Obesità: Dall’Estetismo alla Malattia
Dott.ssa Maria Teresa De Donato,
Naturopata Tradizionale, Consulente Nutrizione ed Erbalismo, Omeopata
L’obesità dal punto
di vista estetico, culturale e psicologico
Per molto tempo il mondo
occidentale ha identificato l’obesità prevalentemente come problema
estetico. Fu alquanto sorprendente,
quindi, anni fa guardare un documentario trasmesso da PBS (Public Broadcasting
Service – corrispondente alla RAI italiana) che, nel considerare il concetto di
bellezza femminile, menzionava come quest’ultima venisse percepita in maniera
diversa, e conseguentemente definita, a seconda della cultura e dell’etnia. Uno degli aspetti principali che emerse dal
video fu la considerazione che vedere la bellezza quale sinonimo dell’essere
magri è un fenomeno che caratterizza prevalentemente la nostra società occidentale bianca. Secondo le
informazioni che il documentario di PBS fu in grado di provvedere, gli
americani di origine africana, e gli africani in linea generale, sono più inclini
ad associare la bellezza con l’armonia delle forme che non con l’essere
magri. Questo significa, ad esempio, che
a prescindere se una donna sia in sovrappeso o persino obesa – almeno entri
certi limiti – finché ha le sue “giuste curve” ed è ben proporzionata, ossia
punto-vita e fianchi sono chiaramente difiniti, ha ancora la possibilità di
essere considerata bella, attraente.
Tuttavia, molti concorderanno sul
fatto che il concetto di bellezza ha subito drastici cambiamenti nel corso del
tempo. Il risultato è stato che ciò che
era considerato immagine ideale del
corpo (femminile) e, di conseguenza, ideale di peso negli anni Cinquanta era già superato negli anni Settanta. Durante
questi ultimi quarant’anni, il mondo della moda, il cui scopo non è certamente
quello di prendere in considerazione l’essere umano in quanto a velocità o
lentezza del proprio metabolismo, né le dimensioni e la struttura
muscolo-scheletriche, né le conseguenze ed implicazioni dovute a malnutrizione
e ad abitudini e stili di vita non sani, ha determinato, ed in armonia con ciò istruito il pubblico in maniera consona, che l’ideale del corpo femminile debba
essere necessariamente molto magro, a volte persino discutibilmente simile
all’anoressico. Questo ha indotto milioni
di persone, soprattutto donne, a preoccuparsi molto, se non addirittura a divenire
ossessionate, della loro apparenza portandole a fare di tutto per raggiungere
quell’ideale di fisico che per la maggior parte di noi rappresenta
semplicemente una mèta non realistica.
È superfluo ribadire, comunque, come il sentirsi bene ed in pace con se stessi e la propria apparenza fisica con
le proprie dimensioni impatti la nostra fiducia in noi stessi. In effetti, le persone che hanno problemi con
il proprio peso e la propria immagine esteriore, generalmente vanno incontro
ad un maggiore livello di stress che non coloro che non ne hanno, per vari
motivi che vanno dal non apparire fisicamente così come vorrebbero, o ritengono
di dovere, al timore di essere criticati o persino derisi da altri a causa
della loro mole abbondante o eccessiva, e questo, soprattutto se avviene negli anni dell’adolescenza quando il bisogno di sentirsi
accettati dal gruppo raggiunge il suo apice.
Tutti questi problemi possono peggiorare la situazione di molte persone
che sono diventate in sovrappeso, o persino obese, a causa di abitudini
alimentari eccessive causate da ragioni di natura emotiva e contribuire
ulteriormente al problema intrappolando l’individuo in un circolo vizioso cui
può sembrare impossibile sottrarsi.
Sebbene il documentario di PBS citato
in precedenza costituisse davvero un’ispirazione in quanto a rivelare vari
approcci alla bellezza secondo diverse prospettive culturali, quando, tuttavia,
consideriamo l’obesità da un punto di vista medico ed analizziamo il suo
impatto sulla salute, possiamo approdare a valutazioni e conclusioni
completamente diverse. Infatti, come il
Dr. Jeremy Kaslow – Medico Internista e Chirurgo che esercita la professione da
venticinque anni nella contea Orange in California – ha correttamente ammesso
riferendosi alla dieta e alla propria apparenze fisica, mentre il perdere peso
“a qualunque costo” al fine di “indossare un particolare abito o sentirsi a
proprio agio in un determinato costume da bagno ha a che vedere con la propria
immagine esteriore…” il controllo o mantenimento del peso, al contrario, è da
collegarsi al “conseguimento di una salute duratura” (Trivieri, L. &
Anderson, J. W., 2002, p. 826)
L’obesità: Cos ’è e quale ne è la causa
Un recente articolo intitolato L’A.M.A. Riconosce l’Obesità quale Malattia,
e pubblicato online dal New York Times, ha cercato di riassumere i principali
problemi che questa porta con sè.
Piuttosto interessante è il fatto che l’articolo dichiari che
“domandarsi se l’obesità sia una malattia o meno è una questione semantica in
quanto non esiste alcuna definizione su cui tutti concordino su cosa costituisca
la malattia…” (1 Luglio, 2013 - http://www.nytimes.com/2013/06/19/business/ama-recognizes-obesity-as-a-disease.html?_r=0)
Navigare, infatti, tra le varie scuole di pensiero nel tentativo di determinare quale sia una definizione appropriata della malattia richiederebbe molto tempo e sforzo e ci porterebbe fuori strada rispetto all’argomento in oggetto, almeno al momento. Grande è infatti, la differenza tra la corrente principale legata alla medicina allopatica (tradizionale) – fondamentalmente basata solo su ciò che può essere fisicamente dimostrabile attraverso le analisi cliniche – e l’approccio olistico della medicina alternativa (o complementare), il quale, prendendo in considerazione la complessità della vita umana e, di conseguenza, della salute da un punto di vista non solo fisico, ma anche e soprattutto spirituale, emotivo e mentale include anche tutto ciò che la medicina convenzionale considera non dimostrabile, proprio perché invisibile, ma che malgrado ciò contribuisce alla nostra salute e al nostro benessere. Ciò premesso, esamineremo ora cosa esattamente sia l’obesità e come e quando una persona possa o debba essere classificata obesa.
Navigare, infatti, tra le varie scuole di pensiero nel tentativo di determinare quale sia una definizione appropriata della malattia richiederebbe molto tempo e sforzo e ci porterebbe fuori strada rispetto all’argomento in oggetto, almeno al momento. Grande è infatti, la differenza tra la corrente principale legata alla medicina allopatica (tradizionale) – fondamentalmente basata solo su ciò che può essere fisicamente dimostrabile attraverso le analisi cliniche – e l’approccio olistico della medicina alternativa (o complementare), il quale, prendendo in considerazione la complessità della vita umana e, di conseguenza, della salute da un punto di vista non solo fisico, ma anche e soprattutto spirituale, emotivo e mentale include anche tutto ciò che la medicina convenzionale considera non dimostrabile, proprio perché invisibile, ma che malgrado ciò contribuisce alla nostra salute e al nostro benessere. Ciò premesso, esamineremo ora cosa esattamente sia l’obesità e come e quando una persona possa o debba essere classificata obesa.
Il Free Online Medical Dictionary
definisce l’obesità quale “accumulo anormale di grasso, generalmente nella
quantità del 20% in eccesso rispetto al peso corporeo ideale” e distingue una
obesità lieve l’eccesso oscillante tra il 20 ed il 40% del proprio peso;
obesità moderata, quando l’eccesso è tra il 40 ed il 100% del proprio peso; e
grave quando l’eccesso supera il 100%.
L’indice della massa corporea (Body Mass Index or BMI) è considerato
l’unità di misura per calcolare se una persona debba essere classificata obesa
o no, con un BMI compreso tra 25.9 e 29 che indichi l’essere in sovrappeso ed
un BMI superiore a 30 che conclami lo stato di obesità. (10 Luglio, 2013 - http://medical-dictionary.thefreedictionary.com/obesity)
Malgrado le differenze su ciò che
possa costituire salute e malattia e su come affrontarle, oggi sia la medicina
convenzionale che quella alternativa sembrano concordare sul fatto che i due
elementi principali che inducono una persona a diventare in sovrappeso o
addirittura obesa sono un’alimentazione scorretta e non equilibrata ed uno
stile di vita non sano. Fattori genetici
ereditari, infatti, benché in alcuni casi possano aumentare le probabilità nell’avere problemi in quanto a mantenimento o perdita di peso, non determinano
necessariamente il risultato finale. L’essere
predisposti non implica, infatti, l’essere condannati ad ingrassare, ma solo
che si è più portati di altri ad accumulare peso SE non si fa attenzione e non
ci si informa su quali cibi mangiare, come combinarli tra loro, e SE non si
evita di condurre una vita prevalentemente sedentaria.
Escludendo il fattore estetico
menzionato in precedenza, l’obesità è una condizione seria che ha dimostrato di
condurre ad una grande varietà di problemi di salute che include “malattie
degenerative, problemi cardiaci, alcune tipologie di cancro, diabete, artrite e
molte altre.” Inoltre “ipertensione, vene varicose, problemi renali,
infertilità, calcoli biliari, e malattie al fegato (Balch J. F. & Stengler
M., 2004, p. 390) hanno più probabilità a manifestarsi se si è in
sovrappeso. Se ciò non fosse
sufficiente, la conseguenza dell’obesità, che consiste in effetti in uno stato
di elevata tossicità, è un sistema immunologico depresso e che rende la persona
in sovrappeso più incline di altre ad ammalarsi per ogni sorta di ragioni. Ma perché l’obesità può essere definita uno
stato altamente tossico? Cos ’è che dà origine
all’obesità? Inoltre, è l’obesità più diffusa in alcuni paesi piuttosto che in
altri? Il seguente sottotitolo risponderà a queste domande.
Il nostro mondo moderno ed industrializzato e l’obesità.
Malgrado alcune persone nate e
cresciute nelle nazioni occidentali sviluppate possano ignorarlo o persino
avere difficoltà a credervi, nel corso dei secoli ci sono state molteplici
civiltà – quali ad esempio gli Okinawa in Giappone, gli Hunzas, che furono
scoperti solo agli inizi degli anni Venti dall’esercito britannico, ed i
Karakorum, che vissero entrambi nella regione pakistana nordorientale dell’Himalaya;
i russi Georgiani, Ablasiani e Azerbaijani; i Titicaca e i Vilcabamba
dell’America del Sud; gli Hopi, i Thinglet e i Labrador del nord America (Day,
2007, pp. 8-12) – che sono passati alla storia per la loro incredibile salute e
longevità con alcuni di loro che hanno raggiunto e persino superato i 120 anni
dimostrando la metà della loro età, mantenendosi
in forma e conducendo un’ampia gamma di attività fisiche, sport inclusi,
sino alla loro morte. Tra questi popoli
problemi di salute così diffusi nel nostro mondo occidentale, tra cui obesità,
infarto, diabete e cancro, per menzionarne solo alcuni, erano del tutto
sconosciuti e, se furono conosciuti, ciò avvenne solo dopo che queste
popolazioni entrarono in contatto con gli occidentali ed abbandonarono le loro
sane abitudini alimentari e di stile di vita.
Alcuni aspetti comuni a questi popoli, e che sono emersi dai rapporti
fatti dagli osservatori occidentali che entrarono in contatto con loro e
vissero tra loro, furono identificati in una sana dieta prevalentemente
vegetariana basata sul consumo di verdure, frutta, grani, un ridotto uso di
proteine animali, uno stile di vita piuttosto attivo attraverso lavoro fisico e
sport e/o giochi, e relazioni familiari e di comunità molto strette. Il tipo di alimentazione che queste civiltà utilizzarono ha caratterizzato per millenni altre popolazioni dell’Asia la cui
dieta riflette gli insegnamenti e la filosofia dei due principali sistemi
medici oggi in esistenza, ossia l’Ayurveda e la Medicina Tradizionale Cinese
(TMC), le quali incoraggiano entrambe l’uso di alimenti integrali e di verdure
e scoraggiano l’elevato consumo di
proteine animali.
Se oggi osserviamo lo stato di
salute della popolazione mondiale, potremmo giungere alla conclusione che
l’obesità sia soprattutto estesa nei paesi industrializzati e in quelli che lo
stanno diventando, o – detto in maniera semplice – che sia il risultato di
agiatezza economica e di abbondanza.
Infatti, gli abitanti dei paesi del Terzo Mondo, specialmente coloro che
vivono nelle campagne, si cibano di una dieta vegetariana, quando non
addirittura vegana, e conducono una vita semplice benché piuttosto attiva da un
punto di vista fisico, raramente sono in sovrappeso e tantomeno obesi. Il risultato del
mondo industrializzato ed il suo impatto sulla dieta e sullo stile di vita
sedentario di un popolo, entrambi elementi che contribuiscono all’epidemia di
altre malattie degenerative che li seguono, sono visibili sotto i nostri
stessi occhi. Secondo le informazioni
che Phillip Day ha provveduto tramite il suo libro Health Wars (Guerre per la Salute) (2007), nel 2001 “una persona su
cinque nel Regno Unito” era considerata “clinicamente obesa” dal National Audit
Office del governo Britannico mentre il numero delle persone in sovrappeso era
triplicato negli ultimi 20 anni, con il risultato che circa il 58% della
popolazione Britannica era classificata in sovrappeso; ciò aveva portato a “più
di 30.000 morti premature nel Regno Unito nel 1998” e ad una spesa pari a “2.6
miliardi di sterline per i trattamenti.” (p. 55)
I dati del regno Unito,
comunque, non si discostavano molto da quelli degli USA che l’autore Patrick
Holford ha menzionato nella sua opera The
New Optimum Nutritional Bible con gli USA tristemente detentori del primato mondiale di obesità con il 60% degli americani in sovrappeso, il 30% degli
obesi, ed il numero in continua crescita.
La stessa fonte ha evidenziato anche come l’obesità aumentasse “il
rischio di diabete di 77 volte” e, con esso, la possibilità di “malattie
cardiache di 8 volte”, oltre a costare agli USA $117 miliardi di dollari e a
reclamare la vita di circa 400.000 persone ogni anno. (2004, p. 316) Inoltre, benché fino a circa 15-20 anni fa
fosse quasi impossibile vedere un asiatico in sovrappeso o obeso, la
globalizzazione e l’esportazione del
nostro mondo occidentale, con la sua dieta americana
piuttosto malsana, in altri paesi hanno seriamente compromesso le loro
equilibrate abitudini alimentari. Nel
suo articolo China’s alarming increase in
obesity blamed on more affluent lifestyle (Uno stile di vita più ricco è il
responsabile dell’allarmante aumento di obesità in Cina), pubblicato su The
Guardian l’8 agosto 2006, il corrispondente scientifico James Randerson ha
denunciato “l’allarmante” tasso di crescita in Cina durante questi ultimi anni,
“con quasi il 15% della popolazione in sovrappeso ed un aumento di 28 volte del
problema nei bambini negli ultimi 15 anni” come il British Medical Journal ha riportato. Secondo il suo articolo, i
motivi di tutto ciò erano da identificarsi in un consumo molto più elevato di
carni e nell’aumento di uno stile di vita sedentario. Obesità, ed insieme ad essa, diabete e
malattie cardiache, avevano iniziato l’ascesa raggiungendo un livello epidemico
in questa antica civiltà dove per millenni tali malattie erano state
estremamente rare. Il Professor Yangfeng
Wu – Direttore del George Institute, Cina, Direttore Esecutivo Associato c/o
l’Istituto di Ricerca clinica dell’Università di Pechino, Professore Onorario
c/o il Georgia Institute for Global Health della facoltà di Medicina
dell’Università di Sidney, Australia, ed anche membro dell’Accademia cinese di
Scienze Mediche a Pechino – che è responsabile del programma per il controllo
dell’obesità del paese, ha ammesso che secondo le statistiche cinesi del 2002
il 14.5% dei cinesi, equivalente a 184 milioni di persone, era in sovrappeso ed
il 2.6%, ossia circa 31 milioni, già obeso.
L’aspetto più drammatico che emergeva da questi dati era, quindi, il tasso
a cui sovrappeso ed obesità stavano aumentando, cioè “di 28 volte tra il 1985
ed il 2000 nei giovani di età compresa tra i 7 ed i 18 anni”, il che
significava che “un quinto della popolazione mondiale in sovrappeso o obesa”
era cinese. Come ha riassunto il
Professor Barnett, Responsabile del gruppo di studio sul diabete e sull’obesità dell’Università di Birmingham, “occidentalizzazione” e “urbanizzazione” avevano
contribuito allo sconvolgente cambiamento nell’alimentazione e nello stile di
vita determinando l’epidemia di obesità e di altre malattie degenerative ad
essa correlate. Il risultato era stato
che una civiltà millenaria come quella cinese, la cui dieta tradizionale era
composta prevalentemente da riso e verdure, ora vede “l’eccesso di grasso nel
corpo quali [sinonimi di] salute e prosperità” – come il Professor Wu afferma.
(2006) (18 Luglio, 2013 –
E come se l’obesità non fosse
abbastanza, come Janet Larsen ha riportato nel comunicato dell’Earth Policy Insitute – Plan B Aggiornamento del
25 Maggio 2011, “il cancro è ora la ragione principale di morte in Cina” e
causa, secondo il Ministero della Salute Cinese, di circa un quarto delle morti
nella nazione. (18 Luglio, 2013 – www.earth-policy.org/plan_b_updates/2011/update96)
Questi dati sembrano confermare
la nostra precedente affermazione che l’obesità sia il risultato di prosperità economica e di abbondanza. Tuttavia,
benché essa sia in effetti correlata ad un maggior consumo di cibo, così
spesso sfortunatamente incoraggiato dalle politiche commerciali del
“all you can eat” (mangia tutto ciò che puoi) così diffuse nel mondo
occidentale ad iniziare proprio dagli USA ,
la realtà è molto più complessa. Quando noi non alimentiamo il nostro corpo
provvedendogli tutte le sostanze nutritive di cui ha bisogno per mantenersi in
salute ed equilibrio, il nostro corpo continua a chiedere sempre più cibo fin
quando si sente appagato. Cibi
processati e raffinati, che sono stati privati della maggior parte delle loro
sostanze nutritive attraverso i rispettivi processi industriali, rivestono un
ruolo particolare: questi trattamenti consentono ai prodotti di apparire
bianchi, colore che, secondo le indagini di mercato, li rende più appetibili al
pubblico e, conseguentemente, porta ad un numero maggiore di vendite e a
profitti più elevati. Questi processi di raffinazione, tuttavia, contribuiscono
fortemente alla produzione di cibi dal valore nutritivo molto basso o
totalmente assente. Tali fattori
spiegano il bisogno di molta gente che usa
carboidrati bianchi semplici ad aumentarne nel tempo il consumo al fine di
soddisfare la carenza di sostanze nutritive di cui il corpo avverte il
disperato bisogno e di cui è stato così a lungo privato.
La prima conseguenza di questi
tipi di alimenti dal valore nutrizionale basso, quando non addirittura assente,
è uno stato di elevata carenza di minerali che conduce a malattie
degenerative. Un esempio di cibo fondamentale
considerato da entrambi i sistemi medici in precedenza menzionati – ossia
l’Ayurveda, che è il più antico in senso assoluto e risale a circa 5000 anni
fa, e la Medicina Tradizionale Cinese – quale strumento “per rafforzare il corpo
e nutrire mente e cuore” è il chicco di grano che, venendo sottoposto “ai
metodi di produzione industriale” di raffinazione e processamento “viene
spogliato di tutti i suoi valori essenziali” (Pitchford, 2002, p. 8) e, di conseguenza,
perde tutta la sua storica efficacia.
Tra le maggiori carenze causate
dall’uso di prodotti raffinati, ci sono quelle legate al selenio e al
magnesio. La carenza di selenio porta
all’ipotiroidismo, conosciuto anche come tiroide lenta, un problema che negli USA
affligge cinque volte di più le donne che gli uomini. Inoltre, obesità ed ipotiroidismo sono
strettamente interconnessi in quanto, dal momento che il selenio impatta il
passaggio da thyroxine (T4) a triiodothyronine (T3), che facilita l’assorbimento
delle sostanze nutritive, la sua carenza rallenta questo processo portando al
sovrappeso o addirittura all’obesità. Un
consumo insufficiente di selenio permette anche l’accumulo di materiali pesanti
a causa del fatto che il selenio – quando, al contrario, è presente
in misura adeguata – si lega ad essi combattendone la tossicità così come
l’attività di diversi tipi di virus, incluso l’HIV. Al contrario, una dieta equilibrata e
contenente una quantità sufficiente di selenio previene “invecchiamento
prematuro, malattie cardiache, artrite, e sclerosi multipla.” (Pitchford, 2002,
pp. 8, 9)
La carenza di magnesio, anch’essa
causata dall’elevato consumo di cibi raffinati, caratterizza quasi “il 70%
della popolazione degli Stati Uniti” e, secondo la Medicina Tradizionale
Cinese, è responsabile di “ristagno, improvvisi cambiamenti nel corpo, nelle
emozioni e nella mente” ed evidenzia “lo squilibrio tra fegato e cistifellea”.
Al contrario, le proprietà altamente benefiche e curative del
magnesio possono prevenire e/o combattere “irritabilità, depressione, disturbo
bipolare, problemi del sonno, e
PMS (sindrome premestruale):…emicranie, sindrome di morte infantile improvvisa,
crampi e spasmi in qualsiasi parte del
corpo…., costipazione, e improvvisi squilibri di zucchero nel sangue nei casi
di alcolismo e diabete.” (p. 9)
Benché ciò possa sorprendere
qualcuno, coloro che vivono in paesi sottosviluppati e la cui dieta si basa
prevalentemente su consumo di piante e, quindi, su una quantità più elevata di
legumi – quali fagioli, soia, piselli, lenticchie, ceci e molti altri –
insieme a grani integrali e semi, non soffrono di carenza di magnesio poiché le
piante sono molto più ricche di questa sostanza nutritiva di quanto non lo
siano le proteine animali. Al contrario,
la carenza di magnesio è tra gli aspetti che caratterizza la scarsa qualità della dieta dell’americano medio e che, consistendo prevalentemente di cibi
poveri di valore nutritivo, limitate fibre alimentari e di molti grassi,
inclusi carni processate, zuccheri grassi, alcool, prodotti in scatola e cibi
processati, conservanti, e tossine non solo sono causa di malnutrizione, ma,
non includendo il quantitativo necessario di fibre di cui il corpo necessita
quotidianamente per prevenire ed eliminare l’accumulo di tossine, preclude il
mantenimento della salute del colon e compromette ulteriormente il sistema
immunitario. Il risultato di tutto ciò è
l’autointossicazione, ossia un serio stato di avvelenamento generato
all’interno del corpo e causato
da sostanze tossiche, quali microorganismi, parassiti e flora patogena, rifiuti
metabolici ed altre tossine ingerite attraverso cibi o sostanze chimiche usate
sia per l’igiene personale sia per altre attività di pulizia.
Un altro importante aspetto che
contribuisce all’obesità è l’elevato quantitativo di zucchero consumato e la
sua scarsa qualità. Il termine zucchero
racchiude un’ampia gamma di prodotti che vanno dal destrosio, derivante dagli
amidi, al fruttosio, contenuto nella frutta, al lattosio, del latte, al
maltosio, dal malto, al saccarosio, che è un prodotto raffinato derivante dalla
canna e dalla barbabietola che la gente usa generalmente nel proprio tè, caffè,
dolci ed è contenuto nelle bavende a base di soda, e da cui “Sali, fibre,
enzimi, proteine, vitamine, e minerali sono stati rimossi.” (Day, 2007, p. 98)
Allarmante è anche il fatto che i
cibi cui è stato aggiunto zucchero e che la gente acquista e consuma regolarmente hanno
raggiunto circa gli 8.68 milioni di tonnellate ogni anno, il che equivale a 73
pounds (Kg. 33,11) a persona l’anno e rappresentano il 25% del totale delle
calorie consumate solo negli USA rispetto al non più del 10% di uso a persona
consigliato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) (Holford, 2004, p.
44). Inoltre, secondo una sintensi dei
dati del Centro Nazionale per le Statistiche sulla Salute (NCHS) pubblicata nel
maggio 2013 dal Centro per la Prevenzione ed il Controllo delle Malattie (CDC)
sotto il titolo Consumo di zuccheri
aggiunti nella popolazione americana adulta, 2005-2010, uomini e donne di colore non ispanici consumavano una
percentuale totale di calorie da zuccheri aggiunti superiore a quella dei
bianchi e degli americani di origine messicana, sia uomini che donne, con un
incremento di tale consumo che includeva dolcificanti aggiunti ai cibi
processati e già preparati e collegati ad una diminuzione nell’assunzione di
micronutrienti essenziali [1, 2] e un aumento del peso corporeo [3]. Benché secondo questa fonte la statistica
mostrasse che la maggioranza di zuccheri aggiunti proveniva dai cibi piuttosto
che dalle bevande, l’articolo evidenziava come precedenti ricerche avessero
dimostrato che quando cibi e bevande vengono separate in articoli distinti le
bevande contenenti soda rappresentano la fonte principale di aggiunta di zucchero,
almeno degli adulti di età compresa tra i 18 ed i 54 anni [6], con un terzo
delle calorie da aggiunta di zuccheri che viene consumato tra gli adulti, 40%
delle calorie derivanti da zuccheri aggiunti consumati nelle bevande da bambini
ed adolescenti [5] e prescindendo dal fatto che gli zuccheri aggiunti
provenissero da cibi o bevande, la maggioranza delle calorie derivanti da
zuccheri aggiunti così come il totale delle calorie consumate in casa sia da
adulti che da ragazzi (29 Luglio, 2013 –
Lo zucchero è fondamentale alla
nostra esistenza in quanto bruciando si trasforma in energia di cui il nostro
corpo ha bisogno per funzionare in maniera corretta. La sua principale utilità somiglia molto a quella che la benzina provvede alla nostra autovettura:
bruciando essa permette al motore di funzionare consentendo al conducente di andare
dove deve. Tuttavia, mentre un uso
moderato dello zucchero naturale è necessario per una corretta assunzione di
energie, una quantità eccessiva di zucchero raffinato è altamente deleteria
alla salute in quanto “s’immette velocemente nel circolo ematico [sangue] in
quantità elevata provocando una sensazione di shock allo stomaco e al
pancreas.” (Pitchford, 2002, p. 198).
Ciò produce una condizione acida che impatta negativamente il nostro
corpo provocando la perdita di minerali e calcio, quest’ultimo causando
problemi alle ossa, ed un indebolimento del
sistema digestivo che non permette al cibo di essere digerito
efficacemente. Conseguenze di questo
processo sono uno squilibrio di zuccheri nel sangue e la voglia (percepita) di ulteriore
zucchero.
È importante, comunque, tenere in
considerazione che più che il quantitativo di consumo di calorie in sé, il problema
reale, quando si parla di obesità, è rappresentato dal nostro metabolismo,
ossia dall’abilità e velocità con cui il nostro corpo trasforma in grasso il
cibo che mangiamo e trattiene il livello di zucchero nel sangue in
equilibrio. Una volta che il nostro
corpo non è più in grado di mantenere lo zucchero nel sangue in una situazione
di equilibrio, uno stato di squilibrio, ossia di insulino-dipendenza, compare. In questo caso il livello di
zucchero nel sangue subisce un reale sconvolgimento: quando il livello è troppo
alto, lo zucchero si transforma in grasso; quando è troppo basso, il corpo
manca dell’energia sufficiente di cui ha bisogno per effettuare la propria
attività in maniera efficiente e la persona si sente letargica. Nel corso di questi alti e bassi, quando il livello
di zucchero nel sangue è alto il corpo produce insulina attraverso cui lo
zucchero passa dal sangue alle cellule e converte lo zucchero in eccesso di
grasso. Ne consegue che più è alto il
livello di zucchero nel sangue, più insulina è prodotta, e più insulina è
prodotta, maggiore è la quantità di zucchero che si trasforma in grasso finché
le cellule del corpo rallentano la loro risposta, divenendo insulino-resistenti
e causando una produzione di insulina ancora più elevata. Alla fine, quando le cellule cessano
completamente di rispondere a questo meccanismo, si manifesta il diabete.
(Holford, 2004, pp. 316, 317)
L’obesità come malattia: Cosa fare dopo.
Nel 1948 l’Organizzazione
Mondiale della Sanitá (WHO) definì la salute quale “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non la semplice
assenza di malattia o infermità.” Così facendo, e malgrado il forte impatto che il concetto materialistico
newtoniano occidentale della medicina potesse aver esercitato, attraverso tale
definizione la WHO dimostrò di aver preso in considerazione tutti quei fattori
invisibili, non tangibili, e a volte non dimostrabili – quali emozioni,
convinzioni, e psyche – che pur contribuiscono alla salute, o alla mancanza di
essa, come Ayurveda, Medicina Tradizional Cinese ed Omeopatia hanno riconosciuto
nel corso dei secoli grazie al loro approccio olistico alla vita in generale e alla salute in particolare.
Nel fare riferimento alla
definizione di malattia secondo TCM, il Dr.
Andrew Weil ha spiegato nella sua opera Guida
Alla Salute Ottimale che una malattia fisica è la conseguenza di una
non-materiale, ossia il risultato di uno squilibrio o blocco energetico che se
non viene liberato e messo nella condizione di scorrere liberamente all’interno
e all’esterno del nostro corpo, si materializza assumendo la forma di malattia
fisica (Weil, 2002, CD 1). Detto ciò e
considerando tutte le devastanti conseguenze che l’obesità porta con sé, non
possiamo che concordare con l’Associazione Medica Americana e la sua recente
ammissione che l’obesità è, in effetti, una malattia. Nel far ciò, possiamo essere grati nel vedere
che non solo l’obesità è stata finalmente classificata, ma anche nel realizzare
che la distanza tra la corrente medica principale e la medicina alternativa si
è assottigliata facendo avvicinare un po’ di più l’uno all’altro i due sistemi medici
almeno su questo importante aspetto della salute umana.
Durante questi ultimi trent’anni,
e nel tentativo di combattere l’obesità, abbiamo assistito alla comparsa e
scomparsa di centinaia di diete e programmi per la perdita di peso – da quelle/i
che limitavano il consumo di carboidrati a quelle/i che riducevano l’assunzione
di grassi e zuccheri – ognuna/o delle/i quali sosteneva di essere in grado di consentire
alla gente di dimagrire e, in alcuni casi, anche in tempi estremamente brevi. Benché un’esigua minoranza sia riuscita a raggiungere
questa mèta, la verità è che, nella maggioranza dei casi, quasi tutti questi
programmi sembrano aver miseramente fallito.
La ragione principale di tale fallimento è molto semplice: per quanto
fossero di moda, questi programmi non hanno preso in considerazione il
fabbisogno specifico del singolo individuo in termini di nutrizione portando ad
una situazione di squilibrio e, di conseguenza, a risultati positivi, in
termini di peso, solo per breve tempo
e per pochi. La
conseguenza è stata che, nel tentativo di recuperare ciò di cui era stata
privata, una volta che la dieta era terminata, la
persona è tornata alle sue vecchie abitudini alimentari e di stile di vita nel
tentativo di soddisfare questo fabbisogno.
Così facendo, centinaia di migliaia di persone, se non milioni, non solo
hanno recuperato il peso precedentemente perso, ma hanno finito con il pesare
persino più di quanto non pesassero al tempo in cui avevano iniziato il
programma.
Per concludere, ora che abbiamo
finalmente concordato che l’obesità è in effetti una malattia e dovrebbe essere
trattata come tale, il nostro interesse principale dovrebbe essere, quali
individui, comunità e nazione, lavorare insieme in termini di educazione e
prevenzione. “Prevenire è meglio che
curare” recita un antico proverbio.
Malgrado ciò sia vero, la prevenzione non può aver luogo senza
un’educazione appropriata circa sane abitudini alimentari e di stili di
vita. Tutto ciò dovrebbe iniziare sin
dalla più giovane età, quindi all’asilo, al fine di istruire sia bambini che
famiglie sulle proprietà dei cibi, il fabbisogno nutrizionale quotidiano, uno
stile di vita equilibrato e proprio esercizio fisico. Infatti, diventare consapevoli del
modo appropriato di cibarsi, pur godendo della grande varietà di cibi e
sostanze nutritive di cui il nostro corpo ha regolarmente bisogno, è
fondamentale per la nostra salute. Inutile dire che essere attivi, fare regolare
esercizio fisico inziando con il camminare ogni singolo giorno ed evitando una
pigra attitudine che è causa di uno stile di vita sedentario pericoloso e che
ci danneggia impedendo al nostro corpo di bruciare le calorie in eccesso e che contribuisce
alla lunga non solo all’obesità, ma anche, come abbiamo fino ad ora
considerato, ad un numero infinito di problemi di salute incluse malattie
degenerative, è fondamentale.
Alla fine, quindi, educare e
prevenire sono fattori assolutamente necessari, benché la vera sfida per molte
persone sia assumersi la responsabilità per la propria vita e, di conseguenza,
per la propria salute. Questo, tuttavia,
è possibile solo per mezzo di uno sforzo congiunto tra volontà, determinazione,
e consapevolezza sul da farsi e con l’iniziare a smettere di usare vecchi modi
di ragionare e di giustificare cattive abitudini che hanno portato così tanti
individui in particolare, e il nostro paese (USA) in generale, a detenere lo
sfortunato primato mondiale di obesità e malattie ad essa correlate o da essa
causate, rieducando le loro menti al fine di comprendere che l’obesità non è un
semplice problema estetico, ma una vera e propria malattia che può e deve
essere evitata e la cui manifestazione è, generalmente, non il risultato di un
avverso destino, ma piuttosto di scelte e comportamenti non sani.
Maria Teresa De Donato©2013-2015. All Rights Reserved.
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