Ascoltare
il Mondo… per poterlo raccontare
Intervista
a Vinicio Salvatore Di Crescenzo
di
I social sono una grande
opportunità ai nostri giorni, soprattutto quando usati onestamente, con uno
spirito di empatia, solidarietà umana e condivisione.
Questo è lo spirito con
cui io personalmente li approccio e sono felicissima quando mi imbatto in anime
altrettanto sensibili, colte, intelligenti ed oneste intellettualmente. Non
perché mi consideri speciale, ma perché credo che tale attitudine e tale
spirito favoriscano ed incoraggino la creazione di rapporti umani,
professionali ed anche amichevoli sani e costruttivi, basati sul rispetto,
sulla stima reciproca e su una veduta comune che in qualche modo contribuisce
alla formazione di una Mondo migliore.
Questa è stata la mia
esperienza con tantissimi colleghi, autori, scrittori, poeti, artisti e non solo
con cui sono entrata in contatto, alcuni dei quali ho ospitato ed ospiterò
ancora in questo mio Salotto Culturale Virtuale.
Tra i numerosi volti che
hanno contribuito ad arricchire la mia vita umanamente, spiritualmente e
culturalmente, c’è sicuramente Vinicio Salvatore Di Crescenzo che ho l’onore di
considerare collega ed amico e che vi presento oggi.
MTDD: Ciao Vinicio e
Benvenuto in questo mio Salotto Culturale Virtuale. Grazie per essere qui con
noi.
VSDC: Grazie a te per la gentile ospitalità.
MTDD: Vinicio,
perché non inizi con il presentarti ai nostri lettori parlandoci di chi sei, da
dove vieni, studi ed esperienze professionali e non, o qualsiasi altra cosa ti
senti di condividere con il nostro pubblico?
VSDC: Con
piacere Maria Teresa. Mi ritengo essere anzitutto un ambizioso cercatore di
emozioni dentro questo meraviglioso mondo che ci ospita. Si, perché questa
manifestazione, fra le massime espressioni del sentimento umano, non sempre giunge
spontanea a farsi riconoscere, piuttosto siamo noi, attraverso l’uso della
nostra sensibilità, a darle un corpo e
un giusto ruolo nella sfera intima e privata della nostra vita. Sono nato a Fondi, un antichissimo comune in
provincia di Latina, fondato – pensate
un po’ – addirittura nel IV secolo a.C., qualche decina di anni dopo Roma per
intenderci e, seppur emigrato a Roma con la mia famiglia fin dall’età di circa dieci
anni, mi sono sempre sentito fortemente legato e stimolato, soprattutto a
livello artistico, dalla mia terra. Un territorio dalle effervescenti manifestazioni
naturali dove convivono mare, collina, lago e montagna in un tripudio di colori
intrisi di profumi dal tipico sapore mediterraneo. Ma è soprattutto, un
territorio che ha visto crescere e maturare i fratelli Giuseppe e Pasqualino De Santis,
rispettivamente regista e direttore della fotografia. Pittori d’arte quale
Domenico Purificato. Il poeta e scrittore Libero de Libero e ancora, personaggi del mondo dello spettacolo passato
e presente che evito di elencare per motivi di spazio. Evidente quindi, che questo
corollario di spunti naturali ricco e affascinante a cavallo tra mezzogiorno e
centro Italia, ha stimolato ed esaltato molti dei tratti creativi individuali dei
miei concittadini, e nelle più diverse discipline artistiche. Aggiungerei in
questo contesto, che non è certo un caso, se gran parte dei miei componimenti
sono riferiti soprattutto alla natura, pur se integrati da storie che
riguardano cultura e società, abitudini e condizioni di vita delle famiglie che
hanno caratterizzato la seconda metà del 900, in un’Italia in piena crescita economica.
E tutto questo, senza mai perdere di vista il “mos maiorum”, le tradizioni e i costumi, cioè tipici degli antenati
della mia terra, e che ancora oggi si potrebbe definire contadina.
MTDD: Sin dall’infanzia
hai mostrato una particolare inclinazione verso le arti ad iniziare dalla
Musica e dalla Pittura.
Vorresti parlarcene?
VSDC: La
musica è da sempre il mio più grande amore dopo la poesia. Iniziai quasi per
caso a studiarla poichè mio padre, stregato dalla fisarmonica, l’acquistò pur
conscio che nessuno, almeno nell’immediato, potesse darle voce. Il mio primo insegnante
di musica, era un componente del Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
di Roma, al quale devo molto per come mi ha presentato e fatto conoscere il
mondo della musica e del canto. Con lui, ho mosso i primi passi nel fantastico pianeta
delle note, del pentagramma e del suono inteso come rifugio dei pensieri e
della mente, continuando poi da solo e per molto tempo ancora con passione. Fisarmonica, chitarra, organo e, per finire,
pianoforte. Il mio approccio con questi strumenti musicali era spesso una sfida,
la cui vittoria, era rappresentata dalla certezza di aver dato loro un’anima e
una voce. Più in generale, ogni attività che implicasse una buone dose di
inventiva e fantasia stimolava in me la voglia di progettare, di creare
appunto. Proprio per questo, attratto anche dalla pittura che da sempre mi
aveva incuriosito, frequentai la bottega di
un anziano pittore sabino dove appresi i primi rudimenti di quest’arte
antica. Sotto i suoi consigli, imparai a
trattare colori ad olio, tele e pennelli, come fossero l’anima che dava vita
alle immagini del mondo che volevo riproporre fedelmente così come “lette” dai
miei occhi. La poesia e la pittura, due espressioni artistiche che ho sempre
amato combinare: “La pittura è una poesia
muta e la poesia è una pittura cieca”, così affermava Leonardo Da Vinci
individuando nella fusione delle arti innovazione e fantasia. Forse proprio per
questo trovo straordinariamente affascinante amalgamare queste discipline anche
con la musica in un’unica espressione: una poesia dai colori vivi e da una
musicalità che scorre lieve attraverso le parole.
MTDD: Complimenti per
questo tuo interessantissimo percorso. In quale preciso istante della tua vita
la Poesia ha fatto capolino e perché hai finito con il considerarla “La tua
massima espressione creativa?”
VSDC:
In realtà, pur dilettandomi anche in altre discipline, ho sempre messo in primo piano la
mia necessità più esuberante. Quell’attività che meglio riusciva a estrapolare
dal mio mondo interiore sensazioni ed esperienze già vissute: la poesia. Ho iniziato a scrivere in età adolescenziale
perché volevo fissare sulla carta, attraverso l’analisi della mia coscienza,
ciò che riuscivo a percepire. Sembrava quasi fosse una necessità impellente.
Poi le parole. Quelle parole che si presentavano a dare corpo ad ogni mio pensiero
e che correvano leggere lungo le righe sulla carta. Un’operazione fluida e
appagante che si compiva quasi senza esitazioni. Scrivevo per me naturalmente,
per rileggermi magari dopo qualche settimana o dopo qualche mese addirittura. E
la magia di tutto questo stava nell’emozionarmi ogni volta che lo facevo, come
fosse stata la poesia di un altro che mai avevo letto. Scrivevo per sana e
semplice passione, senza pensarci troppo, come del resto facevano un po’ tutti
quelli della mia età. Chi non possedeva un piccolo diario super segreto dove
annotava i suoi pensieri più intimi e importanti? Ho capito che la poesia
sarebbe diventata la mia fonte creativa che più di tutte poteva dare sfogo alla
mia voglia di creare, nel momento in cui mi sono accorto che lo studio e la
ricerca nel comporre versi, mi apparivano più semplici e spontanei. L’ho
capito, quando creare immagini attraverso le parole utilizzando i lessemi più efficaci
era diventato quasi un gioco, e la purezza dei pensieri il mio traguardo.
MTDD: So che all’attivo
hai una vasta produzione letteraria. Cosa puoi dirci al riguardo?
VSDC: Nonostante
abbia iniziato molto presto a scrivere poesie, non mi sono mai posto il
problema se pubblicare o meno ciò che avevo prodotto in tanti anni. Ricordo che
al contrario di molti, io scrivevo ovunque da ragazzo, sebbene sapessi che così
facendo, molto sarebbe andato perso. Seminavo pezzi di carta contenenti frasi,
pensieri e piccole poesie in giro per la casa, dappertutto. E spesso non li
ritrovavo. Solo dopo anni capii perché sparivano quei piccoli frammenti di
carta manoscritti. Mia madre me li recuperava a mia insaputa ma per un solo
scopo: poterli conservare ed evitarne la sicura distruzione. Dopo quasi una
trentina di anni mi sono ritrovato tra le mani tanto materiale che, dopo accurata
revisione, ho pubblicato nel 2012 con un titolo semplice ma emblematico: Poesie
dal mio diario, la cui copertina fu prodotta con un mio dipinto olio su
tela. Con questa prima mia raccolta vinsi l’incertezza che coglieva molti
autori di poesia in qualche modo: la pubblicazione dei propri intimi pensieri.
Dopo, fu sicuramente meno complicato continuare a farlo. Lo feci seriamente e
con passione vera. Il Coraggio dei pensieri la timidezza della poesia è
stata la mia seconda raccolta poetica uscita appena un anno dopo. Entrambe
prodotte e inserite nel mercato editoriale da Arduino Sacco Editore. A seguire,
nel 2015 Segreti Svelati, edito da David & Matthaus. Una sorta di
libera confessione sulla mia intima visione del mondo e della vita, con poesie
scritte solo ed esclusivamente in prima persona. Le tematiche adottate, legate
al risultato di un’attenta ricerca introspettiva in relazione ai sentimenti
umani. Assoli del 2016 di Le Mezzelane Edizioni è la quarta silloge che
mette a fuoco in concreto il concetto musica-poesia quale connubio di
espressioni racchiuse nella metafora della natura come orchestra, e della voce
del poeta quale strumento principale di una sinfonia: ‘Un Assolo’, appunto.
Stesso principio con Vernice Damar edito da Edizioni Ensemble nel 2019
che racconta come la scrittura possa essere accostata a uno splendido dipinto,
e come la poesia possa essere la sua ‘vernice damar’, un fluido che i pittori
utilizzano sulle immagini ormai spente di luce e brillantezza per riportarle a
uno splendore nuovo. Infine Triticum, edito da PAV Edizioni. Un potente
lavoro dalla forte struttura. In parte illustrata, questa raccolta contiene
sessanta componimenti poetici. Le liriche, si sviluppano su tre piani
tematico-emotivi, collegati tra di loro attraverso un percorso diacronico e parallelo
al ciclo stagionale di un frumento divenuto emblematico nella nostra cultura,
ma soprattutto importante per la nostra alimentazione: il grano. Triticum, si estende su tre
momenti fondamentali relativi alla coltura del grano: semina, mietitura e
spigolatura. A ognuna di queste fasi, è assegnata una serie di poesie collegate
a un particolare tema emozionale, o a un elemento che ho ritenuto aderente a
quel passaggio della coltivazione. Tuttavia, al suo interno non mancano
riferimenti fisici reali ai campi di grano, i quali si connettono in
maniera quasi spontanea alle capacità interpretative che la natura umana
possiede. Mi piace sottolineare che oltre alla poesia, non sono mancate
occasione in cui ho potuto cimentarmi anche nella stesura di racconti brevi ed
essere inserito in varie antologie di narrativa.
MTDD: “Ascoltare il
Mondo… per poterlo raccontare”: Puoi elaborare questo tuo concetto?
VSDC: In
un certo senso ci riallacciamo alla risposta della prima domanda. Si parla
certamente di una certa abilità nel saper evidenziare alcune brillanti
sfumature che accompagnano l’esistenza umana nel viaggio della vita. Spesso
poco evidenti, se non addirittura impercettibili. Tuttavia, la quasi totalità
delle persone con una buona percezione sensoriale resta imprigionata dalla loro
bellezza, frutto di una soggettiva interpretazione emotiva, affidata al grado
di sensibilità personale. Ecco, il concetto è che se abbiamo gli strumenti per
decodificare questi deboli, ma estremamente affascinanti messaggi che il mondo
ci trasmette, siamo altrettanto in grado di poterli amplificare a seconda del
livello percettivo messo in campo. Saperlo ascoltare significa saperlo
interpretare e poterlo raccontare in qualche modo: che sia pittura, poesia o
altro.
MTDD: Ho
avuto l’onore di leggere e recensire la tua antologia Triticum, che
considero una bellissima raccolta di poesie dai tono romantici, maliconici,
nostalgici, ma che al tempo stesso evidenziano il tuo attaccamento alla tua
terra ed un senso concreto della Vita.
A prescindere dalla mia
recensione, che naturalmente riflette la mia opinione personale al riguardo, tu
che tipo di Poeta senti di essere? Hai una definizione per i tuoi versi o ti
senti comunque vicino a qualche autore particolare?
VSDC: Ritengo
di essere un poeta d’oggi. Adeguato al periodo storico che vivo.
Tradizionalista nella giusta misura, avanguardista anche, ma senza mai perdere
di vista ciò che la letteratura antica ci ha trasmesso. La scuola poetica
siciliana ha segnato il vero inizio di quest’arte e in Petrarca – nel Trecento – la poesia ha
stabilito dei modelli di riferimento rimasti tali addirittura fino
all’Ottocento. Questo significa che la
forma poetica è importante quasi quanto il contenuto e che sicuramente alcuni
influssi moderni ne stravolgono la fisionomia antica in qualche modo (e guai se
così non fosse), ma conservare quella
sua struttura classica affinchè non si trasformi in prosa è fondamentale a mio
parere. In questa corrente di pensiero si colloca il mio modo di pensare la
poesia. Naturalmente molti poeti, soprattutto ottocenteschi, hanno più o meno influenzato
lo stile che adotto durante la stesura. Uno stile comunque personale nei confronti del quale, opero con
attenzione una minuziosa ricerca della parola adatta. Inoltre, nel rispetto della
forma che più mi appaga, la mia poesia è spesso asciutta, priva di ciò che può
essere evitato: ideale per Labor Limae. Intensa ed efficace, costruita con versi che
sviluppino armonia e musicalità coesa. Una poesia che cerco di rendere omogenea
e fluida alla lettura.
MTDD: Tra
le tante cose che ho apprezzato nel leggere questa tua raccolta c’è un verso
che è rimasto scolpito nella mia mente e che, a mio avviso, riflette la tua
totale onestà nel presentarti al pubblico come realmente sei:
“Piango
davanti al baratro
che
ha osteggiato ogni mia ambizione
stroncata
da fatica senza desiderio e da convinte insicurezze
figlie
di paura e di incertezze.”
La Vita à una lotta
soprattutto contro noi stessi, contro i nostri dubbi, le nostre incertezze, la
paura di fallire affrontando l’ignoto… - tutti concetti che, secondo me,
dovrebbero esserci insegnati sin dalla più tenera età.
Cosa puoi dirci al
riguardo in base alla tua esperienza, ma soprattutto alla luce di questi tuoi
versi?
VSDC:
Indubbiamente hai centrato il senso vero di questa poesia. Una profonda
riflessione che scava nell’anima e che mette in evidenza il concetto di lotta
tra volontà e dubbio, tra rischio e certezza, tra progetto e fallimento. Un
antico dilemma davanti al quale ogni essere umano si è trovato costretto a operare
una scelta obbligata, dirigendo le proprie sorti verso fortune o disfatte. Nella prima parte della vita regna
l’entusiasmo, la forza e l’energia. Saper sfruttare al massimo questa
condizione temporanea è fondamentale per poter godere dopo di quanto prodotto e
costruito, nella seconda metà della vita appunto. Ed è proprio in quest’ultima
fase che invece inizia la vera e cosciente autocritica. Quella che condanna alcuni
tratti della propria vita, dove più si è resa evidente la convinzione di non
aver erogato il massimo possibile e con la giusta determinazione.
MTDD: La Vita, secondo
Vinicio Salvatore Di Crescenzo, è più “Madre” o più “Matrigna”?
VSDC: La
vita è un dono immenso di cui abbiamo la responsabilità della gestione. Analizzando
le due forme in relazione ai concetti espressi da Pascoli e Leopardi ma riferiti alla natura,
secondo cui per uno è meraviglia e tenera visione, per l’altro pessimismo e
malinconica espressione in contrapposizione all’uomo, direi che entrambe possano
convivere in relazione anche alla vita. La nostra visione della vita fa fede e reagisce
di concerto alla coscienza, all’educazione e al rispetto per essa così come
percepita e poi vissuta. La prospettiva è fondamentale: quanto più siamo
portati ad essere pessimisti e malinconici tanto più diventa facile vedere la vita
come una matrigna che ci nasconde ogni purezza e ogni verità. Ma se i nostri
occhi sono votati al bene e all’esaltazione del privilegio di cui ci è stato
fatto dono con la vita stessa tutto cambia. La nostra esistenza diventa madre.
Una madre che dispensa amore e cura, crescita e valori. L’analisi è sicuramente
oggettiva e generalizzata, ma dovendo esprimere un mio giudizio personale,
direi che la mia vita è più madre che matrigna. Una madre che incarna le
passioni dell’uomo e i suoi più puri sentimenti.
MTDD: Grazie, Vinicio per
esserti preso il tempo per questa intervista. Spero di averti ancora ospite del
mio Salotto Culturale Virtuale. Nel caso ci fossero lettori che desiderassero
acquistare le tue pubblicazioni e/o mettersi in contatto con te, come potranno
farlo?
VSDC: Allo
scopo di avere sempre un contatto continuo e diretto con chi ha deciso di
seguirmi, ho creato un sito ufficiale e dei profili social che vi elenco:
Inoltre, per chi vuole
anche avere informazioni e notizie riguardanti il mondo della scrittura, è
attivo il mio blog personale all’indirizzo:
Infine per acquistare le
mie raccolte poetiche ma anche per avere informazioni relative a tutta la mia
bibliografia si potrà scrivere a viniciosdicrescenzo@gmail.com
Mi piace in ultimo poter
dire, che dopo sei raccolte poetiche in cui ho percorso un lungo viaggio e che
continua verso una meta che mai mi porrò come un traguardo, la felicità più
intensa è incarnata nella gioia che mi riempie il cuore ogni qualvolta mi rendo
conto di aver creato un collegamento intimo, sincero e diretto con chi mi legge
l’anima attraverso la poesia che esprime tutta la mia essenza.