Monday, June 3, 2019

Comprendere l’Autismo: “Sono Cesare… Tutto bene!” - Una relazione di reciproco aiuto - (Intervista)


Comprendere l’Autismo: “Sono Cesare… Tutto bene!”
-         Una relazione di reciproco aiuto  -

Intervista

di

Maria Teresa De Donato
Dottoressa in Salute Olistica, Naturopata, Life Strategist, Autrice

a

 Giovanni Tommasini
Autore, Scrittore, Tecnico Animatore Socio-Educativo




AUTISMO: una parola che da un lato allarma, fa paura, desta forti preoccupazioni soprattutto a chi deve confrontarsi con e prendersi cura di un familiare che ne è affetto e, dall’altro, che crea disagio, un grande disagio in una società già di per sé profondamente malata.  Il livello di alienazione e deumanizzazione che la nostra moderna società ha raggiunto è caratterizzato da un’immersione dell’individuo in una realtà sempre più virtuale, basata sull’effimero, sull’evanescente e che sembra non lasci spazio né alla capacità, né – triste a dirsi e troppo spesso – alla volontà di relazionarsi con tematiche, problemi ed individui che rappresentano la ‘diversità’ e che possono essere, quindi, non solo difficili da comprendere e da gestire, ma che rischiano anche di coinvolgere affettivamente ed emotivamente ad un livello profondo e tale da far emergere non solo i nostri punti-forza, ma soprattutto le nostre debolezze.  Evitare di confrontarsi con le proprie paure ed incertezze, con i propri sentimenti, con la propria capacità di amare, di mostrare empatia e solidarietà umana sembra essere diventato ‘trendy’, una moda.
È con grande piacere ed onore, quindi, che oggi ospito su questo mio blog l’amico e collega Giovanni Tommasini, Autore, Scrittore e Tecnico Animatore Socio-Educativo.  La sua profonda umanità, la sua grande capacità di amare in senso lato e di provare empatia non solo gli hanno permesso di superare eventuali timori, ma gli hanno dato anche il coraggio di avvicinarsi ed abbracciare una realtà più grande di lui, piuttosto articolata ed anche difficile da comprendere.  La sua vita ha subito una svolta decisiva quando circa 30 anni fa ha incontrato Cesare, un bambino di Genova affetto da una grave forma di autismo, la cui situazione sembrava particolarmente difficile se non addirittura “impossibile” da gestire.
Ma lasciamo che sia Giovanni stesso a parlarci di questa sua straordinaria esperienza, di questa relazione – come l’ha definita lui stesso – “di reciproco aiuto” che ha cambiato profondamente non solo la vita di Cesare, ma ancor di più la sua.

MTDD: Ciao Giovanni e grazie per aver partecipato a questa intervista sul mio blog.

GT: Grazie a te carissima Maria Teresa, con grande piacere risponderò alle tue domande sulla più importante esperienza della mia vita


MTDD: Giovanni, data la varietà dei temi che possiamo affrontare insieme, dubito che questa sarà la nostra prima ed ultima intervista.  Oggi, però, vogliamo concentrarci sull’esperienza che tu e Cesare avete vissuto insieme.
Partiamo dall’inizio: È il 1990…  Giovanni, un giovane studente iscritto alla Facoltà di Scienze Politiche all’Università di Genova e alla ricerca di un ‘lavoretto’, finisce in un consultorio… 
Cosa succede e come vieni preparato al difficile compito che ti aspetta?

GT: Il colloquio di presentazione della "mission" fu per me un imprinting fondamentale. Mi chiesero di accettare l'impossibilità di un compito al quale mai nessuno sino ad allora era riuscito a dare un senso. Riuscire ad entrare in un mondo sconosciuto e inaccessibile. La dimensione autistica nella quale Cesare, un bellissimo bambino di 10 anni, era prigioniero. La pedagogista, mentre mi parlava di Cesare, aveva in mano una bambola rotta che cuciva amorevolmente, cercando di riparare ad uno strappo che l'aveva divisa in due parti. Quell'immagine mi percorse in ogni momento passato con Cesare. Era rappresentato tutto ciò che sarei andato a fare con Cesare. La vera essenza della costruzione di una relazione d'aiuto. Le due parti separate dallo strappo altro non eravamo che noi due. La  distanza che inizialmente ci avrebbe separato, rese evidente il percorso da fare uno verso l'altro, per incontrarci, il vuoto da riempire di nuovi significati, emozioni, parole. L'ago e il filo evocavano magicamente ciò che avrei dovuto creare, ridurre la mia presenza ad una raffinatezza tale da creare le prerogative più preziose di un ago. Riuscire ad entrare nelle maglie del tessuto, nella trama, senza provocare danni, dolore, con un intento riparatore. La cruna rappresentava quella fessura, quella porta socchiusa dalla quale entrambi passare per creare un percorso da fare assieme, la relazione rappresentata dal filo che andava dal suo mondo, dal suo sguardo sulla vita, al mio, ai miei occhi, per creare una nuova visione, la nostra, della realtà. Un misto più vivibile delle nostre trame.


MTDD: Puoi raccontarci del tuo primo incontro con Cesare?

GT: Mi ritrovai seduto ai piedi del suo letto, di fronte a me le sue spalle, in una mano la bacchetta del direttore d'orchestra, l'altra indicava ai componenti della sua orchestra immaginaria come seguire la sua direzione, il silenzio rotto dalle sfilettate che Cesare con forza e intensità, pura passione, inviava al muro bianco davanti a lui, quasi volesse disegnare la musicalità del silenzio.


MTDD: Come ha iniziato ad evolversi la situazione ad un certo punto? Quali sono stati i primi segnali che hai ricevuto da Cesare tramite i quali hai capito che ti aveva messo “tra gli oggetti buoni” – per usare il tuo stesso linguaggio, o meglio ancora, quello dello psichiatra che seguiva il caso.

GT: Molti sono stati i momenti, alle volte minimi, quasi impercettibili, che hanno creato le premesse per le quali Cesare iniziasse a "af-fidarsi" a me. È stato un movimento dettato dalle indicazioni ricevute dal primo incontro nel consultorio familiare che mi ha seguito nei primi anni di affido domiciliare. "Stai con Cesare, in camera con lui sino a che riesci a sostenere il suo modo di stare nella realtà, quando non riesci più, esci e arrenditi. Accetta di riproporti quando te la senti nuovamente.” Due momenti ben distinti che mi hanno permesso di vivere pienamente l'esperienza con Cesare e riflettere sul vissuto.

Il momento del "sentire" e quello del "capire". Lasciarsi invadere dall'esperienza e fuori da essa (dalla cameretta di Cesare) trovare le parole per esprimere le immagini – pregne di ogni aspetto emotivo, simbolico, relazionale, affettivo, sentimentale – rimaste in Noi.

Per far ciò tre sono le prospettive, le attività, da mettere in gioco:

- un importante percorso di introspezione personale. Psicoterapia.

- un lavoro di restituzione degli incontri con Cesare in supervisione con referenti consultori familiare prima e centro salute mentale, con pedagogista e psichiatra (in questo caso dott. Roberto Soriani che mi ha scritto la bellissima "lettera di prefazione);

- una formazione continua, con corsi di aggiornamento, seminari, workshop, su temi affrontati durante la costruzione della relazione d'aiuto. Acculturamento, approccio "universitario", come amo definirlo.


MTDD: – Sono rimasta molto colpita dal ragionamento che hai detto di aver fatto a quel tempo, quando hai ricevuto l’incarico di assistere Cesare.  Prima di immergerti in questa esperienza affermi di aver meditato sul fatto che “ogni [tuo] intervento avrebbe rovinato la ricchezza, l’umanità e l’importanza umana di questa storia”. 

Vorresti spiegarci come eri arrivato a tale conclusione?

GT: Quando mi hanno proposto di scrivere e restituire la mia storia con Cesare ho dovuto, per la prima volta nella mia vita, progettare il lavoro di scrittura del testo per farne una pubblicazione.  I racconti che hanno formato il primo libro erano stati scritti senza il pensiero di farne libro e ebook, ma poi, durante le presentazioni, tutti coloro che mi conoscevano e sapevano della mia attività di educatore mi hanno chiesto di scrivere di Cesare. Ho notato che c'era un punto in comune con questa nuova avventura da “scrittore" e l'allora nuova "mission" proposta. L'impossibile compito proposto. Mi dissero "Nessuno, fino ad ora, è mai riuscito a entrare in contatto, in relazione con Cesare. È importante che tu sia disponibile ad accettare il probabile fallimento di ciò che ti chiediamo di fare. Costruire una relazione con Cesare, stare con lui nella realtà. Aiutarlo a viverla meglio. Per il momento, e per i primi tre mesi, osserva solamente ciò che accade stando in camera con lui, condividendo il suo spazio e tempo. Stai fermo, non fare niente, non è necessario, inizialmente, fare alcun intervento, solo far esperienza. Ogni tua iniziativa potrebbe solo rovinare possibili momenti di apertura da parte sua. Devi imparare a sostare, cioè "saper stare", dimenticandoti per quelle tre ore di te stesso.” Questa situazione iniziale era la stessa di quella che stavo affrontando nella nuova "mission" di scrittore. Ho pensato che qualsiasi mio "intervento" sul testo che era già in me avrebbe rovinato la possibilità di restituire la profondità, unicità e ricchezza dell'esperienza vissuta per 15 anni con Cesare.

Ho scelto due vie da seguire per tentare di riuscire a rispondere a questa "mission impossible".

Richiamare alla mente tutti quegli autori, letterari, cinematografici, cantautoriali, mie vere e proprie "amicizie elettive", che erano riusciti a trovare il tono giusto per raccontare storie di vita senza assurgere a protagonisti, lasciando come unico riferimento la storia rappresentata.

John Fante, Pier Paolo Pasolini, Charles Bukowski, Italo Calvino, film quali Paris Texas di Wenders, Le chiavi di casa di Gianni Amelio, Il mare dentro di Amenabar, I 400 colpi di François Trouffaut, La ricerca della felicità di Muccino, cantautori quali Piero Ciampi, Paolo Conte, Claudio Lolli, poeti, Sandro Penna, Camillo Sbarbaro, Kenzaburo Oe.

D'altra parte seguire, per trovare le "parole per dirlo", ciò che ho messo in campo per costruire la relazione con Cesare, anche per la costruzione del testo per rappresentarla.

Per cui il mio scrivere è stato un lungo lavoro di introspezione, ricerca, con il momento della scrittura vera e propria, solo il penultimo passo di un lungo percorso.

L'ultimo passo è rappresentato dalla "riscrittura" del testo, un lavoro di sottrazione di ogni mia presenza "narcisista" dal testo, per lasciare libero il lettore di scrivere, leggendo, anch'esso il suo testo che è lui stesso a dover trovare.

Una visione relazionale del rapporto scrittore-lettore, mettendo in evidenza tutto ciò che non è da fare nella relazione d'aiuto, anche nella scrittura.

Tutto ciò che può permettere di togliere da uno stato di soggezione l'altro.

Non interpretare.
Non giudicare.
Non dare spiegazioni.
Non consolare.
Non consigliare.

In poche parole il protagonista è l'altro, non l'autore.



MTDD: Come si è sviluppato il rapporto tra Cesare e te negli anni? Puoi farci qualche esempio?

GT: Ti regalo due frammenti dal testo che racconta la costruzione della relazione di reciproco aiuto.



Un pomeriggio si ritirò improvvisamente. Andò in bagno e non uscì più.
Attuai, per l'appunto, una diversa strategia: gli ordinai di uscire. Ero di fronte a lui.
Seduto sul water si scagliò su di me, mi tirò il maglione, cercò di morsicarmi, mi graffiò più volte il viso. Si mise a urlare furiosamente.
La voce da adulto. Pensai: “È lui”.

È il vero Cesare, venuto fuori per poco, ma l’ho sentito.

Uscii dal bagno, andai in camera sua a riprendere fiato.
Tornai da lui, presi cotone e acqua ossigenata: “Ora mi curi, mi disinfetti”.
Pianse e mi toccò con grande cura ogni ferita. Cotone e lacrime.

Non era un vero e proprio rapporto d’aiuto.
Molto più.
Una lotta mentale: io e lui a cercare come fare a stare al mondo senza paura.
Si cercava di uscire da noi stessi.
Era un gioco d’azzardo.
Guardare la realtà con i nostri occhi, io con i suoi, lui con i miei, nello spasmodico tentativo di percepirla sempre più rassicurante.
Un tendersi continuo verso altro.

.............
  


“Tieni” mi disse un giorno.
Mi ritrovai con la bacchetta in mano. Di fronte a me il muro bianco.
Lo guardai. Gli ridiedi la bacchetta: “Non ci riuscirei mai, Cesare, mai come fai tu. Solo tu conosci così bene chi ha bisogno dei tuoi incoraggiamenti, chi deve essere sgridato, sei tu il direttore qui”.
Lo abbracciai.
Percepii la sua fragilità: la pelle, labile confine, non lo difendeva, non lo limitava, non lo definiva precisamente.
Ero solo nell’abbraccio.
Distante, immobile, tesissimo. Ma stava lì, con me. Le mani chiuse, mi strinse forte sino al massimo possibile, poi mi lasciò di colpo.
Non lo dimenticherò mai. Mi fece sentire il suo essere al mondo: tutto o niente.
Entrò in me per non uscirne mai più.
Si dispose assieme alle mie parti, le più fragili e preziose.





MTDD: “Sono Cesare… Tutto bene!”  Mi ha commossa profondamente. È la metafora, la sintesi di un’intera vita, di un modo di comunicare, di aprirsi al mondo… forse per la prima volta: un vero miracolo.
Raccontaci di quell’esperienza: Cosa ha rappresentato per Cesare e per te…?

GT: Cesare è stato per me l'incontro con il mondo sconosciuto della introspezione. La possibilità di entrare in contatto con se stessi, cercando di costruire una relazione con lui, ho iniziato, inevitabilmente, ad entrare in dialogo con le mie parti più recondite ma in me. Cesare era un bellissimo bambino che esprimeva tutte le emozioni umane in un mosaicismo caleidoscopico che portava su un terreno di disorientamento. Il mio impegno, il lavoro fatto assieme al supervisore, al mio psicoterapeuta, per mettere in ordine e in dialogo le varie parti del mondo interiore di Cesare, ha prodotto in me una crescita umana altrimenti impossibile.


MTDD: Come hai vissuto il paradosso tra gli sforzi che tu facevi per aiutare Cesare ad aprirsi al mondo… ed il mondo che, al contrario, si chiudeva e nascondeva in una dimensione virtuale che nulla o quasi nulla ha a che fare con la realtà ed in cui il profondo isolamento dell’individuo sembra regnare sovrano?

GT: Negli anni in cui io e Cesare siamo riusciti a percorrere il corridoio che portava alla porta di casa, uscire in strada e rivolgere il nostro sguardo verso la realtà, non ci siamo resi conto che il nostro sforzo era controcorrente. Sicuramente non abbiamo incontrato molte persone disponibili ad accettare il nostro invito a vivere nella "relazione da tripla AAA", come la chiamo io. Accoglienza, Attenzione e Ascolto. Le emozioni spaventano e Cesare, come tutti i disabili intellettivi e relazionali che seguo da 30 anni, esprime solo il suo lato emotivo che si collega con chi si mette in contatto con Lui.

Culturalmente e anche commercialmente, il messaggio è quello di spegnere le emozioni. Mentre sono l'unico ingresso alla vera e onesta conoscenza di noi stessi. Per cui le difficoltà sono state molte socialmente, vi erano due autismi da mettere in relazione, quello di Cesare e quello del mondo attorno a Noi. Io ero nel mezzo a cercare di fare da ponte.
Ripensando ora a quell'esperienza e alla deriva digitale dei giorni nostri, tutto il senso della storia narrata in Sono Cesare… Tutto bene! viene ad assumere un significato profondamente diverso. Sarebbe necessario, vista la perenne connessione che sta eliminando l'Altro da ogni relazione "umana", insegnare, far conoscere il percorso che ha permesso di entrare in contatto a me e Cesare, per tornare ad una vita nella quale l'unica piattaforma social sia quella in cui siamo nati, cresciuti e vissuto noi nati nella seconda parte del 900: la realtà.


MTDD: Quali sono, in base alla tua personale esperienza, alcuni aspetti “culturali” che come società dobbiamo superare quando ci si imbatte in un problema grande ed altrettanto complicato come l’Autismo?  Puoi farci qualche esempio?

GT: Il vero problema della difficoltà di capire l'autismo è assolutamente culturale. Se partiamo dalla affermazione che "le persone non ascoltano, ma attendono il loro turno per parlare" possiamo facilmente capire quale sia l'errore fondamentale. Non esiste nessuna possibilità di capire chi abbiamo di fronte (e di conseguenza se stessi) se partiamo sempre dal nostro ombelico e non alziamo lo sguardo sull'Altro, se non riusciamo a capire che la nostra uguaglianza sta nella reciproca diversità, unica possibilità di arricchimento nella accettazione della dimensione del "Noi". Viviamo in una società che sempre più sta progettando un mondo fatto di singoli e personali mercati globali. 

Viene alimentata una visione relazionale di contrapposizione, odio, puntando sulla sterile dinamica della colpa, della reazione a discapito della riflessione.  In questa penosa deriva la costruzione della relazione d'aiuto con Cesare altro non potrebbe rappresentare che una stella cometa da seguire per tornare ad una vita vissuta pienamente, con tutti i cinque sensi, le emozioni, tornando agli affetti e alle vere amicizie e condivisioni. Ogni azione umana è stata svuotata da ogni istanza relazionale, emotiva, affettiva, di creazione di un pensiero comune, uno sguardo nuovo sulla realtà creato assieme, mischiando le rispettive umanità, in una contaminazione comune dei propri vissuti.


MTDD: Tripla A: Attenzione – Accettazione – Ascolto
Potresti spiegare ai nostri lettori e alle nostre lettrici cosa intendi esattamente e come sei pervenuto a questa sorta di “Sistema operativo”?

GT: Mi sono "inventato" questa formula che ho definito "la relazione da tripla AAA" per sottolineare tre momenti fondamentali per poter proporre e realizzare relazioni basate sulla autentica e onesta condivisione delle rispettive umanità, ognuno esprimendo la propria unicità. Ciò consentirebbe un arricchimento fuori dalle dinamiche del giudizio, della colpa, della manipolazione dell'altro. In una dimensione orizzontale, trasparente, nel rispetto, nell'adultità.

Tre gambe di un tavolo relazionale, che in mancanza di una di esse, crollerebbe a terra.

Accoglienza: creare un'apertura in se stessi per farsi serenamente invadere dall'altro, con il coraggio e la fiducia di aprire la porta di casa ad uno sconosciuto.

Attenzione: sintonizzarsi, dimenticandosi per un po' di tempo di se stessi, sulle onde emotive dell'altro. Come se dovessimo cercare una stazione radio mai trovata.

Ascolto: mettersi di impegno, accettando la fatica di imparare una lingua nuova, il mondo culturalmente significante del nostro interlocutore.

È evidente che se ognuno di noi si mettesse nell'ottica della relazione da tripla AAA le relazioni umane avrebbero una crescita esponenziale con risultati dal punto di vista del piacere di stare nel "Noi" inimmaginabili.

Naturalmente la mia proposta è quella di portare nelle scuole l'insegnamento della scienza delle relazioni e delle dinamiche relazionali. In particolare la prospettiva proposta dai maestri dell'analisi transazionale.


MTDD: In un’occasione hai dichiarato che “La persona affetta da autismo ha tutti i sensi che funzionano male” e che “La chiave di tutto è la reciprocità”
Potresti elaborare questo tuo pensiero?

GT: Per ciò che riguarda l'approccio relazionale penso di aver già risposto precedentemente. Per quanto riguarda ciò che da 30 anni tutti i giorni vivo in assistenza di persone affette da autismo, la cui condizione patologica è stata diagnosticata nello spettro autistic, posso dire, per rispondere a chi durante i miei seminari sull'argomento mi chiede di spiegare cos'è l'autismo, che possiamo immaginare come se tutti i cinque sensi funzionassero male, random, e soprattutto senza essere equalizzati tra di loro.

Tutto ciò non permette la creazione di una memoria rassicurante sulla realtà e le relazioni che queste persone vivono (per dare una idea eufemistica) come un vero e proprio assedio.
Molto pregnante, e a me cara, la frase di Piero Ciampi "l'assenza è un assedio", e l'ultima affermazione del bellissimo film "La signora della porta accanto" di François Truffaut "né con te, né senza di te".


MTDD: Sono Cesare...Tutto Bene! Una relazione di reciproco aiuto” è il lavoro che hai pubblicato in formato eBook in seguito all’esperienza che hai avuto con questo ragazzo.

In che modo il suo contenuto può aiutare in maniera pratica le famiglie che si trovano a dover affrontare personalmente questa difficile condizione mentale e come può educare anche la collettività, ad iniziare proprio da tutti coloro che lo leggeranno?

GT: Come ho appena spiegato sono 30 anni che assisto ragazzi autistici in famiglia. I genitori sono gli unici che possono raccontarci la realtà dei loro figli, in quanto, come amo raccontare, si sono costruiti con grande fatica e sofferenza il "libretto delle istruzioni" in relazione alla condizione patologica intorno alla quale tutto il sistema famiglia si riequilibra. Come un vero e proprio organismo vivente ogni organo dello stesso vive in funzione delle necessità di assistenza e aiuto del figlio o figlia (il 70 % delle persone autistiche sono maschi). Per cui è fondamentale partire per ogni percorso terapeutico da un'alleanza con tutti coloro che orbitano, familiari e non, sul territorio della persona bisognosa di aiuto e assistenza.

Il mio intervento mette in evidenza tutto ciò, con un approccio che ho chiamato "buongiorno / arrivederci", nella misura in cui sia all'inizio che al temine della mia assistenza in famiglia è fondamentale il momento della reciproca restituzione della realtà con i genitori.

La collettività dovrebbe essere informata sulla realtà delle famiglie con un figlio con disabilità, potrebbe essere un modo per fermarsi a riflettere sulla propria esistenza e ripensare le nostre priorità dal punto di vista umano e relazionale.


MTDD: Secondo te cambia la percezione del tempo nelle famiglie in cui un membro è affetto da una disabilità come quella dell’Autismo? E se sì, come?

GT: Ho espresso in vari contesti il concetto del "tempo" percepito e vissuto nelle famiglie in cui un membro ha bisogno di assistenza continua sotto ogni punto di vista, affettivo, emotivo, relazionale, economico, e, alle volte, di "contenimento" nei corsi di crisi psicomotorie, che possono esprimere pericolosi atteggiamenti violenti.

Il tempo scorre veloce, negli anni in cui si deve portare alla consapevolezza le difficoltà di sviluppo del figlio che non riesce a percorrere le fasi dello sviluppo delle età evolutive sino ad arrivare alla possibilità di autodeterminazione e emancipazione dalla famiglia. I genitori invecchiano, i figli continuano ad essere dipendenti dalle cure di tutti coloro che vivono con essi. Il tempo inizia a scorrere contrario e le realtà delle famiglie diventano sempre più difficili e drammatiche, con il pensiero lacerante del "dopo di noi", di cosa sarà dei propri figli dopo la morte dei genitori.

Lo stato, le politiche sociali, il welfare, è sordo e assente in relazione a queste realtà, mentre, a mio parere, proprio la storia narrata in Sono Cesare... Tutto Bene! potrebbe essere la base per un disegno di legge che metta al centro l'assistenza domiciliare proprio dalla diagnosi della disabilità in poi, in quanto allo stato verrebbe a costare molto meno un disabile assistito in età dello sviluppo, con un futuro più autonomo e consapevole. Basterebbe dare la possibilità a tutti gli studenti universitari di materie e professioni in cui la relazione d'aiuto sia un elemento centrale di poter avere un affidamento domiciliare con un riscontro positivo sul curriculum degli studi.

Si avrebbero così ragazzi, laureati, con un'esperienza di vita importante dal punto di vista della maturazione adulta e famiglie di disabili con un'assistenza fondamentale per le necessità quotidiane e di prospettiva nel futuro.

Ma il discorso è che questi aspetti meriterebbero un approfondimento a parte, che magari faremo in altre occasioni.


MTDD: In che modo e fino a che punto questa esperienza con Cesare ha influenzato la tua vita e cosa ti ha insegnato? In che modo ti ha cambiato?

GT: Nel sottotitolo c'è l'indicazione dell'essenza della professione d'aiuto. "Una relazione di reciproco aiuto" intende sottolineare che non esiste un cambiamento se non si cambia assieme, se non si crea una nuova visione della realtà frutto delle rispettive diversità che entrando in contatto creano un nuovo modo di vivere e sentire la vita.

Cercando di sentire la "musicalità del silenzio" che Cesare dirigeva, di entrare nel suo mondo, dimenticando il mio, ho avuto la possibilità di capire e imparare cosa è più importante nella vita.
Sentire e capire.

Vivere con fiducia la realtà che ci "assedia" e capire ciò che rimane in noi per trovare le "parole per dirlo".

Leggere rende Liberi, Scrivere Felici.

Leggere ciò che viviamo, Scrivere ciò che vorremmo vivere, per crescere e diventare autori del proprio destino.


MTDD: Grazie, Giovanni, per questa intervista e per aver condiviso con noi questa tua illuminante  ed emozionante esperienza. Se ci fossero lettori del mio blog che desiderassero mettersi in contatto con te o ordinare questo tuo eBook in che modo potranno farlo?

GT: Sul mio blog i lettori potranno trovare gli articoli di restituzione delle tematiche e riflessioni proposte nei miei primi sei libri.

Sul mio canale YouTube ogni informazione in merito alla mia attività di educatore e scrittore.

Le sinossi dei miei primi cinque Ebooks.