Monday, September 4, 2023

Donna, ovvero ‘L’Altra Metà del Cielo’ - Intervista a Fiori Picco - di Maria Teresa De Donato

 Donna, ovvero ‘L’Altra Metà del Cielo’

Intervista a Fiori Picco, Sinologa, Autrice, Editrice

 

di Maria Teresa De Donato



 

Carissimi lettori e lettrici, oggi ho il piacere di ospitare di nuovo la cara amica e collega Autrice, Editrice e Sinologa, Fiori Picco, che è vissuta per ben otto anni nello Yunnan, in Cina.

Tantissimi sono i temi e gli interessi che ci accomunano ed altrettanti quelli emersi dalla mia lettura dei suoi tre romanzi che ho avuto il piacere anche di recensire, ossia Giada Rossa – Una vita per la libertà, YAO, ed Il Circolo delle Donne Farfalla – Mugao e Bhaktu.

Auguro a voi tutti, quindi, una buona lettura!

 



MTDD: Ciao, Fiori, e benvenuta sul mio Blog e Salotto Culturale Virtuale. È un grande piacere averti di nuovo mia ospite.

FP: Ciao, Maria Teresa, grazie a te per questa nuova intervista.

 

MTDD: Nella nostra precedente intervista, tra le tante domande, ti avevo chiesto se, in base alla tua esperienza, essendo vissuta a lungo in Cina, avessi notato delle differenze tra il mondo occidentale e quello orientale per quanto riguarda al concetto di “libertà”. La tua risposta era stata tanto interessante quanto profonda, qualcosa su cui vale la pena riflettere. Coloro che non avessero avuto la possibilità di farlo potranno conoscere il tuo pensiero e molti aspetti interessanti del ‘Pianeta Cina’ andando a leggere la nostra intervista Giada Rossa – Una vita per la libertà - di Fiori Picco - Intervista di Maria Teresa De Donato .

Oggi, invece, vorrei approfondire con te un altro tema che è emerso sia da quella nostra intervista, sia proprio dalla lettura delle tue tre pubblicazioni appena menzionate.  Mi riferisco alla Donna vista, dalla cultura cinese dall’era di Mao Tse Tung in poi, come “L’Altra Metà del Cielo”.

Prima di avventurarci nella trattazione di questo tema, vorrei, però, soprattutto per coloro che non ti conoscessero né avessero letto questi tuoi libri, considerare alcuni aspetti emersi proprio dalle tue pubblicazioni. Mi riferisco ad alcune tradizioni, molto particolari legate al mondo femminile, a volte difficili da capire soprattutto per un occidentale.

Il primo aspetto che vorrei che tu spiegassi ai nostri lettori riguarda l’usanza del popolo Dulong (o ‘Derung’) di sottoporre tutte le ragazze della loro tribù al rituale Bhaktu attraverso il quale veniva inciso, in maniera indelebile ed altrettanto dolorosa, il tatuaggio Mugao, rappresentante una gigantesca farfalla che, di fatto, andava a ricoprire il loro intero viso.

Di cosa si trattava esattamente e soprattutto – senza rivelare troppo – quale ne era lo scopo?

FP: Nei secoli e fino alla prima metà del Novecento le adolescenti di etnia Dulong venivano sottoposte a Bhaktu, un rituale barbaro che sfigurava i loro visi lasciando impressa una farfalla tatuata di nome Mugao. Era un totem della tribù e serviva a preservare le donne da rapimenti e soprusi da parte di altri popoli. I padri convincevano le figlie a sottoporsi al rituale dando loro motivazioni diverse tra cui la garanzia di una vita eterna dopo la morte. Mugao era considerata una creatura celeste che spalancava le porte dell’immortalità. Questa era la motivazione mistica, ma c’era anche l’aspetto sociale ovvero una donna senza il tatuaggio facciale non trovava marito in quanto non era considerata bella e femminile. In realtà le motivazioni erano legate all’incolumità e alla sopravvivenza della tribù.

 

MTDD: Un secondo aspetto, sempre legato ad una tradizione se non millenaria quantomeno secolare, era quello dei ‘piedi piccoli’ che fu imposto a lungo alle donne cinesi sin dalla più giovane età.

Puoi spiegarci in cosa consistesse, come e perché nacque, e quando fu finalmente eliminato?

FP: In quasi tutte le dinastie cinesi che si sono susseguite l’usanza dei piedi fasciati fu perpetrata a discapito delle donne. Alle bambine di tre/quattro anni venivano rotte le dita dei piedi, piegate verso il tallone e fasciate strettamente per impedirne la crescita e dare forma ai famosi “gigli dorati”, appuntiti e lunghi massimo otto centimetri. La tortura era praticata dalle madri e portava a setticemie, cancrene e in alcuni casi anche alla morte. Questa usanza nacque perché gli uomini abbienti amavano usare i piedini delle mogli per soddisfare piaceri personali e le madri delle fanciulle speravano che le figlie facessero un ottimo matrimonio. Le donne erano considerate merce di scambio, non potevano lavorare, non erano indipendenti. Per le famiglie erano solo un peso. Per questo, più piccoli erano i piedi più le ragazze avevano la certezza di trovare un buon partito. L’impossibilità di camminare normalmente e i forti dolori alla schiena e alle gambe impedivano alle donne di scappare o di ribellarsi alla famiglia del marito. Nelle campagne inizialmente le ragazze avevano piedi liberi e sani; poi si pensò di fasciarli anche a loro per dare maggiori opportunità. Questo fino ai primi del Novecento. Con la società socialista queste usanze vennero abolite e bandite e le donne da allora furono libere.   

 

MTDD: Ci sono documenti storici che fanno riferimento a questa tradizione in particolare di cui tu sei a conoscenza e che indicherebbero che tale usanza veniva applicata a donne di ogni classe sociale, regione, ed ambiente?

FP: Su questo argomento sono stati scritti numerosi libri e saggi e sugli Annali storici delle varie dinastie possiamo leggere testimonianze; su internet troviamo diverse foto delle varie epoche che testimoniano la condizione delle donne. Sono visibili i loro piedini e la difficoltà nel deambulare. Inizialmente, ad avere i gigli dorati erano solo le ragazze di famiglie altolocate, in seguito anche le contadine si adeguarono sperando in una vita migliore. L’usanza era diffusa in tutta la Cina, tranne in Manciuria, dove gli uomini amavano i piedi grandi e al naturale.

 

MTDD: Quando mi hai menzionato il concetto di “Donna” quale “Altra Metà del Cielo”, ne sono rimasta affascinata, anche se non stupita. Questa definizione mi ha fatto pensare subito, infatti, al segno taoista di Yin e Yang: gli opposti che si completano in maniera assolutamente armonica. Potremmo dire che rendono anche l’idea di ‘Perfezione nell’Universo.’

Potresti elaborare questo concetto e soprattutto spiegare il riferimento a Mao Tse Tung?

FP: Prima della Repubblica Popolare Cinese, fondata nel 1949, le donne erano sottoposte al volere degli uomini, erano ridotte in schiavitù e le ragazze più povere venivano cedute ai “giardini fioriti” (bordelli) o come concubine senza alcun diritto. Le prime mogli dei mandarini usavano i corpi delle giovani concubine per avere figli maschi di cui poi si appropriavano. Spesso le poverette venivano anche uccise e gli omicidi rimanevano impuniti. I mandarini esercitavano tutti i poteri. Mao Tse Tung riportò all’ordine la società corrotta e diede parità alla donna chiamandola “l’altra metà del Cielo”, ovvero una creatura da amare e da rispettare. Durante l’epoca maoista uomini e donne erano uguali sotto l’aspetto sociale e, addirittura, anche nel lavoro, svolgevano le stesse mansioni. Il concetto di yin e di yang da sempre fa parte della tradizione cinese, in particolare della filosofia taoista. Maschile e femminile si uniscono creando la perfezione. Per un ideale equilibrio, le parti devono essere bilanciate in egual misura altrimenti ci saranno scompensi.

 

MTDD: In Giada Rossa, la madre della protagonista “non si era voluta adagiare, nemmeno quando il marito aveva avviato l’attività commerciale” (p. 18) e malgrado l’incoraggiamento del marito a rallentare restando in casa ed occupandosi solo della famiglia lei non aveva accettato dichiarando: “Se la donna moderna in base alle ideologie maoiste è diventata l’altra metà del cielo, conquistando la parità, deve rimboccarsi le maniche e dimostrare di essere parte attiva e produttiva della società!” (p. 19)

Il concetto di Donna, quale ‘altra metà del cielo’, sembra aver avuto delle implicazioni non solo culturali ma anche e soprattutto sociali e politiche.

Potresti elaborare questo quadro?

FP: Le donne cinesi, in base alle direttive del Partito, si sono sempre attivate per contribuire all’economia e allo sviluppo della nuova società. La mamma di Giada Rossa ne è un esempio: donna umile e in difficoltà, ha lavorato come manovale di cantiere mantenendo i figli. Svolgendo un lavoro pesante e pericoloso, ha dovuto sopperire alla mancanza di un marito che si occupasse della famiglia. Questa è la situazione di tante donne cinesi, soprattutto delle campagne.

 

MTDD: Quali sono le principali differenze, per quanto riguarda la veduta ed il ruolo della donna, prima e dopo la Rivoluzione Cinese? Cosa è cambiato esattamente in Cina e come?

FP: Prima del 1949, esclusi rari casi, le donne erano analfabete, non avevano potere decisionale, erano sfruttate dai mariti e dalle suocere molto spesso dispotiche e crudeli. Dopo la Rivoluzione si sono riscattate trovando il loro posto nella società. Ora tante sono laureate, fanno carriera, occupano cariche di rilievo e alcune guadagnano più dei mariti. Molte si spostano dalle campagne per lavorare in città.  Di carattere sono determinate, grintose e ambiziose.

 

MTDD: In Giada Rossa, sia la protagonista sia sua madre emergono come Donne (con la D maiuscola): forti, coraggiose, determinate; donne che affrontano ogni tipo di sacrificio e di prova a testa alta; che hanno avuto uno stile di vita “spartano ed essenziale” caratterizzato da “povertà ma molto dignità” (Picco, 2020, p. 15).

Tutte le donne cinesi che ho conosciuto sembrano avere anche loro queste caratteristiche. Non deve essere casuale.

Possono, quindi, tali caratteristiche essere il frutto anche e soprattutto della cultura cinese ed anche dell’insegnamento e dell’educazione impartiti non solo dalle famiglie, ma anche dal sistema di istruzione?

FP: In Cina il sistema scolastico è più rigido rispetto al nostro occidentale, si fatica per ottenere meriti e per accedere alle graduatorie di inserimento nelle università. Solo chi dà il massimo può essere ammesso alle università di prestigio che selezionano gli allievi e li inviano ai vari atenei. I voti e la condotta influiscono sul futuro professionale. Questo vale per uomini e donne. Pertanto sacrificio e applicazione fanno parte del DNA cinese.

 

MTDD: Da tanti anni in Occidente, quindi, anche in un Pease come l’Italia, si parla di “parità”, di “pari opportunità” e concetti simili anche se, a mio modesto avviso, il tutto si potrebbe sostituire con il concetto di “giustizia sociale” che, senza far riferimento al genere di appartenenza, abbraccia, di fatto, tutto e tutti.

Da questo punto di vista, qual è la situazione in Cina?

FP: In Italia è raro trovare un primario d’ospedale donna, in Cina è la normalità. In otto anni di vita a Kunming, considerata una città ancora arretrata rispetto a Pechino o a Shanghai, nei reparti ho visto in prevalenza primari donne. Le donne ricoprono cariche importanti nei settori giudiziario, amministrativo e governativo.   Il potere politico è ancora in prevalenza in mano agli uomini.

 

MTDD: Ci sono altri aspetti importanti in merito alla Donna quale “altra metà del cielo” che meritano di essere approfonditi, o quantomeno menzionati, e che non sono ancora emersi in questa nostra intervista e di cui, invece, sarebbe opportuno parlare?

FP: Alcune caratteristiche della mentalità cinese restano radicate malgrado le epoche diverse. In passato c’erano le suocere autoritarie che disponevano della vita e della morte delle nuore; oggi le madri vogliono ancora decidere sulle scelte sentimentali e sul futuro professionale dei figli ormai maggiorenni. Tutt’oggi vale ancora il detto “quando ci si sposa, bisogna considerare innanzitutto la parità di ceto sociale tra le famiglie”. I figli non osano ribellarsi ai genitori e, quando lo fanno, non hanno vita facile. Ho visto diverse spose relegate in una camera da letto da cui non uscivano mai, consumando i pasti e guardando la TV all’interno perché, non essendo gradite alle suocere, non potevano apparire nella stessa casa.

In misura minore anche le nuore maltrattano le suocere. Tutto senza che i maschi prendano una posizione.

La parità di genere ha rafforzato il carattere risoluto delle donne cinesi che, in molti casi, amano prevaricare.

Nel romanzo Giada Rossa il personaggio di Meimei, la “sorellina”, è il tipico esempio di una donna spietata che diventa un tiranno e si accanisce contro la nuora inerme.

 

MTDD: Grazie, Fiori, per essere stata qui con noi oggi. Sarò ben lieta di averti ancora come mia ospite in futuro.

Vogliamo ricordare ai nostri lettori come contattarti e come acquistare le tue pubblicazioni?

FP: Grazie, Maria Teresa, è sempre un piacere parlare con te.

I miei libri hanno distribuzione globale grazie ad Amazon e sono acquistabili nei principali Paesi europei, negli Stati Uniti e in Giappone. Lascio alcuni link:

 

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