Meravigliosa Italia:
Gustando Rovigo e la sua cucina con Maria
Cristina Buoso (Sesta Parte)
di Maria Teresa De Donato
Amici carissimi,
un nuovo anno è iniziato e l’amica e collega autrice e blogger Maria Cristina Buoso è venuta di nuovo a trovarci con altre
informazioni interessanti sulla sua Rovigo.
Godiamoci, dunque, anche se solo virtualmente, la
sua città e qualche altra prelibatezza della cucina locale.
Buona lettura!
MTDD:
Ciao, Maria Cristina, e grazie per essere di nuovo qui con noi oggi.
MCB:
Grazie a te, Maria Teresa. È sempre una piacere essere tua ospite.
MTDD:
Maria Cristina, di quale aspetto o evento che riguarda la tua amata città vuoi
parlarci oggi?
MCB: Oggi ho pensato di
parlarvi della Fiera di Rovigo.
La Fiera di
Rovigo, nota come Ottobre Rodigino, si ripete da oltre
cinquecento anni e rappresenta un'importante occasione di commercio e aggregazione
sociale per la città.
Cercherò di
accennarvi alcuni passaggi essenziali della sua storia perché è abbastanza
articolata e lunga.
MTDD:
Prego. Raccontaci tutto.
MCB:
La Fiera di Rovigo nasce nel 1482, anno in cui la
città passò sotto il controllo della Serenissima, prima era sotto il
dominio estense che aveva esasperato la città con un malgoverno duro e violento.
I cittadini, così, si rivolsero al doge Giovanni Mocenigo per
sottomettersi volontariamente al dominio della Serenissima e sperare in una
vita meno pesante.
Per centinaia di
anni è stata una delle fiere più importanti del Veneto e dal 1487, la data fu spostata più volte per favorire i mercanti
veneziani e per permettere ai contadini e commercianti di avere le loro merci
in tempo per portarle alla fiera. Nel 1524, su ‘richiesta’ dei mercanti di
Venezia, la data venne fissata al 20 di ottobre con inizio alle 14 per un arco
di 8 giorni; era famosa anche per i cavalli e i bovini di razza selezionata di
proprietà dei nobili.
MTDD:
Come era organizzata?
MCB:
Le botteghe erano in mezzo alla piazza e sotto i
portici, inoltre, c’erano anche manifestazioni musicali nel Teatro Lavezzo
(oggi Teatro Sociale).
Nel 1669 fu
istituito il “mercato franco”, chiamato così perché quel giorno era
libero da dazi e gabelle, che gli espositori pagavano per gli spazi occupati (in
dialetto “Marti Franco”). Si decise che il giorno del mercato franco fosse il
primo martedì dopo il 20 ottobre.
La fiera, in quel
periodo storico, aveva un ruolo importante di aggregazione anche per gli ebrei
che vivevano in città perché gli permetteva di commerciare in quei giorni come tutti. Agli ebrei, infatti, il commercio era vietato per
tutto il resto dell’anno.
Negli anni e
secoli successivi ci furono molti e diversi cambiamenti: si passava dalla corrida
con i tori per la vie cittadine (nel ‘500 circa) alla passione del
melodramma (nel ‘600) e tante altre particolarità che vi invito a leggere nei
vari link che lascio alla fine come al solito.
MTDD:
Ci sono stati cambiamenti nel tempo?
MCB:
Sì. In tempi più recenti la fiera è diventata aperta a
tutta la famiglia per vari motivi. Si poteva acquistare merci ad un prezzo
inferiore rispetto al negozio e trovarne altre che difficilmente si trovano
nelle varie botteghe cittadine. I bambini andavano sulle giostre mentre i
genitori si perdevano tra le bancarelle che partivano dalle piazze principali
della città fino al piazzale dove si trovavano le giostre. I padri spesso si
fermavano ad ammirare i macchinari legati all’agricoltura; c’era molto
movimento e tanta gente per le strade.
In questi ultimi
anni la fiera ha subito altri cambiamenti, sia logistici che di costume.
Il piazzale dove
si trovano le giostre adesso è la sede della Questura nuova e queste sono state
spostate davanti al Censer, ex zuccherificio.
Le bancarelle che
iniziavano da piazza Garibaldi e raggiungevano il piazzale dove si trovavano le
giostre sono scomparse. Molte hanno cambiato zona, altre non sono più venute. Il
Covid ha contribuito, insieme alla crisi energetica di quest’anno, a ridurre
drasticamente il numero dei partecipanti.
Ma rimane sempre
un appuntamento festoso che tutti aspettano sperando di divertirsi da soli o in
compagnia.
https://rovigo.italiani.it/fiera-di-ottobre/
https://www.ventaglio90.it/la-fiera-di-rovigo-un-evento-che-risale-al-1482/
https://www.rovigoinfocitta.it/marti-franco.-a-rovigo-la-tradizione-di-ottobre/
MTDD:
Purtroppo l’emergenza che c’è stata ha causato non pochi problemi anche
all’economia, e questo a livello mondiale. Sono felice di sapere che, malgrado
tutto, Rovigo ha mantenuto più o meno intatta questa sua antica tradizione.
Passando ad
altro... Immagino tu voglia proporci un’altra succulenta ricetta della tua
città.
MCB:
Infatti, non ti sbagli! 😊
MTDD:
Con cosa ci delizi oggi?
MCB:
Con la polenta infasolà.
RICETTA
La polenta infasolà
(polenta con i fagioli)
Piccola premessa:
la polenta in Polesine ed in Veneto è molto importante e nel periodo invernale
è abbinata a tantissimi piatti. Se non ricordo male, vi ho già parlato un po’
di come la polenta sia molto importante nel Veneto e a Rovigo.
Questa ricetta è
talmente comune che cambia nome a seconda del posto in cui viene fatta: a
Venezia, per esempio, si chiama sughi dei fasioi (in italiano fagioli).
Ci sono diverse
variazioni, io vado a memoria...
Per 4 persone,
occorrono più o meno 300 gr. di fagioli secchi, ma potete anche abbondare se
volete (a casa mia si va ad occhio non li pesiamo mai). 😊
Di solito sono i borlotti:
si lasciano in ammollo in acqua 12 ore (una notte) o anche 24 ore. A casa mia di solito una notte abbondante.
Adesso vi scrivo
due varianti, scegliete voi quella che preferite a vostro gusto.
Nella prima versione
Aggiungete ai
fagioli alloro e aglio; fate bollire per circa 2 ore insieme a costicine e
zampetto di maiale. Al termine della cottura la carne viene tolta
dalla pentola e spolpata, Il brodo viene usato per fare la “polenta infasolà” .
La polenta “Infasolà”:
nel brodo si getta a caldo la farina gialla, tenendo presente che sia poco meno
della misura prevista per la polenta classica; si mescola nel paiolo
ed alla fine (ultimi 10 minuti circa) si versa una quantità di fagioli
interi e pepe q.b. servendo poi in una
placca.
Unite la carne
tolta prima.
Nella seconda versione
A parte mettete in una padella un battuto di pancetta pestata
(circa 100 gr.) con olio e mezza cipolla
tritata (se volete potete usare anche del burro) e aggiungete abbondante acqua,
sale e alcune foglie di rosmarino e salvia e i fagioli.
Una volta che tutto è pronto (circa 3 ore) riducete
l’acqua se è troppa e aggiungete la farina di mais a pioggia (circa 3 etti) e
mescolate il tutto fino a quando non è pronta (30/45 minuti circa). È buona sia
calda che fredda.
Se lo desiderate, come alternativa, all’acqua dove avete
cotti i fagioli potete aggiungere la farina della polenta.
Di sicuro in rete troverete altre versioni. Sono anni
che non la mangio e ho cercato di ricordarla meglio che ho potuto.
Io, comunque, preferisco la prima versione e voi?
https://www.veneziepost.it/la-polenta-infasola-e-i-papaiti/
https://rovigo.italiani.it/la-polenta-infasola-la-semplicita-e-il-gusto-per-tutti/
https://www.dolcidee.it/ricette/dolcine/polenta-infasola
MTDD:
Grazie Maria Cristina per averci descritto la Fiera di
Rovigo e per la ricetta che ci hai presentato oggi.
MCB:
Grazie, Maria Teresa. Spero che i nostri lettori
possano gustare non solo l’articolo, ma soprattutto la polenta preparata in
questo modo.