Sunday, November 3, 2013

Life Coaching Lezione #2: Smettila di paragonarti agli altri ed abbraccia chi realmente sei


  Life Coaching Lezione #2:
Smettila di paragonarti agli altri ed abbraccia chi realmente sei




Dott.ssa Maria Teresa De Donato, Life Strategist


“L’istruzione dovrebbe inculcare in noi tutti l’idea che l"Umanità è una sola famiglia con comuni interessi. E di conseguenza che la cooperazione è più importante della competizione.”
(Bertrand Russell)


       

Molti di noi concorderanno che il paragonarsi agli altri è qualcosa che avviene più spesso di quanto non lo si desideri.  E questo sin dalla più tenera età: coloro che hanno dubbi al riguardo e non hanno figli o nipoti da poter osservare e che possano far cambiare loro idea in materia sono invitati ad andare a visitare un asilo nido e a sedersi per un po’ nella stanza dei bambini di età compresa tra i 12 ed i 24 mesi.

Si tratterà solo di aspettare un po’, ma prima o poi uno di loro guarderà il giocattolo con cui ha giocato per un po’, per qualche minuto o anche solo per pochi secondi, deciderà che quello con cui il/la bambino/a accanto a lui/lei sta giocando è più bello, più interessante, o semplicemente più colorato, glielo strapperà dalle mani e – qualora lo reputasse necessario – gli/le darà una spinta nel caso l’altro/a non sembrasse convinto/a a lasciarglielo più o meno spontaneamente o a riconoscere chi avrà il comando del gioco da quel momento in poi, e se ne impossesserà.

Sì, lo so, starete pensando che i bambini di quell’età, e quelli piccoli in genere, hanno problemi di questo tipo poiché non hanno ancora imparato e assimilato concetti fondamentali quali quelli relativi alla proprietà e al possesso.  Avete assolutamente ragione.  Allo stesso tempo, però, senza averlo notato e senza esservene resi conto potreste aver mantenuto voi stessi per tutta la vita  tale attitudine negativa di confrontarvi con gli altri.  Come?  Facciamo qualche esempio prendendo in considerazione sia uomini sia donne.

Iniziamo con il chiarire una cosa: la tendenza, o dovremmo piuttosto dire, l’abitudine e attitudine malsane, di paragonarci agli altri non ha nulla a che vedere con l’altro/a – chiunque esso/a sia – ma tutto a che vedere con noi stessi, con la nostra insicurezza, la scarsa stima di noi stessi e il nostro timore.  Tutti questi fattori sono, infatti, la causa principale di gelosia e inviadia e ci portano a vedere che “l’erba del vicino è sempre la più verde.”

A mio avviso, e stando a ciò che ho personalmente osservato e compreso nel corso di vari decenni attraverso l’esperienza sia diretta sia indiretta, esistono delle differenze tra i sessi opposti e che vedono le donne sicuramente detentrici del primato.  Gli uomini, infatti, benché anch’essi possano cadere nella trappola di confrontarsi con altri, generalmente hanno un’area di azione molto più limitata, ossia hanno la tendenza a paragonarsi a qualcun altro e ad entrarvi in competizione e, di conseguenza a esserne invidiosi o gelosi per pochi motivi, nella maggioranza dei casi legati allo stato sociale e alle risorse finanziarie.  Gli uomini, quindi, hanno problemi e manifestano apertamente la loro attitudine competitiva o boicottano in maniera più subdola l’altro per ragioni quali una posizione professionale più elevata detenuta da un collega, per una promozione – meritata o meno – e il conseguente aumento di retribuzione che essa comporta, per la possibilità che l’altro ha di acquistare una casa, una macchina, o una moto più grande o più bella e, a volte, per qualcuno che ha sposato, si è fidanzato o semplicemente ha una relazione con un/a partner più bello/a o semplicemente più intelligente del/la proprio/a.  Questa stessa attitudine competitiva a volte può estendersi al settore ‘figli’, così che coloro che sono padri finiscono con il fare paragoni tra i possedimenti materiali che i loro figli hanno, o non hanno, rispetto a quelli che hanno i figli degli altri, cosa che ha anch’essa a che vedere con ciò che essi, in quanto genitori, possono permettersi o meno e, di conseguenza, offrire o non offrire ai propri figli, e l'abilità e volontà dei loro figli di ottenere voti alti a scuola e persino di frequentare l'università, con entrambi gli aspetti sempre legati alla possibilità di avere un futuro migliore di quanto non l’abbiano avuto essi stessi come genitori.  Ancora una volta, perciò, la maggior parte dei motivi, se non addirittura gli unici, che inducono gli uomini a competere tra loro sembrano riferirsi al proprio stato sociale e alla propria possibilità finanziaria.

Le donne, al contrario, dotate come sono di una fantasia e un’immaginazione di gran lunga maggiori di quelle degli uomini, riescono a essere molto più creative anche per ciò che riguarda la lista, praticamente infinita, di categorie di motivi che possono indurle a fare paragoni e, di conseguenza, ad esprimere in un modo o nell’altro, la propria competitività.  Quest’ultima, infatti, benché a volte non chiaramente e verbalmente espressa, può essere anche molto più evidente di quanto non lo consentano le parole attraverso l’uso del silenzio.  Molte volte, infatti, piuttosto che esprimere la propria invidia e/o gelosia verso l’altro soggetto femminile, quella che per natura è competitiva, o lo è in misura maggiore – poiché non tutte lo sono o lo sono allo stesso livello – manifesta i suoi veri sentimenti ignorando completamente l’altra.  Altre volte, invece, quando questi sentimenti vengono espressi apertamente essi prendono la forma di dichiarazioni e commenti dispregiativi e/o denigratori.  Perciò, in linea generale, nel mondo femminile quasi ogni cosa può far scattare la competizione in una donna: da chi era la più brava a scuola, a chi ha il colore più bello degli occhi, le scarpe più alte, il makeup migliore, il colore-la forma-lo stile di capelli più alla moda, la casa più pulita, e così via all’infinito.

Sebbene la competizione sembri generalmente aver luogo tra persone dello stesso sesso, di tanto in tanto accade anche tra persone di sesso opposto.  Stando a quanto da me osservato, questo succede per una o più delle seguenti ragioni, ossia quando un uomo e una donna concorrono per la stessa  posizione ed il conseguente avanzamento di carriera, con l’uomo che – a prescindere dall’attitudine femminile – ha generalmente difficoltà a riconoscere la donna come suo capo e/o ad accettare il fatto che questa possa avere un livello di istruzione superiore al suo, che sia più intelligente o che abbia semplicemente una personalità più sicura, determinata o persino dominante.  In questo caso, infatti, oltre a problemi di personalità potrebbero esserci anche delle ragioni storiche che affondano le radici nella notte dei tempi e sono radicate in quasi tutte le culture.  Mi riferisco al fatto che quasi tutte le civiltà, fatta eccezione di quelle fondate sul matriarcato, hanno insegnato che è l’uomo ad essere il capo, al comando della famiglia, della comunità, della nazione e che, perciò, è lui a dover provvedere, soprattutto finanziariamente parlando, ai bisogni di coloro che ama.  Gli uomini vengono educati con questa convizione e, quindi, quando si trovano in una situazione che dimostra che ciò che è stato loro insegnato non è sempre vero si sentono a disagio, insicuri, tutto il loro mondo viene scosso.  Malgrado ciò, tuttavia, in anni recenti molte situazioni sono cambiate, con l’economia mondiale e il conseguente mercato del lavoro e le possibilità di trovarne uno che hanno dimostrato di essere piuttosto instabili a prescindere da dove si viva, ragion per cui alcuni uomini si sono ritrovati a rivestire ruoli che non avrebbero mai pensato di ricoprire e tantomeno che sarebbero stati considerati accettabili dalle precedenti generazioni.

Comunque, a prescindere da chi sia coinvolto in questo processo e chi faccia paragoni e sia in competizione, l’aspetto più importante da considerare è che più frequentemente i paragoni vengono fatti, più competitiva la persona si sente, più insicura la persona dimostra di essere e meno si gode la vita.  Perché?  Perché ciò  che realmente genera il bisogno di confronti e di entrare in competizione è – come detto in precedenza – la propria insicurezza, cioè, la propria paura di non andare bene così come si è (di non essere abbastanza intelligenti, istruiti, ricchi, etc.).  Tutto ciò è profondamento radicato  nella mancanza di conoscenza del Sé e nella mancanza di consapevolezza del proprio valore in quanto essere viventi intelligenti e che meritano di essere felici e di godersi completamente la vita a prescindere dalla propria apparenza fisica, dal proprio stato sociale e quant’altro possa essere considerato erroneamente importante nella propria vita, ma che in realtà non lo è assolutamente. 

Solamente quando comprendiamo questi aspetti e ciò che è veramente in gioco, solo quando ci connettiamo con il Sé, abbracciamo chi realmente siamo e amiamo chi siamo riusciamo a liberarci dal peso del confrontarci con gli altri, dall’invidia, dalla gelosia, e la smettiamo di essere competitivi. 

Essere in grado di fare ciò, amando noi stessi e gli altri – indipendentemente da chi siano e cosa facciano nella vita – e mostrando uno spirito di solidarietà aiutandoci gli uni gli altri ed essendo pronti a farlo a prescindere dal fatto che ci venga richiesto o meno, è l’unico modo che abbiamo per dimostrare che abbiamo capito che siamo tutti connessi gli uni agli altri e che non può esserci alcuna felicità fino a quando un altro essere vivente soffrirà o non sarà amato.  Solo allora, ossia, solo quando manifesteremo in noi stessi la trasformazione che vogliamo vedere nel mondo – come espresse in maniera stupenda Mahatma Gandhi – potremo conoscere il vero Amore, la vera Felicità e completa Salute e rendere questo Mondo un posto migliore.  

     

 Maria Teresa De Donato©2013-2015. All Rights Reserved



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Life Coaching Lesson #2: Stop Comparing Yourself to Others and Embrace Who You Are


Life Coaching Lesson #2:
Stop Comparing Yourself to Others and Embrace Who You Are

Maria Teresa De Donato, Ph.D., Life Strategist

“Education should inculcate in all of us the idea that Mankind is only one family with common interests. And, as consequence, that cooperation is more important than competition."
(Bertrand Russell)



            

Most of us will agree that comparing ourselves to others happens more often than we wish it would. And this since a very early age: if you don’t believe it, and if you don’t have any young children or grandchildren to observe so that they can make you change your view on this topic, I invite you to go and visit childcare and sit in the toddlers’ room for a while. It will be only a matter of time; sooner or later, one of them will most likely look at the toy they have been playing with for quite some time or even just for a few minutes, when not seconds, decide that the one their next to a toddler is playing with is more beautiful, more interesting, or just more colorful, grab it from the other child’s hand and – whenever deemed necessary – give a good push to them just in case they appear not to be willing to give it up or recognize who, from that moment on, will be in charge of it, and take over.


Yes, I know, you probably think that toddlers, and very young children in general, have these sorts of issues because they have not learned and assimilated yet fundamental concepts such as those related to property and possession, let alone that something can be shared with somebody else. You are right. At the same time, however, you might not have noticed it, but you might have preserved that childish attitude of comparing yourself to others all your life without even being aware of it. How? Let’s make a few examples by considering both ladies and gentlemen.


First of all, let’s clarify one thing: the tendency, or should we instead say the unhealthy habit of and attitude, to compare oneself to somebody else has nothing to do with the other – whoever they might be – but everything to do with ourselves, with our sense of insecurity, low self-esteem, and fear. All of these factors are, in fact, the main cause of jealousy and envy and lead us to see that “the grass of our neighbor is always greener.”


There are differences among sexes that, in my view and according to my several decade-long observations, direct and indirect experience and understanding make the ladies win big time over the gentlemen. Men though they also can fall into the trap of comparing themselves to somebody else, usually have a much smaller area of action; that is, they can compare themselves and feel competitive towards another and, consequently, become envious of a few things, with most of them being generally related to their sense of social status and financial resources. As a consequence, men can get in trouble, openly manifesting their competitive attitude when not boycotting the other more sneakily, when it comes to a higher position held by somebody else at work, to a promotion – deserved or not – and the consequent advancement in salary given to a coworker, the chance somebody else gets to buy a bigger or nicer house, car, motorcycle, and sometimes even for somebody else having married, getting engaged or just having a relationship with a prettier or simply smarter partner than he has. Sometimes such a competitive attitude may also extend to the area of children so that those who are fathers end up making comparisons between the material possessions their children have or do not have, compared to those of others, which is related to what they, as parents, can or cannot afford and, consequently, offer or not offer to them, and the ability and/or willingness of their children to obtain higher grades in school and even to attend college, which are both linked to the possibility of having a better future than they had as parents. Once again, most of these reasons, if not all of them, concerning why men engage in some competitive behaviors seem to refer to the person’s status quo and financial possibility. 


Women, on the other hand, gifted as they are with much more fantasy and imagination than men, can be much more creative as well as for the never-ending list of categories of motives which may lead to comparisons and, consequently, to express, in some way or the other, their competitiveness. The latter though sometimes not clearly and verbally defined, can be evident, to an even much greater extent than words would allow, by using silence. So many times, in fact, rather than openly express her envy and/or jealousy towards the other female subject, the one who is competitive by nature or more competitive – for not everybody is nor is so to the same extent – manifests her real feelings by not acknowledging the other. Other times, to the contrary, when these feelings are openly expressed, they take the form of derogatory and/or denigratory statements and comments. Hence, in the female world, generally speaking, almost anything can trigger a woman’s competitiveness: from who is/was the best in school to who has the most beautiful color of the eyes, the highest shoes, the most admirable makeup, the trendier color-form-style of hair, the cleanest house, and on and on.  


Though competition usually occurs between people of the same sex, now and then, it may also occur between people of the opposite sex. According to my observation, this usually happens for one or more of the following reasons, that is, when a man and a woman run for the same position and career advancement, with the man – regardless of the female’s attitude – usually having a hard time to recognize her as his boss, and/or when a man has difficulties in accepting her higher education, brighter mind or just her more confident, more assertive or even dominant personality. As for the latter, besides personality issues, there might also be some historical reasons, which are usually deeply rooted in almost all cultures since the beginning of time. I am referring here to the fact that nearly all civilizations, except for the few which are based on matriarchy, have taught that the man must be the leader, in charge of the family, the community, and the country and that, therefore, he is the one who needs to provide financially speaking for all those he loves. Men are raised to believe this and, consequently, when they find themselves in a situation that proves that that is not always going to be accurate, they feel uncomfortable insecure, their whole world is shaken. Despite all of this, however, in recent years, so many situations have changed, with the world economy and consequent job market and employment possibilities proving to be quite unstable no matter where we live, some men have found themselves playing a role they would have never thought they would, let alone it would have been deemed acceptable by previous generations.   

           

However, no matter who is involved in the process and who is comparing and competing, the most crucial aspect to consider is that the more often the comparisons are made, the more competitive the person feels. The more insecure the individual is, the less they enjoy their own life. Why? Because what generates the need for comparisons and becoming competitive towards another human being is – as previously stated – one’s insecurity, that is, one’s fear of not being suitable (intelligent, educated, wealthy, etc.) enough. This is deeply rooted in the lack of knowledge of the Self and in the absence of awareness of one’s self-value as a living, intelligent being who deserves to be happy and to fully enjoy life regardless of one’s physical appearance, social status or whatever we might erroneously consider ‘important’ in our life and which is not. 


It’s only when we truly understand these aspects and what it is really at stake, once we connect with the Self, embrace who we are, and finally love who we are, that we eventually can get rid of the burden of comparison, envy, jealousy, and stop being competitive. Being able to do so by loving ourselves and other people – no matter who they are or what they do in life – and showing a spirit of solidarity by helping each other and being there for one another regardless if we are asked for it or not is the only way we have to prove that we have understood that we are all linked to one another and that, happiness, therefore, cannot take place until there is another living being suffering or being not loved. Only then, once we manifest in ourselves the transformation we want to see in our world – as Mahatma Gandhi so beautifully stated – will we be able to come to know true Love, Happiness, and Health and make this world a better place.    


Maria Teresa De Donato©2013-2016. All Rights Reserved.