. Sometimes it's a smile, sometimes a reflection, a memory that resurfaces. It's proof that the short story still has enormous power, even if it's often underestimated.

 

When you reach the last page, you're left with more than just the memory of individual episodes. You're left with an overall feeling: an invitation to live better, with attention, and with openness toward others. This is the gift of the book. Not just entertainment, but a companion that reminds you to stop, observe, and breathe life in all its forms.

 

Tales of Life and Surroundings is a warm, comforting, and entertaining read. It's a book you can read in one sitting or keep on your bedside table, to open now and then when you need a little light. It's simple and profound at the same time. It's authentic.




 

Racconti di Vita e Dintorni - di Maria Teresa De Donato - Recensione di Elisa Rubini

 

Racconti di Vita e Dintorni

Raccolta di Racconti di Maria Teresa De Donato

 

Recensione di Elisa Rubini

 



Ci sono libri che arrivano silenziosi e che poi ti restano dentro, come una voce che non smetti di sentire. Racconti di Vita e Dintorni è così. Una raccolta di venti racconti che non hanno la pretesa di cambiare il mondo, ma che sanno toccarti dentro, lasciandoti qualcosa di preciso: il senso di aver condiviso un pezzo di vita vera.

La prima impressione, leggendo, è di calore. Non trovi costruzioni rigide, non trovi distacco. Trovi empatia, trovi il desiderio di comunicare. Maria Teresa De Donato scrive con un tono vicino, quasi domestico, e sembra parlarti direttamente. Ogni racconto ti porta in un’atmosfera diversa, ma la voce resta costante: sincera, affettuosa, mai fredda.

Dentro i venti racconti c’è di tutto: l’umorismo che scivola fuori dai piccoli incidenti quotidiani, la nostalgia che non fa male ma consola, l’ironia che alleggerisce, e poi la tenerezza che arriva all’improvviso. Leggi e ti sembra di rivivere momenti tuoi. A volte ridi, a volte ti ritrovi a pensare a qualcosa che avevi dimenticato, a volte ti commuovi. È il segno che la scrittura funziona, perché ti mette in moto ricordi e pensieri.

Il tema centrale, quello che ritorna sempre, è l’incontro con gli altri. Non gli incontri eccezionali, ma quelli di ogni giorno: una conversazione, un viaggio, un gesto inaspettato. Ogni persona che entra nella vita lascia un segno, e i racconti lo dimostrano. C’è uno scambio costante, culturale e umano, che diventa ricchezza. È un messaggio semplice e forte: da soli si sopravvive, ma insieme si vive davvero.

La nostalgia attraversa molte pagine, ma non è rimpianto. È memoria grata. Ricordi che a distanza assumono un valore nuovo, scene che allora sembravano piccole e che oggi appaiono come insegnamenti. Questa nostalgia non ti schiaccia, ti scalda. È la prova che anche i momenti apparentemente insignificanti, guardati col senno di poi, sono pietre preziose.


E poi c’è la leggerezza. Non quella banale, ma quella che permette di affrontare cose serie senza pesantezza. L’autrice sa dosare i toni: ti fa sorridere dove serve, ti fa riflettere senza appesantire, ti ricorda che ridere e piangere spesso sono due facce della stessa esperienza. Ci sono racconti che sembrano piccole scenette comiche, ma dietro nascondono sempre un insegnamento, una sfumatura che resta.


Lo stile è semplice, diretto, limpido. Non ci sono artifici inutili, non c’è voglia di stupire con parole complicate. È un linguaggio che avvicina, che rende i racconti accessibili a tutti. Questa chiarezza è un pregio raro: la scrittura non si mette mai in mostra, ma lascia spazio alle storie e alle emozioni.


Un filo sottile attraversa l’intera raccolta: l’invito a vivere con consapevolezza. “Carpe diem” qui non è uno slogan abusato, ma un vero approccio alla vita. Guardare il mondo con occhi nuovi, come un bambino che si meraviglia, non smettere mai di imparare. Questo messaggio ritorna, in forme diverse, in più racconti. Ed è ciò che ti resta dentro una volta chiuso il libro.


La varietà è un altro punto forte. Alcuni racconti sono rapidi, intensi, come lampi. Altri sono più lunghi, ti danno tempo per entrare nei dettagli. Questo ritmo alternato mantiene viva l’attenzione e ti permette di modulare la lettura: puoi gustare un racconto alla volta, oppure lasciarti trascinare in sequenza. In entrambi i casi, non c’è monotonia.

Un altro merito della raccolta è l’equilibrio tra leggerezza e profondità. Non si scivola mai nella retorica, ma non si rimane mai in superficie. Ogni racconto, anche il più breve, lascia qualcosa. A volte è un sorriso, a volte una riflessione, a volte un ricordo che riaffiora. È la prova che il racconto breve ha ancora una forza enorme, anche se spesso viene sottovalutato.


Quando arrivi all’ultima pagina, non ti resta solo la memoria dei singoli episodi. Ti resta un sentimento complessivo: l’invito a vivere meglio, con attenzione, con apertura verso gli altri. È questo il dono del libro. Non solo intrattenimento, ma un compagno che ti ricorda di fermarti, osservare, respirare la vita in tutte le sue forme.

Racconti di Vita e Dintorni è una lettura che scalda, che consola, che diverte. È un libro che puoi leggere tutto d’un fiato o che puoi tenere sul comodino, da aprire ogni tanto quando hai bisogno di ritrovare un po’ di luce.
È semplice e profondo allo stesso tempo. È vero.